Quando la casa è un’Opera d’arte
di Fabiana Carta.
Marco Bittuleri, classe 1979, è il fondatore di Opera, azienda nata in Ogliastra nel 2009 che progetta, costruisce e ristruttura edifici utilizzando pannelli di legno che garantiscono un grado altissimo di salubrità e autosufficienza energetica, con un approccio bioclimatico
Un grande pensiero fisso, quasi un’ossessione. Il bisogno innato di progettare e costruire abitazioni, fin da bambino. Una sorta di attrazione inspiegabile lo spingeva – e lo spinge ancora oggi – a fermarsi a osservare le facciate degli edifici e le linee, a immaginare, sommare, calcolare. La differenza la fa sempre lo sguardo, di chi una scatola non è solo una scatola, se ne sovrapponi due diventano una casa, di chi nel gioco a incastro del tetris vede le proporzioni identiche alle case modulari. «Ho sempre avuto il pallino della casa, casa in quanto elemento finito. Ricordo un viaggio a Barcellona da ragazzino, con gli amici. Trascorrevo la maggior parte del tempo a scattare foto a tutti gli edifici moderni che incontravo, per me erano qualcosa di eccezionale», racconta Marco Bittuleri, 43 anni di Arzana, fondatore dell’azienda innovativa Opera. Non parliamo semplicemente d’impresa, ma del sogno di costruire qualcosa per le precise esigenze della persona, secondo principi che s’ispirano alla natura e al benessere fisico e spirituale.
La scelta della scuola superiore va verso quella direzione: Marco frequenta l’Istituto tecnico per geometri di Lanusei. «Non ero uno studente modello – precisa –, sono stato bocciato. Così per un periodo ho lasciato gli studi e ho iniziato a fare il manovale, ma ho capito che quel lavoro non mi piaceva, sentivo sempre forte il bisogno di progettare, creare qualcosa di mio. Dopo due anni sono tornato a scuola per prendermi il diploma, ho fatto le serali. La mattina andavo a lavorare nello studio di Valter Bortolin, ingegnere e mio professore di costruzioni e topografia. Con lui ho imparato a progettare. Mentre la sera studiavo». Dopo qualche anno comincia a lavorare per la Serit Lavori, azienda con sede a Roma ma operante in Sardegna nel settore dell’edilizia pubblica, dove si occupa di cantieristica e contabilità lavori, all’inizio con il ruolo di preposto di cantiere, poi di direttore tecnico di cantiere per il mercato sardo. «Ci siamo occupati anche dell’ampliamento della scuola dove ho studiato, è stato emozionante. Ma il mio chiodo fisso continuava a essere sempre lo stesso», ricorda Marco.
È dagli anni 2000 che sente parlare di case in legno e si accorge di una predisposizione del mercato verso la prefabbricazione, sfogliando riviste di settore nello studio in cui lavorava. «Quando ho iniziato a parlare della mia idea con qualcuno, in Ogliastra, nei primi tempi mi hanno preso per matto. Mi dicevano che non era percorribile, che non si sarebbe potuta realizzare mai. Poi, studiando per conto mio, ho approfondito la storia del Bauhaus, la scuola d’arte e di architettura più importante del ‘900, fondata dall’architetto Walter Gropius in Germania. Ho scoperto che la prefabbricazione esisteva già negli anni Trenta, era già un pallino di Gropius. Lì ho trovato finalmente qualcosa e qualcuno di concreto a cui ispirarmi», spiega.
Nel 2009 nasce Opera e la rivoluzione dell’abitare: le Bluehouse, edifici costruiti con pannelli di legno che garantiscono un grado altissimo di salubrità e autosufficienza energetica, progettate con un approccio bioclimatico. Da Arzana al Trentino Alto Adige, la rivoluzione green di Marco Bittuleri sta incuriosendo anche il mercato europeo e americano. La filosofia è questa: allontanarsi dall’edilizia tradizionale e dalle colate di cemento per avvicinarsi a un concetto di casa che diventa modulare, su misura, in sintonia con il contesto e con materiale totalmente sostenibili, da vivere il tempo che stiamo su questa terra. «Ho cercato di trovare la soluzione per vivere in maniera dignitosa, – spiega Marco – e dopo dovremmo avere la possibilità di poter smontare tutto e lasciare il territorio, la natura, così come l’abbiamo trovata prima di costruirci sopra. Il problema delle case invendute nei nostri paesi è proprio questo: demolirle costa una fortuna, così le persone costruiscono fuori dai paesi, e all’interno restano mezzo vuoti, con quattro gatti e case così grandi che ospiterebbero venti persone».
I concetti di bello o di brutto sono annullati, non esistono. Esiste solo ciò che funziona e che è contestualizzato nel territorio, il design diventa qualcosa che deve assolvere a una finalità precisa. La casa diventa come un’automobile, da monitorare costantemente nei consumi e nei costi, come un “tagliando”. E i costi? «Noi tutti abbiamo l’abitudine a generalizzare il costo della casa, ma il costo della casa al metro quadro non esiste, è qualcosa che si fa solo per stabilire una vendita sul mercato. Chi la costruisce non può farlo attraverso un valore di mercato. Chi sceglie una Bluehouse è perché si è approcciato alla casa con sensibilità, perché ama quella tipologia costruttiva, per l’aspetto ecologico», spiega Marco.
Oggi Opera conta un team di oltre 15 persone, vanta numerosi riconoscimenti e progetti importanti. «Mi rendo conto che non posso essere il costruttore di tutti. Ho scelto di fare questo lavoro come una scelta di vita, lo faccio a modo mio e sono sicuro che là fuori c’è qualcuno che la pensa come me: è proprio a lui che devo pensare. Sono molto orgoglioso di tutte le soddisfazioni e i successi che stiamo raggiungendo, ma so che non sarò mai arrivato. Quella che voglio realizzare è sempre la casa più “bella”, e per me è sempre quella che dovrò fare domani. Lavorare in questo settore è difficilissimo, ma devo portare avanti il mio sogno», conclude. Ecco qual era la missione di quel bambino che osservava le facciate degli edifici: tradurre le esigenze delle persone attraverso le linee, mettere insieme i numeri e il disegno.
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