In breve:

Suor Felicita Mereu: 45 anni di missione in Africa

Suor Felicita Mereu

Quando Padre Vico, fondatore delle Suore Missionarie Figlie di Gesù Crocifisso di Tempio, annunciò l’apertura di una nuova Missione nella Repubblica Democratica del Congo – Zaire, si risvegliò in me un sogno che conservavo nel cuore fin da bambina.

Per grazia di Dio, ho trascorso la mia infanzia e giovinezza nella semplicità, nella serenità e nella gioia, amavo la vita e tutto ciò che era bello e buono! Stavo bene in compagnia delle mie coetanee; animavo e mettevo allegria nel gruppo delle ragazze. Mi piaceva cantare, danzare, scoprire e vedere luoghi nuovi: la bellezza della natura mi incantava e mi rendeva felice. Anche le giornate missionarie del periodo erano vissute con gioia e impegno per raccogliere fondi per le missioni. Oltre che chiedere un piccolo contributo alle famiglie del paese, si organizzavano le recite e la nostra maestra, Bonaria Pisano, distribuiva le parti: a me dava sempre il ruolo della suora missionaria!

Questa mia allegria caratterizzerà la mia vocazione e tutta l’esperienza missionaria.

Il desiderio di essere utile a chi soffre mi ha spinto a essere libera da legami; questo fervore di essere di aiuto al prossimo era così forte da sentire di poter rinunciare a tutto, per offrirmi al Signore nel servizio ai poveri. Ecco il movente della mia vocazione missionaria.

Risposi, pertanto, all’appello di Padre Vico e venni ammessa a far parte del gruppo delle partenti in Africa, formato da quattro italiane e tre congolesi. Dopo due anni di preparazione a Parigi, nel 1976, con grande contentezza, mista a un velo di tristezza, lasciai i miei cari, il paese natio, per andare a vivere in mezzo all’immensa foresta equatoriale e i numerosi villaggi dei nostri fratelli africani, bisognosi di tutto.

Quarantacinque anni trascorsi nella fatica, nei pericoli di ogni sorta particolarmente nel periodo della guerra, dal 1992 al 2002, sotto il sole cocente dell’equatore, ma sempre felice di poter donare un sorriso e un po’ di sollievo alle sofferenze di questa gente indifesa, votata a subire ogni genere di tortura, di violenza, negoziata e venduta a prezzo di diamante.

All’arrivo nel villaggio di Yakamba, al centro del Congo, a cui eravamo destinati, iniziammo il lavoro: mi fu affidata la responsabilità – insieme a un Padre Belga e una coppia laica – di un centro di formazione per catechisti animatori che accoglieva dodici famiglie con più di cinquanta bambini. I nuovi catechisti, dopo due anni di formazione, venivano inviati nei villaggi dove ponevano le basi per la spiritualità cristiana: preparare adulti e bambini ai sacramenti.

Il mio lavoro non si limitava al solo centro di formazione, occorreva garantire il buon funzionamento di tutte la missione: l’ospedale con i numerosi ambulatori sparsi nei villaggi; il lebbrosario con 40 lebbrosi; i tubercolotici; le donne in attesa; i bambini malati e malnutriti; i poveri, i vecchi abbandonati e messi da parte, in quanto considerati stregoni e portatori di sventura. Ma vi erano anche le scuole elementari e superiori, prive di tutto, mancavano i libri, le carte geografiche, i quaderni, le matite. Per i bambini delle elementari bisognava procurare i fogli dei quaderni e tagliare le matite in quattro pezzi perché bastassero per tutti.

Ripensare al periodo trascorso in Congo mi fa tornare in mente la frase: “Essere messaggeri della speranza”, e la parola speranza mi ricorda i dieci anni della guerra in Congo, quando, nei momenti più duri, ci siamo trovate di fronte all’interrogativo se restare o rientrare in Italia. Restare significava mettere a rischio la vita. Ma significava anche dare un segno di speranza alla gente dell’Africa. Perciò, con le sorelle africane abbiamo condiviso l’angoscia e le fughe nella foresta per nasconderci dai gruppi armati. Con la nostra presenza hanno trovato il coraggio di continuare a vivere. «Voi siete i nostri Messaggeri di Speranza», ci dicevano.

Dopo 28 anni trascorsi in Congo venne aperta un’altra missione in un’altra nazione, dove mi trovo attualmente, il Gabon. La situazione sociale, politica e religiosa del Gabon è completamente diversa: non ci sono guerre, la gente non vive nella povertà e dal punto di vista economico il Paese è ricco, ma povero di valori. Diffondere il Vangelo e la morale cristiana in un ambiente in cui prevale la sete esagerata del denaro non era facile. La prostituzione è molto diffusa, ancora prima dell’adolescenza, considerata una via facile per guadagnare senza fatica.

Sono in crescita diverse religioni, ma le sette hanno il sopravvento nelle città anche per mancanza di sacerdoti. Alcune di queste praticano il sacrificio umano e sono radicate in tutti i ceti sociali, persino nella scuola.

La famiglia con madre, padre e figli non esiste; noi suore, durante le visite familiari, ne abbiamo incontrato poche. La madre pensa a tutto, ma i bambini sono abbandonati a loro stessi senza nessun controllo e guida. Da questa situazione era nato il desiderio – rafforzato dalla richiesta di alcune mamme – di costruire un complesso scolastico con scuola materna ed elementare per arrivare, attraverso i bambini, ad avvicinare le famiglie e renderle consapevoli del dovere di educare i bambini per la società futura.

Con l’aiuto dello Stato e la generosità di tante persone abbiamo costruito una scuola elementare e materna, dedicata a Padre Vico. Avevamo inizialmente 134 alunni, oggi sono più di 800 e frequentano la nostra scuola trovando istruzione e formazione.

Questa è la nostra missione di Religiose, questa è anche la vostra missione, essendo voi stessi missionari ciascuno nel luogo in cui si trova.
Il Signore ricompenserà appieno le vostre rinunce con la benedizione, la grazia, la pace e la gioia nel cuore per voi e i vostri cari.
Dopo questa lettera non mi resta che invitarvi a cantare “Grazia e lode a Dio Padre” per la sua bontà infinita, per i doni innumerevoli e per la protezione, durante i miei 45 anni vissuti nella terra africana.
A voi tutti che leggerete questo mio racconto, un abbraccio e un arrivederci! Con grande affetto e riconoscenza.

Suor Felicita Mereu
Escalaplano

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