Riflessioni di un guerriero
di Fabiana Carta.
Giammarco Mereu ti trapassa con lo sguardo, subito ti travolge. Le sue parole sono come iniezioni di energia, ti costringe a esserci, a esserci per davvero, in uno scambio di pensieri taglienti come lame. Giammarco non cammina ma vola. Vola alto. Questa è una storia di coraggio, di dolore composto, di grinta e dignità, che non trova spazio per la pietà o la commiserazione, quella la lasciamo ai deboli, a chi si lamenta ogni giorno senza muovere un dito per migliorare la propria esistenza.
Mi accoglie nel suo spazio più intimo, la sua casa, e conosco le persone più importanti, sua moglie e i suoi due figli; gentili e sorridenti. Non gli chiedo di parlarmi nel dettaglio del terribile incidente del 2006, quando a 37 anni finisce schiacciato sotto il cancello di 600 chili dell’azienda in cui lavorava, rompendo due vertebre che lo costringeranno alla sedia a rotelle: il mio corpo è per metà in sciopero – è sordo – ma il messaggio che manda è chiaro, è limpido, è atroce: non si cammina più, non si cammina più.
Dopo l’incidente si ritrova per sette mesi in ospedale con un busto in metallo e nelle notti sofferenti scrive delle poesie, delle riflessioni, “Memorie di un combattente”, che grazie ai registi Juri Piroddi e Silvia Cattoi diventano uno spettacolo teatrale per far riflettere sull’importanza della sicurezza nei luoghi di lavoro. “Giorni rubati”, dove interpreta se stesso («non sono un attore, posso definirmi un operattore»), è oggi arrivato alla centosettantesima rappresentazione con la compagnia Rossolevante. Ma non finisce qui, negli anni sono nati altri lavori, come lo spettacolo “Stop making sense” e “Uomini”, fa tennis in carrozzina e ha preso il brevetto da sub arrivando 23 metri sott’acqua.
«Qual è il messaggio che vorrei lanciare? La vita è tosta e io sono arrabbiatissimo. Ma trovi delle energie che pensavi di non avere, escono fuori con prepotenza. Chi ha fede si attacca a Dio, come un’ancora di salvezza. Io sono ateo e non trovo risposte rispetto a quello che mi è successo, penso al destino o alla sfortuna». Già, la colpa… A chi destinare questo fagotto ingombrante se non al destino che lo ha confezionato? Mi confessa che non ha mai smesso di porsi questa domanda. Chiedo a Giammarco da dove nasce questo suo grande coraggio, doppio, perché da una parte con lo spettacolo ripercorre gli attimi dell’incidente tutte le sante volte che sale sul palcoscenico, dall’altra il coraggio di reinventarsi.
Cosa fare adesso? Come riciclarsi? Avevi una strada dritta e ben delineata, adesso ne hai una dissestata e con svincoli per te inaccessibili. La risposta, l’unico momento in cui leggo commozione nei suoi occhi: «Sei entrata in casa e quelle che hai incontrato sono le persone che mi hanno dato la forza di combattere, mi sono aggrappato a loro. Una frase che non dimenticherò mai, che mi disse mio figlio a 7 anni è stata: “Papà, ma torni a casa con la sedia a rotelle? – Non lo so – L’importante è che torni a casa”, rispose. Questo ti fa capire che, nonostante la menomazione, tu sei ancora utile. Sono in prima linea, con dietro un esercito di volontari che mi spingono a non mollare. In questo mondo si entra senza chiedere il permesso».
Penso che Giammarco abbia una sensibilità molto affinata, con una bella capacità di capire le situazioni e le persone in modo profondo, non tutti avrebbero saputo leggersi nell’animo come ha fatto, reagendo con grande fame di vita. Glielo faccio notare. «Credo che ci siano situazioni molto più gravi della mia, in particolare ricordo un ragazzo tetraplegico incontrato a Genova durante un laboratorio, che è riuscito anche a laurearsi e suona l’armonica a bocca. Di fronte a lui io alzo le mani e dico “sei un grande!”, è questione di prospettive».
Oltre le sue spalle vedo una grande libreria strabordante di volumi di ogni genere che denotano la sua grandissima curiosità e voglia di conoscere e approfondire; in alto, su un mobile, noto due premi importanti: la medaglia di rappresentanza ricevuta dal Presidente della Repubblica nel 2011 e il Premio Safety Leadership Event ricevuto nel 2016, per la capacità di trasformare un evento negativo in un evento positivo, perché portavoce di tutti quelli che hanno subito un incidente sul lavoro, per il coraggio di mostrare le fragilità e portarle in scena.
Grandi soddisfazioni. Gli chiedo a brucia pelo: com’era il Giammarco di prima? «Diverso. Più maschio e meno uomo. Più ovvio, meno profondo. Sicuramente passare per una strada così tortuosa ti costringe a trovare delle energie. Dal niente non si fa niente, forse ero una buona persona anche prima, come tante. Dentro di me c’erano dei valori che non avevo mai messo in evidenza, quello che è successo mi ha costretto a tirarli fuori. Rimettendo a posto i cocci ne è nata una persona indistruttibile, diversamente insuperabile». Due parole che riassumono l’uragano che ha dentro.
É già da un po’ che mi dimentico della sedia a rotelle. C’è solo lui nella stanza, un uomo schietto, ironico, senza fronzoli o barriere, un ribelle che non accetta la mediocrità, il perbenismo, che soffre l’indifferenza. Non basta vedere, bisogna guardare. Combattere, lottare per le idee, per i pensieri, allargando la visuale, nutrendo una rabbia che ti costringe a risorgere, lasciando fuori i superficiali, chi si piange addosso. Via sparite pensieri ovvi e formali non vi voglio non mi appartenete. Giammarco si augura di arrivare stanco al capolinea, ma con la consapevolezza di aver sfruttato al massimo tutte le possibilità che la vita mi ha offerto. Sarà sufficiente sapere che sono stato solo di passaggio. Un pensiero che riempie di speranza, in un mondo dove spesso siamo circondati da persone che non vanno oltre il loro ristretto orizzonte, sono di fronte a un uomo che è assettato, ingordo anche verso ciò che non ama. «Bisogna conoscere. La conoscenza non è mai abbastanza. Una vita non mi basterà. Io voglio essere una voce fuori dal coro». È come un corridore che si fa fatica a raggiungere. Memorie di un combattente si chiude con un verso significativo: Non farò mai un passo indietro. Giammarco aggiunge: «Anzi, forse farò un passo indietro per prendere la rincorsa!». In realtà non ne ha bisogno, Giammarco è già un passo avanti a tutti noi.
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