Viaggiare per vivere
di Bruno Mulas.
Al di là della dotta definizione che ne dà il dizionario italiano, il viaggiare appartiene a molteplici attività del genere umano. Si viaggia con un mezzo di trasporto, pedibus calcantibus, si viaggia con la mente, leggendo, scrivendo, sognando…
Si viaggia per diletto, per passione, perché così fan tutti. Si viaggia per sfuggire alle guerre e alle persecuzioni. Si viaggia per lavoro, per vivere. Sì… viaggiare per vivere. È un’attività che richiama alla mente figure mitiche che hanno sollecitato la fantasia di generazioni di bambini e no. Il pilota d’aereo, il comandante della nave, il macchinista del treno, il commesso viaggiatore.
Forse non così presente nelle fantasie fanciullesche ma da ascrivere, a pieno titolo, alla categoria, il tassista, quello proprio tipico delle città e quello che per alcuni è considerato il cugino di campagna, cioè (tecnicamente) il titolare di autonoleggio da rimessa con conducente.
Figura presente in quasi tutti i paesi e piccole cittadine. Anche a Ulassai. È vivissimo il ricordo degli storici tassisti, ormai in pensione. Fantastici personaggi che hanno trasportato generazioni di compaesani, chi per Cagliari, chi per Nuoro. Oggi il nostro tassista è un giovane e aitante ventottenne, Luigi Greco, che accetta volentieri di scambiare quattro chiacchiere. Lo conosco da qualche anno, per via delle frequentazioni calcistiche e per le pastoie burocratiche dell’attività. Lo ricordavo taciturno e riservato. Nell’immaginario collettivo, come conferma Luigi, questa parrebbe un’attività semplice e banale, riservata magari a persone che non hanno avuto altra chance, da uomo di fatica. Mettersi a disposizione delle esigenze dei passeggeri e per tantissime ore ogni giorno, durante il vero e proprio viaggio e nell’organizzarlo, nella cura del mezzo e dei dettagli. Tutti i giorni tanti chilometri, nel caso di Luigi più di 80.000 all’anno, due volte la circonferenza della Terra. Alzarsi sempre molto presto e partire anche quando non è al top. Che fatica. Semplice e banale? No. Per Luigi non lo è. Perché questo lavoro gli piace.
È un lavoro di grande responsabilità perché quando sale a bordo del mezzo ne diventa il comandante con le prerogative proprie e assume in sé l’onere della sicurezza dei passeggeri, del loro confort, della puntualità. A bordo non può distrarsi, deve ascoltare attentamente e calibrare il suo parlare rispetto al passeggero, perché può essere giovane o anziano, studente o lavoratore, in partenza per un viaggio di piacere o accingersi a un viaggio della speranza. Deve capire le situazioni e addentrarsi nella psicologia del passeggero. Personalizzare il viaggio di ognuno assecondando le svariate esigenze, spingendosi a funzionare da radiosveglia per i più pigri.
«Questo mestiere mi piace, mi ha insegnato tanto, ha spalancato le porte dei rapporti interpersonali.
Quando sono arrivato qui, al seguito della mia fidanzata Fabiola, conoscevo praticamente nessuno. Oggi, passeggiando per le vie del paese, lei si stupisce perché mi fermo a parlare con tutti».
Magia del viaggiare.
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