Una precarietà insopportabile
La nota del Vescovo Antonello.
Non è solo oggi che l’ospedale di Lanusei viene osservato dalla nostra gente con preoccupazione, addirittura con la paura che, reparto dopo reparto, esso sia smantellato o perfino chiuso. Non ricordo nei miei sette anni e mezzo come vescovo un periodo sereno e fiducioso, a dimostrazione che il problema del suo riconoscimento nel territorio non è stato mai affrontato seriamente, ma la sua collocazione sociale e sanitaria vive da tempo una precarietà insopportabile.
Penso prima di tutto alla nostra gente, con un’età media sempre più alta e con domande di salute sempre più esigenti, aggravate dal clima pandemico. Capisco che sia stufa di ritrovarsi senza risposte e senza certezze e, comprendendone il disagio, ne incoraggio la volontà di alzare la voce, anche per protestare.
Questa, però, è anche l’ora per guardare al futuro, preparandolo con scelte lucide e coraggiose. Che la classe politica, finora, indipendentemente dagli schieramenti, non ha mai fatto, preferendo dei passaggi, anno dopo anno, che hanno privilegiato il potere clientelare – il potere di mettere in servizio questo e non quest’altro, indipendentemente dal merito! – abbandonando così ogni forma di meritocrazia.
A Lanusei l’ospedale non lo salverà questa politica – che tra l’altro dovrebbe fare un passo indietro – ma solo chi ha le qualità necessarie per dirigere la struttura o per guidare un reparto. Lamentarsi dei medici che non accettano di venire, non basta. Incentivarne la presenza – perché medici che desiderano lavorare ci sono! – passa dall’offrire delle premialità per i disagi dovuti alle distanze, ma anche dal migliorare sensibilmente la qualità dei servizi, la tecnologia dei reparti, credendo quindi nell’innovazione e non solo nella conservazione di quanto oggi è presente. Questo potrà rendere l’ospedale attrattivo, facendolo diventare un luogo dove sta bene non solo il malato, ma anche il medico che intende crescere nell’esperienza professionale.
E quanto sarebbe bello, su questo, sentire anche delle autocritiche, parlare delle occasioni perse, abdicare pubblicamente a metodi che non hanno cambiato la storia, ma hanno solo permesso di guadagnare consensi di potere!
Come ho scritto altre volte, questo vale anche per Nuoro, altro territorio che appare incapace di valorizzare tutte le sue risorse umane e sanitarie a servizio della salute dei cittadini.
So che le mie parole di vescovo non possono incidere direttamente su quanto avviene, mi auguro solo che servano come stimolo e come incoraggiamento a chi chiede e a chi ama una sanità pubblica e credibile.
+ Antonello Mura, vescovo di Nuoro e di Lanusei
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