In breve:

Un Venezuela stremato chiede aiuto

cof

di Raffaele Callia.
«Non possiamo usare la parola guerra per definire la situazione in cui si trova il Venezuela oggi, perché non ci sono due gruppi armati che lottano uno contro l’altro. Da una parte c’è lo Stato venezuelano, con il presidente Nicolás Maduro e il suo seguito di corpi di polizia e militari, sostenuto anche da gruppi paramilitari armati, che difendono la Rivoluzione; dall’altra, c’è una popolazione disarmata e priva delle risorse minime per sopravvivere, che chiede i propri diritti di libertà e giustizia semplicemente manifestando per strada. Non è una guerra, questa. Semmai è una violenza perpetrata dallo Stato contro una popolazione la cui unica colpa è reclamare i propri diritti».
Sono le parole, pronunciate non meno di un anno fa, dal cardinale Baltazar Enrique Porras Cardozo, arcivescovo di Mérida e amministratore apostolico di Caracas, nonché presidente di Caritas Venezuela. Parole ancor più cariche di sofferenza e di ulteriore e preoccupata impotenza, seppur mai prive di speranza, il cardinal Porras Cardozo le ha pronunciate a Lanusei, lunedì 17 settembre, ospite della Diocesi ogliastrina nel locale Seminario, insieme al suo vescovo ausiliare, Luis Enrique Rojas Ruiz.
D’altra parte, se non si può definire tecnicamente guerra una situazione in cui le libertà civili sono represse nel sangue, la popolazione non si può curare e continua a morire di fame, i bambini non riescono ad andare a scuola e si fa fatica persino a emigrare, ben poco ci manca. E quanto hanno riferito i due presuli venezuelani a un uditorio attento e sconcertato, consapevole della poca informazione che circola in Europa, e dunque anche in Italia, su quanto sta avvenendo in quel lontano e pur così vicino Paese dell’America Latina; in quel Paese così ricco di risorse naturali (a cominciare dal petrolio), ma divenuto estremamente povero nel giro di pochi lustri (anche a causa del crollo del prezzo dell’oro nero).
I numeri drammatici e impietosi della crisi venezuelana non lasciano adito a dubbi, confermando la situazione di un Paese al collasso, non solo in termini economici e sociali ma anche politico-istituzionali, con un regime che ha smesso di rispettare la legge già da tempo (sono diversi i parlamentari, fra quelli antagonisti al regime, a trovarsi in carcere). Sono numeri – sottolineano i due presuli – che ricordano che tra il 2015 e il 2016 sono morti di fame 11.000 bambini (nella classe d’età da 0 a 5 anni) e che, per l’anno in corso, si trovano in condizione di grave denutrizione circa 200.000 tra bambini e ragazzi. Crescono i bisogni alimentari e sanitari proprio perché scarseggiano cibo e farmaci (chi, ad esempio, è semplicemente insulinodipendente rischia la morte); un’intera classe media (costituita da medici, insegnanti, professionisti) è stata ridotta alla fame, non di rado costretta a emigrare; è aumentata l’insicurezza nelle strade delle principali città, con il moltiplicarsi di violenze accresciute dalla fame, dalla corruzione e dalla circolazione della droga (nel 2017 si sono registrate 27.000 morti violente); il costo della vita ha raggiunto cifre stellari (1 dollaro equivale a 10 milioni di bolivar) e fa ritornare alla mente i racconti di quei tedeschi che, durante gli anni dell’iperinflazione weimaraiana, andavano ad acquistare un semplice uovo con cestini colmi di banconote.
Ciononostante, dalla testimonianza che è stata offerta a Lanusei, breve ma intensissima, non è mai mancato quello spiraglio di luce che solo la speranza cristiana è in grado di offrire. È la speranza di una Chiesa giovane, seppur debole in risorse (a Mérida, su una popolazione di più di mezzo milione di abitanti ci sono 130 sacerdoti, con un’età media di 45 anni), capace di testimoniare quotidianamente la Carità. Una “capacità samaritana”, secondo l’espressione usata dal cardinale Porras Cardozo, che si esprime ad esempio con il programma “Il pane di Dio”, che viene servito tutte le domeniche a conclusione della celebrazione eucaristica, o con il programma “Il ponte della solidarietà”, attraverso cui aiutare chi intraprende la strada dell’emigrazione verso altri Paesi vicini. Una Chiesa che sa testimoniare anche il valore della libertà, attraverso la cosiddetta “Messa per la libertà”; perché se è vero che il governo impedisce ogni manifestazione pubblica, le processioni con il Santissimo o con il simulacro della Madonna diventano non solo forme di pietà e di devozione cristiana, ma anche l’espressione di una libertà di coscienza che non potrà mai essere repressa, neppure con la violenza.

(Delegato regionale Caritas)

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>