Un cambio di marcia per i catechisti
di Mons. Antonello Mura.
L’11 maggio è stata presentata, in forma di Motu proprio, la Lettera di papa Francesco, dal titolo “Antiquum ministerium”. Al momento di andare in stampa non ne conosciamo il contenuto,ma la notizia fondamentale era già nota: viene istituito nella Chiesa il ministero del catechista, come lo sono altri due servizi affidati anche ai laici, il Lettorato e l’Accolitato. Istituzionalizzare questo compito, già presente “di fatto” nelle nostre comunità, ne valorizza il servizio e appare alquanto necessario nella fase storica che stiamo vivendo, non solo come Chiesa.
«Essere catechista, questa è la vocazione, non lavorare da catechista», affermava il Papa già nel 2018, sottolineando la dimensione non occasionale o parziale di questo servizio, riconosciuto «come un vero e genuino ministero della Chiesa». Un servizio «da vivere con intensità di fede e in una dimensione comunitaria», come aveva anche rimarcato lo scorso 31 gennaio nell’udienza ai partecipanti all’incontro promosso dall’ufficio catechistico nazionale della Conferenza episcopale italiana: «Questo è il tempo – disse – per essere artigiani di comunità aperte che sanno valorizzare i talenti di ciascuno. È il tempo di comunità missionarie, libere e disinteressate, che non cerchino rilevanza e tornaconti, ma percorrano i sentieri della gente del nostro tempo, chinandosi su chi è ai margini». In attesa di leggere la Lettera e di capire gli itinerari che porteranno alla istituzionalizzazione di questo compito, è importante ribadire l’importanza della consapevolezza (e della credibilità) che sarà richiesta (sempre più) a chi svolge il compito di catechista. Come anche alla necessaria revisione dei cammini di Iniziazione cristiana, dei quali si discute da tempo senza (spesso) ottenere i risultati sperati.
Tra l’altro il tempo della pandemia ha messo in evidenza le difficoltà di una catechesi che, abituata a ritmi consolidati e ai passaggi automatici tra i sacramenti, tarda non solo ad “aggiustare” le modalità, ma anche a superare una sorta di navigazione a vista, nel tentativo, da una parte di annunciare il Vangelo e, dall’altra, di rispondere alle esigenze di un tempo molto diverso dal passato. Sono problematiche e conseguenti fatiche che vanno comunque affrontate e non subite, evitando rassegnazione e improvvisazione. Un cambio di marcia è fondamentale, anche di fronte – inutile negarlo – ai rischi della frammentazione attuale delle proposte della catechesi, all’eccessiva preoccupazione per la data dei sacramenti, alla tentazione della delega da parte delle famiglie. Se non recuperiamo, accanto alla catechesi tradizionale, una seria pastorale familiare nulla cambierà. Quando ci troviamo ancora davanti a frasi del tipo: «Vai al catechismo che devi fare la comunione e la cresima», l’entusiasmo evangelizzatore crolla ai minimi, e non certo perché viene meno la grandezza dei due sacramenti.
Credo e spero che in futuro, anche grazie alla loro istituzione ufficiale, i catechisti siano sempre più degli animatori coraggiosi, capaci di avvicinare tutti coloro che hanno il desiderio della fede. Donne e uomini che, a nome della Chiesa, non lascino sole le famiglie di fronte alle domande autentiche che la vita propone, non solo quelle che riguardano il quando celebrare i sacramenti. Catechisti che sappiano offrire occasioni di fraternità e di comunione, anche rendendo gli spazi della parrocchia “belli” e accoglienti. Catechisti, quindi, non solo con un mandato ecclesiale ma, soprattutto, con una vocazione nel cuore.
✠ Antonello Mura
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