In breve:

Se adesso si uccidono anche i bambini

ospedale

di Tonino Loddo
Nelle scorse settimane in Belgio è stata praticata l’eutanasia su un minore. La notizia è rimbalzata sui media internazionali, sollevando interrogativi e polemiche. Era il febbraio del 2014 quando il Belgio diventò il primo, e ancora oggi unico, Paese al mondo a legalizzare l’eutanasia per i minori senza alcun limite di età, disposizione normativa che estendeva la legge (del 2002) che già la consentiva per gli adulti. La norma, va detto, stabilisce anche alcune condizioni per consentire la pratica dell’eutanasia  su minori: che si tratti di un minore «emancipato», che possieda «capacità di decidere», che la malattia comporti un «dolore costante e insopportabile » o «morte entro breve tempo» e che si tratti di una «condizione patologica e incurabile »; ed infine, che venga sottoposto a una visita da parte di uno psichiatra o psicologo infantile e che vi sia il consenso dei genitori. Si tratta, tuttavia, pur nel rispetto del dolore dei genitori che vi acconsentono e dell’immaginabile tormento interiore dei medici che la praticano, di condizioni che nulla tolgono allo sgomento di quanti hanno appreso la notizia, perché una tale decisione tocca il senso umano di tutti noi nella consapevolezza che il minore, specialmente se fragile, specialmente se malato, va sempre aiutato e sostenuto con le medicine e con l’assistenza morale, psicologica e spirituale.
In quanto è accaduto nel paese nordeuropeo sembra di poter leggere, invece, un accento di crudeltà di cui non sentivamo il bisogno. È come se avessimo ormai perduto ogni freno e ogni senso del limite. Innanzitutto, perché appare orribile stabilire per legge che sia il minore a dover chiedere l’eutanasia, come se un minore fosse  capace di giudicare o decidere, anche perché nella nostra civiltà (e non solo) il minore è sempre stato una categoria protetta, come dimostra il fatto che non può prendersi la responsabilità di sottoscrivere contratti, di votare, né di assumere un servizio come quello militare.
Quanto, poi, all’idea che sia uno psicologo a giudicare della correttezza della volontà espressa dal minore, ci si accorge ben presto che si tratta francamente solo di un espediente. Chiunque di noi, vedendo un individuo che si sta gettando da un ponte per suicidarsi,  non va certamente a chiamare lo psicologo perché si accerti se l’aspirante suicida è in grado di decidere o meno, ma spontaneamente cerca di invitarlo ad evitare quel gesto. Ne è facile riprova il brivido che ci assale ogniqualvolta sentiamo di un suicida, circostanza che dimostra quanto contrario sia all’umano il cercare la morte. E anche se l’aspirante suicida dovesse insistere nel manifestarci il consenso, ci è difficile pensare di demordere, mentre ci è spontaneo pensare che si tratti di scoraggiamento da aiutare a superare. A chiunque abbia svolto la funzione docente sarà sicuramente capitato di sentire adolescenti invocare la morte magari dopo una bocciatura o un grande dispiacere. La verità è che un minore (ma anche un adulto) quando soffre deve essere sostenuto e curato, non aiutato a morire.
Ed altrettanto equivoco, infine, pare il fatto che il consenso debba essere espresso dai genitori che, peraltro e secondo altre leggi, non hanno la potestà neanche di fare delle operazioni per conto dei figli minori; hanno, infatti, bisogno dell’autorizzazione del giudice per venderne o ipotecarne beni, accettare o rinunciare a eredità e donazioni, stipulare mutui, effettuare transazioni o compromessi, riscuotere capitali…, Mentre, cioè, non possono compiere operazioni finanziarie in loro conto, possono paradossalmente autorizzarne  la morte. Che la vita del minore valga meno di un mutuo o di una transazione?
Forse è davvero giunto per tutti noi il momento di chiederci che cosa vogliamo fare dei nostri figli e che genere di futuro vogliamo offrire ad essi. E forse, ancora, dovremmo cominciare a provare ad essere meno egoisti, perché purtroppo – e lo diciamo nel rispetto consapevole del dolore di chi si trova dinanzi a queste scelte -, con l’eutanasia si finisce con l’alleviare solo il peso di chi sta bene. E se ci preoccupiamo e ci allarmiamo dinanzi a fatti come questi è solo perché essi segnalano un calo di umanità, un abbassamento del livello di civiltà. E sempre – la storia lo insegna -, la caduta dei livelli di rispetto dell’umano ha solo generato mostri.

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