di Augusta Cabras.
Ha solo 26 anni, Anna Maria, ma il suo cuore da tempo è in giro per il mondo. Il suo entusiasmo e la sua energia sono contagiosi. Dalle sue parole che portano nel suono una contaminazione tra l’Ogliastra e Milano c’è il racconto di un’esperienza bellissima,fatta tra gli ultimi delle nostre società, in quel mondo nascosto ai più, tra le mura gelide di sovraffollate celle. Anna, così ormai a chiamano tutti, oltre la sua grande energia ha una propensione naturale: aiutare il prossimo. Mentre frequenta il Liceo Classico a Lanusei muove i primi passi nel volontariato proprio quando l’Associazione Ogliastra Informa avvia le sue attività. Arriva il tempo del diploma e della scelta della facoltà. Lei si iscrive in Giurisprudenza con ottimi risultati, ma quella propensione naturale ha la meglio e i piani saltano. Lascia l’idea di una carriera nei tribunali e si iscrive al corso di laurea in Servizi Sociali concludendo brillantemente il percorso di studi. Già nei primi anni di Università proprio non resiste al desiderio di mettersi a disposizione degli altri e inizia una ricerca tra le maglie di internet per trovare qualche seria associazione che possa aiutarla nel suo obiettivo. Lei la cerca e lei la trova. L’Associazione è Sesta Opera di Milano che si occupa, citando la sesta opera di Misericordia, di visitare i carcerati. A questa opera Anna abbina anche un’altra opera. Lei infatti, non solo visita i carcerati ma li ascolta, li accoglie appena varcano quei portoni pesanti e prova pure a consolarli, perché loro sì che sono afflitti!
Il Carcere è quello di San Vittore a Milano. Un carcere che ha vissuto periodi bui di sovraffollamento, un carcere enorme dentro la grande città.
Anna racconta il giorno in cui, dopo un corso di formazione, alcuni colloqui e la consulenza di un maestro da cui ha imparato tanto, varca per la prima volta il primo enorme cancello del carcere, poi il secondo, poi il terzo, poi il quarto in una successione quasi infinita. «Ricordo il rumore di quei portoni, aperti e poi chiusi, il vociare dei detenuti, il rumore, la vita che scorreva in quegli anditi e in quelle celle». E non c’è un luogo dentro quel carcere che Anna non abbia voluto conoscere. «Ho visitato tutti i reparti, anche quelli di massima sicurezza. In particolar modo mi sono occupata di accogliere i nuovi giunti. San Vittore è una Casa Circondariale, quindi tutte le persone che vengono arrestate passano da lì. Il primo impatto con chi arriva e vedi per la prima volta è forte. Io non ho mai chiesto come mai si trovassero lì. A volte lo rivelavano loro durante la conversazione, altre volte il motivo rimaneva a me sconosciuto». Ad Anna è chiara la sua missione con i carcerati. Lei è lì per accogliere loro, la loro storia, il loro dolore, forse la loro consapevolezza, forse il loro pentimento. La consolazione in quegli attimi si realizza con l’ascolto, con la sospensione di ogni possibile giudizio, con la capacità di entrare in sintonia anche in condizioni complesse, forse difficili da comprendere. «Ho cercato sempre di rintracciare e di ritrovare dietro lo sguardo di ogni detenuto l’uomo, la persona, la sua sofferenza. Ho visto tanti detenuti piangere, non solo perché avevano perso la libertà ma anche per dolori profondi che si portavano dietro da tantissimo tempo e che mai avevano avuto l’occasione di raccontare». La possibilità di fidarsi e di affidarsi a chi sa ascoltare diventa quasi terapeutico, liberante. Chi è afflitto decide se farsi consolare solo quando riconosce la capacità di ascolto e di comprensione dell’altro. Di comprensione e non di giustificazione, precisa bene Anna che nella sua esperienza ha incontrato criminali, assassini, stupratori, pedofili. Un universo umano dove il male tesse trame di dolore e disperazione indicibile. Ma lei è forte, coraggiosa e con una buona capacità di contestualizzare e separare queste esperienze forti dal resto della vita quotidiana.
Per Anna Maria gli afflitti non si trovano solo dentro le celle umide di un carcere e quando scorge che il dolore e l’afflizione toccano i bambini non può stare a guardare e per questo decide di partire nuovamente, di raggiungere quelle periferie dove il suo aiuto può essere ancora una volta determinante per tante persone. Per tre estati di seguito vive con i bambini, con adolescenti e madri, prima in Africa, poi in Romania e in Libano. In Africa, tramite la Caritas Ambrosiana, si occupa dell’animazione per i bambini dei quartieri più poveri e collabora nell’Ospedale in Etiopia per alleviare le sofferenze dei bambini malnutriti. In Romania porta sostegno e speranza ai tanti bimbi e adolescenti che vivono in orfanotrofio, mentre in Libano opera in un campo profughi siro-palestinese e in città in un centro d’accoglienza per le donne migranti provenienti dal sud-est asiatico in fuga da vite invivibili a causa della guerra e della violenza. Nei suoi viaggi e nei soggiorni lei incontra orfani, vittime di violenza familiare e sessuale, adolescenti senza futuro, donne madri sole, sfruttate. Anna piega il suo corpo e la forza dei suoi anni per ascoltare il grido di tanti che attendono un segno, una carezza, una parola di consolazione. E il suo desiderio di aiutare gli altri è sempre vivo. L’ultimo anno l’ha trascorso in Moldavia tramite il Servizio Civile Internazionale. Un’esperienza di valore immenso che esprime quanta gioia possa esserci nel consolare i dolori altrui e quanta serenità si acquista quando si riceve l’attenzione e lo sguardo amorevole di qualcuno.
Se consolare è “farsi presenza accanto”
di Augusta Cabras.
Ha solo 26 anni, Anna Maria, ma il suo cuore da tempo è in giro per il mondo. Il suo entusiasmo e la sua energia sono contagiosi. Dalle sue parole che portano nel suono una contaminazione tra l’Ogliastra e Milano c’è il racconto di un’esperienza bellissima,fatta tra gli ultimi delle nostre società, in quel mondo nascosto ai più, tra le mura gelide di sovraffollate celle. Anna, così ormai a chiamano tutti, oltre la sua grande energia ha una propensione naturale: aiutare il prossimo. Mentre frequenta il Liceo Classico a Lanusei muove i primi passi nel volontariato proprio quando l’Associazione Ogliastra Informa avvia le sue attività. Arriva il tempo del diploma e della scelta della facoltà. Lei si iscrive in Giurisprudenza con ottimi risultati, ma quella propensione naturale ha la meglio e i piani saltano. Lascia l’idea di una carriera nei tribunali e si iscrive al corso di laurea in Servizi Sociali concludendo brillantemente il percorso di studi. Già nei primi anni di Università proprio non resiste al desiderio di mettersi a disposizione degli altri e inizia una ricerca tra le maglie di internet per trovare qualche seria associazione che possa aiutarla nel suo obiettivo. Lei la cerca e lei la trova. L’Associazione è Sesta Opera di Milano che si occupa, citando la sesta opera di Misericordia, di visitare i carcerati. A questa opera Anna abbina anche un’altra opera. Lei infatti, non solo visita i carcerati ma li ascolta, li accoglie appena varcano quei portoni pesanti e prova pure a consolarli, perché loro sì che sono afflitti!
Il Carcere è quello di San Vittore a Milano. Un carcere che ha vissuto periodi bui di sovraffollamento, un carcere enorme dentro la grande città.
Anna racconta il giorno in cui, dopo un corso di formazione, alcuni colloqui e la consulenza di un maestro da cui ha imparato tanto, varca per la prima volta il primo enorme cancello del carcere, poi il secondo, poi il terzo, poi il quarto in una successione quasi infinita. «Ricordo il rumore di quei portoni, aperti e poi chiusi, il vociare dei detenuti, il rumore, la vita che scorreva in quegli anditi e in quelle celle». E non c’è un luogo dentro quel carcere che Anna non abbia voluto conoscere. «Ho visitato tutti i reparti, anche quelli di massima sicurezza. In particolar modo mi sono occupata di accogliere i nuovi giunti. San Vittore è una Casa Circondariale, quindi tutte le persone che vengono arrestate passano da lì. Il primo impatto con chi arriva e vedi per la prima volta è forte. Io non ho mai chiesto come mai si trovassero lì. A volte lo rivelavano loro durante la conversazione, altre volte il motivo rimaneva a me sconosciuto». Ad Anna è chiara la sua missione con i carcerati. Lei è lì per accogliere loro, la loro storia, il loro dolore, forse la loro consapevolezza, forse il loro pentimento. La consolazione in quegli attimi si realizza con l’ascolto, con la sospensione di ogni possibile giudizio, con la capacità di entrare in sintonia anche in condizioni complesse, forse difficili da comprendere. «Ho cercato sempre di rintracciare e di ritrovare dietro lo sguardo di ogni detenuto l’uomo, la persona, la sua sofferenza. Ho visto tanti detenuti piangere, non solo perché avevano perso la libertà ma anche per dolori profondi che si portavano dietro da tantissimo tempo e che mai avevano avuto l’occasione di raccontare». La possibilità di fidarsi e di affidarsi a chi sa ascoltare diventa quasi terapeutico, liberante. Chi è afflitto decide se farsi consolare solo quando riconosce la capacità di ascolto e di comprensione dell’altro. Di comprensione e non di giustificazione, precisa bene Anna che nella sua esperienza ha incontrato criminali, assassini, stupratori, pedofili. Un universo umano dove il male tesse trame di dolore e disperazione indicibile. Ma lei è forte, coraggiosa e con una buona capacità di contestualizzare e separare queste esperienze forti dal resto della vita quotidiana.
Per Anna Maria gli afflitti non si trovano solo dentro le celle umide di un carcere e quando scorge che il dolore e l’afflizione toccano i bambini non può stare a guardare e per questo decide di partire nuovamente, di raggiungere quelle periferie dove il suo aiuto può essere ancora una volta determinante per tante persone. Per tre estati di seguito vive con i bambini, con adolescenti e madri, prima in Africa, poi in Romania e in Libano. In Africa, tramite la Caritas Ambrosiana, si occupa dell’animazione per i bambini dei quartieri più poveri e collabora nell’Ospedale in Etiopia per alleviare le sofferenze dei bambini malnutriti. In Romania porta sostegno e speranza ai tanti bimbi e adolescenti che vivono in orfanotrofio, mentre in Libano opera in un campo profughi siro-palestinese e in città in un centro d’accoglienza per le donne migranti provenienti dal sud-est asiatico in fuga da vite invivibili a causa della guerra e della violenza. Nei suoi viaggi e nei soggiorni lei incontra orfani, vittime di violenza familiare e sessuale, adolescenti senza futuro, donne madri sole, sfruttate. Anna piega il suo corpo e la forza dei suoi anni per ascoltare il grido di tanti che attendono un segno, una carezza, una parola di consolazione. E il suo desiderio di aiutare gli altri è sempre vivo. L’ultimo anno l’ha trascorso in Moldavia tramite il Servizio Civile Internazionale. Un’esperienza di valore immenso che esprime quanta gioia possa esserci nel consolare i dolori altrui e quanta serenità si acquista quando si riceve l’attenzione e lo sguardo amorevole di qualcuno.