Silvano Vargiu e le sue vite in movimento
di Alessandra Secci.
Ci siamo chiesti in queste lunghe settimane, tante volte, prima e dopo il lockdown, quanti di noi avessero preso questo bislacco 2020 come l’occasione giusta per riflettere sulla propria vita, per cogliere al balzo l’opportunità di cambiarla, per seguire finalmente l’istinto.
Il 2020 di Silvano Vargiu è arrivato invece 25 anni fa: nel novembre 1995, al suo ultimo anno di superiori, partecipa a un laboratorio teatrale che Francesca Mastio, insegnante di lettere, organizza presso l’Istituto Tecnico per Geometri di Lanusei, in coordinamento con una compagnia teatrale emiliana. È la svolta: da un percorso già in parte tracciato per frequentare Architettura a Roma – per la quale aveva peraltro sostenuto preventivamente l’esame di ammissione – Silvano resta sempre nella capitale, ma decide di dedicarsi a Lettere, indirizzo spettacolo: «L’esperienza di quell’anno scolastico cambiò completamente le mie prospettive – racconta – ma permase in me un profondo pragmatismo, un intimo senso del concreto che mi contraddistingue tuttora. Decisi di non scegliere l’Accademia d’arte drammatica, optando per Lettere col proposito di ampliare la mia cultura, e mi ritrovai in un ambiente universitario, quello romano, stimolante e fervidissimo.
Grazie a Clelia Falletti Cruciani, che ho avuto la fortuna di avere come docente, il mio interesse venne subito catturato dal cosiddetto terzo teatro, di cui Jerzy Grotowski ed Eugenio Barba sono tra i numi tutelari: un teatro più essenziale, naturale, intimista, che indaga profondamente il rapporto dell’interprete col suo stesso animo attoriale e che ben si presta ai laboratori che ho iniziato a tenere sin dalla fine degli anni Novanta, quando subito dopo la laurea decisi di rientrare in Sardegna, e su di lei (e su di me) scommettere. E direi che è andata bene: da allora, corsi annuali, laboratori propriamente detti, saggi, hanno contrassegnato la mia crescita personale e professionale; hanno coinvolto tutte le fasce d’età e, relativamente alla scuola, tutti i gradi d’istruzione, dai bambini delle materne sino all’Università della Terza Età. Negli istituti scolastici gran parte della volontà di adesione è demandata all’iniziativa personale degli insegnanti (come d’altronde la professoressa Mastio ai miei tempi) e – nonostante la burocrazia complichi sempre le cose, specie negli ultimi anni – con l’associazione Cantieri d’Arte Teatro La Chimera (fondata nell’ormai lontano 2007 con l’amico lulese Antonio Marras, con la quale avemmo peraltro modo di occuparci dell’organizzazione de Su Battileddu, il Carnevale tradizionale di Lula), grazie anche al progetto triennale Tutti a Iscola, nei nostri Cantieri d’Arte, abbiamo sublimato i laboratori annuali con gli studenti non nei consueti saggi teatrali di fine anno, bensì in cortometraggi, tutti realizzati col preziosissimo ausilio di Francesco Manca e disponibili su Youtube: da La Lezione, I giorni del Giudizio allo spassosissimo La mortadella, con gli alunni della Scuola Primaria di Ilbono.
Questo è stato in realtà il naturale sbocco, l’istintiva propensione degli ultimi sei anni, in cui è stata preponderante la formazione prettamente cinematografica: grazie alla mediazione di Michael Margotta, allievo di Lee Strasberg e membro attivissimo dell’Actor’s Studio di New York, del quale ho seguito molti seminari, ho approfondito quell’importantissima duplicità tra teatro e cinema, che fin troppe volte viene sottovalutata, e ora avrò presto l’occasione di cimentarmi in un film di Gianluca Medas che a breve riprenderà in mano dopo il lungo periodo di chiusura».
E aggiunge: «L’emergenza pandemica ha rappresentato una brusca frenata anche per il nostro settore, che è stato uno dei più colpiti: la programmazione non è facile e la situazione odierna è ancora sbilanciata, anche tenendo conto del fatto che vi siano poche possibilità per il finanziamento pubblico, se non quello previsto dalla legge Regionale n.56 del 1990, sui contributi alle attività dello spettacolo, che di fatto però taglia le realtà giovani. In questo, grande responsabilità dobbiamo addossarcela noi, e a livello sindacale solo ora, dopo tutte le criticità acutizzate dal Covid, si è aperto un vero dibattito sulla questione, e chissà che il confronto non possa presto raggiungere livelli normativi e tutelativi simili a quelli vigenti in altri paesi europei».
L’anelito per il futuro è in parte collegabile a quest’ultimo concetto: mi piacerebbe potesse esserci nel tempo una maggiore sensibilità verso il nostro lavoro da parte delle istituzioni, perchè l’esigenza del teatro traspare, è palpabile, soprattutto in zone come quella, meravigliosa, da cui provengo: sarebbe bellissimo se Lanusei, il mio nido, da cui mi alzo in volo e a cui torno, divenisse definitivamente il fulcro stabile delle mie passioni, un centro culturale di alto livello; anche quest’anno, riproporremo tra luglio e settembre la consueta rassegna Storie in movimento, giunta ormai alla settima edizione, e ripartiremo con grandi auspici dopo l’estate con la gestione del prestigioso Teatro Tonio Dei.
Continuità, come insegna il grande Grotowski: mai fermarsi, spingersi sempre oltre.
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