Silvia Mereu, l’arte in una formica
di Augusta Cabras.
Lo studio d’arte Ill’Art di Silvia Mereu è nuovo di zecca. Ai primi di dicembre ha aperto al pubblico nella piazzetta Roma di Tortolì, portando nel centro della cittadina colori, forme, arte e creatività.
E se lo Studio d’Arte Ill’Art (che sta per Illustrazioni Artistiche) è una novità, non lo è l’arte di Silvia e il suo straripante estro, rivelato e raccontato tramite le sue illustrazioni e le sue innumerevoli produzioni: acquerelli, monili, pitture e altri oggetti, in una mescolanza di materiali, colori e geometrie.
Silvia racconta della sua passione, che è un tutt’uno con la sua vita, con grande entusiasmo e un’energia contagiosa. Racconta degli anni passati nell’Istituto d’Arte a Lanusei, tra studio e nuove scoperte, degli anni passati a Firenze nell’Accademia delle Belle Arti, ricchi di incontri importanti, fermento culturale, colpi di fulmine per nuovi colori (come l’acrilico lucido), attività e sperimentazioni, per arrivare poi a Sassari dove concluderà l’Accademia.
In quegli anni di studio, Silvia si occupa principalmente di design e decorazione. Ricerca e approfondisce le caratteristiche dei materiali, ne indaga, nella mescolanza, la bellezza e la forza espressiva. Rimane affascinata dal potere dello specchio quale oggetto reale e metafora della riflessione del pensiero, dell’emozione, degli sguardi propri e altrui. Lo specchio inteso come gioco di luce, riflesso, bagliore, nitidezza, verità. Il tema è così interessante e ricco di implicazioni artistiche che Silvia ne fa oggetto della tesi di laurea insieme al tema del nudo nell’arte. Negli anni gli ambiti di interesse mutano e si arricchiscono di esperienza e curiosità e Silvia non si ferma mai. Nella sua vita arrivano anche due bambini, Emanuele e Domitilla che portano, insieme a tanta bella energia, nuovi mondi da esplorare e immaginare. Come quel giorno, quando Emanuele, allora poco più di due anni, chiede alla mamma: «Mamma disegniamo qualcosa insieme?»; tra vari colorati tentativi e ancora nuovi disegni, dal foglio bianco salta fuori una formica. Una piccola formica, nera, nuda come tutti gli animali del mondo, forse anche un po’ triste, certamente molto timida. Emanuele mentre la guarda divertito dice: «Mamma la vestiamo? La mettiamo in un posto?».
La risposta alla domanda di Emanuele è la storia di oggi. Uno studio d’arte costellato di formiche che vestono abiti, costumi per il mare, sognano, pescano, piangono e ridono, annunciano eventi, rimandano a versi di belle poesie. Ormai la formica è il tratto distintivo dell’arte di Silvia, unica e riconoscibile. Un’arte illustrativa e narrativa ma anche introspettiva. La formica non parla e non dice, ma esprime, racconta ogni volta nuove storie in luoghi del mondo e della fantasia, si emoziona ed emoziona, regala messaggi e raccoglie impressioni.
Silvia si serve di questo animale, piccolo ma notoriamente forte, quasi timido ma intraprendente, per dare ordine al suo caos creativo che è sempre in divenire, sollecitato e solleticato da nuovi incontri, scambi e conoscenze, non solo nel suo Studio ma anche in altri contesti, come quello della scuola. Silvia infatti, insegna Arte e Immagine alle scuole medie di Lanusei. Nello stare insieme ai suoi alunni, insegna e impara, contemporaneamente. A loro vuole trasmettere e stimolare l’amore per il bello, per ciò che può essere costruito e ricostruito a partire dalla propria visione delle cose, dalla propria sensibilità, dal proprio talento. Lei non ama l’arte che ricopia, l’arte che vive solo degli input esterni senza che questi vengano filtrati, impastati, rielaborati con e nel proprio mondo personale. E allora ecco che anche agli studenti, che nell’ideare il presepe non riescono a staccarsi dall’idea che questo debba avere necessariamente il muschio, così come sempre e per tradizione si è fatto, il suo invito è di cercare altre forme, altri modi, altri linguaggi, altri materiali che raccontino e portino il messaggio potente della natività, indagando dentro e fuori sé stessi, allargando il campo della conoscenza, buttandosi con coraggio e leggerezza su terreni finora inesplorati.
E in tutto questo guardare oltre il già noto c’è comunque spazio per le radici, la tradizione, la propria storia personale e comunitaria. C’è spazio per i luoghi, per i costumi sardi che scardinano qualsiasi teoria del colore, per i gioielli della Sardegna che vengono ripresi e reinterpretati, in forme nuove. Perché l’arte per Silvia è tale se è capace di rinnovarsi, di scartare l’ovvio, di spostare l’asse dell’equilibrio ogni qualvolta rischi di piegarsi su stessa. Questo modo di creare non implica, per quanto sia difficile da immaginare, l’ansia o la fretta di fare, anzi. Nel tratto di questa giovane artista c’è lentezza, precisione, pazienza e riflessione. Il flusso creativo internamente caotico fluisce con calma decisa, con amore per i dettagli e con lo studio del particolare che non appesantisce, ma regala un’arte leggera. Leggera come una formica.
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