Quaresima. Elogio dell’esperienza misericordiosa
di mons. Antonello Mura
«È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale». Così papa Francesco nella Lettera con la quale ha indetto l’Anno della Misericordia; parole confermate nel Messaggio per questa Quaresima, nel quale il Papa scrive che le opere di misericordia «ci ricordano che la nostra fede si traduce in atti concreti e quotidiani, destinati ad aiutare il nostro prossimo nel corpo e nello spirito e sui quali saremo giudicati».
Quaresima come «tempo favorevole – quindi – per poter finalmente uscire dalla propria alienazione esistenziale», «grazie all’ascolto della Parola e alle opere di misericordia».
Queste parole, in che modo possono incidere sulla nostra Quaresima? Direi che non può e non deve sfuggirci, da subito, l’espressione «alienazione esistenziale». Il Papa ci chiama a vincere un atteggiamento che si nasconde con facilità nella nostra vita di credenti, e che papa Francesco contesta – grazie alla sua nota sensibilità – proponendone il superamento. L’alienazione nasce prima di tutto da un atteggiamento che potremo chiamare di arrendevolezza cristiana. E’ quello che sperimentiamo di fronte all’impegno e alla fatica di rapportare la fede professata alla pratica quotidiana, impegno che percepiamo come un’enormità. Si tratta di un atteggiamento che sembra giustificare anche una conclusione immediata: la fede non può tramutarsi in gesti concreti e quotidiani.
Tutto questo, in realtà, genera una vera e propria alienazione, non permettendo di scoprire o di riscoprire una verità che la fede continuamente dovrebbe richiamare, quella cioè che ci fa vedere dietro atteggiamenti quali il nutrire, il vestire, il visitare, l’alloggiare, come anche l’insegnare, il perdonare e il pregare non semplicemente un’emozione o un sentimento verso gli altri – seppur apprezzabili – quanto piuttosto una narrazione quotidiana, gioiosa e convinta di una fede vissuta.
Per questo suona perentorio e coinvolgente l’affermazione di Gesù: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6, 36); invito che diviene per i credenti un modo concreto di partecipare alla stessa Misericordia di Dio.
Le opere di misericordia allora non sono un elenco di pur nobili intenzioni, non rappresentano un catalogo ad uso e consumo di tempi e stagioni animati da un particolare slancio, esse – coinvolgendo il nostro corpo insieme al nostro spirito – ci permettono di fare esperienza di incontri e di volti che risultano cristianamente evangelizzanti, perché frutto di scelte fatte secondo il Vangelo. Esse non migliorano solo le disposizioni d’animo, ma incidono sul modo di vivere le relazioni e di progettare la vita.
E siccome la fede non è quindi un abito da indossare o un piacere da fare a qualcuno, la nostra Quaresima, in quest’anno giubilare, può segnare una svolta nella nostra grammatica cristiana, recuperando gesti e non solo parole che adottano il linguaggio della carità, e prima ancora il linguaggio dell’umanità e della prossimità.
Buona Quaresima a tutti noi, con le belle parole di Sant’Agostino: «Fa elemosina non soltanto chi da’ da mangiare all’affamato, da’ da bere all’assettato, chi veste l’ignudo, chi accoglie il pellegrino, chi nasconde il fuggitivo, chi visita l’inferno o il carcerato, chi riscatta il prigioniero, chi corregge il debole, chi accompagna il cieco, chi consola l’afflitto, chi cura l’ammalato, chi orienta l’errante, chi consiglia il dubbioso, chi da’ il necessario a chiunque ne abbia bisogno, ma anche chi è indulgente con il peccatore».
+ Antonello Mura
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