In breve:

Settimana sociale a Taranto. Franco Manca: «Un tema destinato a segnare la vita futura»

Taranto settimana sociale

di Mario Girau.

Dal 21 al 24 ottobre Taranto ospita la 49ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani. Tema: “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #tuttoèconnesso”.
Nel solco tracciato dalla Laudato Si’ e dalla Fratelli tutti di Papa Francesco, la Chiesa che è in Italia offre il proprio contributo per la creazione di un nuovo modello di sviluppo di cui il mondo ha urgente bisogno. Ne parliamo con Franco Manca, Coordinatore regionale Commissione CES problematiche sociali e del lavoro

Occhi e riflettori puntati sulla 49.ma settima sociale dei cattolici italiani (21-24 Ottobre, Taranto) chiamati a mettere sul tavolo della politica, delle imprese, dell’economia e della finanza il tema “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #tuttoèconnesso”. Come fatto dalle altre diocesi, anche quelle sarde, sabato 25 settembre, hanno presentato le proposte «per sostenere e orientare la formazione di un nuovo modello di sviluppo capace di ridefinire il rapporto tra economia e ecosistema, ambiente e lavoro, vita personale e organizzazione sociale».
L’incontro è coordinato dall’Arcivescovo di Cagliari, mons. Giuseppe Baturi, referente dei vescovi per la pastorale sociale e del lavoro, e da Franco Manca, coordinatore regionale dell’omonima commissione.
«Le settimane sociali segnano l’inizio di un cammino, che deve continuare nella società, a tutti i livelli, perché tutto non si risolva in una manifestazione di quattro giorni, senza capacità di incidere sulla realtà. A Taranto – dice Franco Manca – si discuterà di un tema destinato a segnare la vita delle future generazioni: garantire il benessere e il progresso nel rispetto dell’ambiente, della natura, delle risorse del creato».

Il fatto è che l’economia è diventata l’argomento più dibattuto della modernità e il denaro il punto di riferimento di gran parte della società.

Pensare all’economia sulla base degli schemi che i tecnici presentano è un grave errore dato che i tecnicismi sono quasi sempre orientati a mantenere e rafforzare il potere delle èlite. È quindi necessario uscire da tali schemi fatti da questioni di compatibilità, di pareggi di bilanci, di rispetto dei trattati, di rispetto degli equilibri, ecc. Rimanere all’interno di esse vuol dire che non si potrà mai cambiare quasi nulla e che ciò che conterà sempre di più sarà il denaro piuttosto che l’uomo.

Un’economia che pensa all’ umanità povera ed emarginata potrebbe essere, oggi, una contraddizione in termini.

Non si tratta di inventare nulla, ma di avere come riferimento il magistero della Chiesa e in particolare le encicliche fondate su uno specifico punto di vista, quello di prendersi cura del bene comune, su persona umana, solidarietà, sussidiarietà, bene comune, che si declina attraverso la fraternità che è soprattutto gratuità e dunque dono.

Parlare di gratuità e dono nella società liberal individualista o statocentrica in cui tutto è obbligo e dovere è quasi un azzardo.

Senza pratiche estese di dono si potrà anche avere un mercato efficiente e uno stato autorevole, ma di certo le persone non saranno aiutate a realizzare la gioia di vivere. Purtroppo il bene della comunità non rappresenta una priorità mondiale. Gli organismi di controllo internazionale continuano a contare molto poco e i governi hanno fatto pochi passi in avanti per garantire una strumentazione adatta a governare la finanza internazionale.

Quindi l’economia come zona franca dove tutto può succedere?

Una zona quasi franca. Si pensi all’immenso potere delle società di rating: organismi privati, le cui decisioni determinano licenziamenti e crescita della disoccupazione e milioni di persone e le loro famiglie si ritrovano a evidente rischio di povertà e di elevato disagio sociale.

Non si può fare nulla per cambiare questa situazione?

Questi processi economico-finanziari sono suscettibili di miglioramento. Si deve revisionare l’esistente, sia nella teoria che nella pratica economica, trovando il proprio fondamento in quello che oggi non sembra improprio designare come il nuovo bisogno etico delle nostre società.

Uno sforzo che deve stimolare ad osare nuovi esperimenti di democrazia economica.

Alcune linee di forza risultano già profilarsi con evidente chiarezza e il nodo che tutte le intreccia è la messa a fuoco della dimensione etica e del nuovo bisogno etico alla luce del quale viene proposto di ripensare e riprogettare le ragioni della teoria economica e della sua pratica del mercato e dell’innovazione; del rapporto efficienza solidarietà; della cooperazione e della competizione in vista di una finalità complessiva che potrebbe venire identificata nell’esigenza di espandere, con la democrazia economica, la democrazia politica.

Come è possibile aprire questo nuovo cantiere culturale?

Bisogna guardare attentamente i nuovi problemi creati dalla fase post industriale. C’è da riflettere sulla nuova condizione umana, sociale ed economica nella quale ci troviamo e dove si delinea il passaggio da un prevalente impegno finalizzato alla produzione di beni materiali a un crescente assorbimento di risorse e di uomini nella produzione di beni immateriali. In questo quadro – che conoscerà una profonda trasformazione degli stili di vita e quindi della stessa scala di valori e delle sue priorità – il fattore strategico diverrà la cultura: come nuovo rapporto dell’uomo con la natura e con l’ambiente, come produzione di conoscenze mediante la ricerca, come messa in opera di tecnologie sempre più sofisticate e pervasive, come informazione diretta all’accumulazione e al controllo del sapere.

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