Quali animatori per un Cammino sinodale?
di Mons. Antonello Mura.
Recentemente, in vista dei due distinti convegni delle Diocesi di Lanusei (15 ottobre) e di quello di Nuoro (26 novembre), ho incontrato – insieme ai referenti diocesani – gli animatori sinodali indicati dai parroci. Complessivamente settantacinque persone, tutte laiche, con prevalenza delle donne ma con una significativa presenza maschile. Sono stati incontri di ascolto e di condivisione, vivaci come approccio e come riflessione, con disponibilità ampia a mettersi in discussione. Osservati da vescovo sono risultati confortanti e incoraggianti, soprattutto nel rilevare la maturità ecclesiale dei nostri laici che, seppur come gruppo ristretto e scelto, dimostrano di amare la Chiesa e il suo cammino in questo tempo.
Confido che le disponibilità emerse permettano alle singole parrocchie, in questo secondo anno del Cammino sinodale, un rafforzamento del rapporto tra la comunità ecclesiale e i “mondi” attorno a noi, che guardano con curiosità, attenzione e speranza al Vangelo di Gesù. Quest’ultima affermazione – anche come auspicio – è presente nel percorso del secondo anno di ascolto proposto dalla CEI alle Diocesi, anche grazie al riferimento biblico scelto: l’incontro di Gesù con Marta e Maria, nella casa di Betania. In esso risuonano infatti parole quali: cammino, ascolto, accoglienza, ospitalità, servizio, casa, relazioni, accompagnamento, prossimità, condivisione…che – aggiunge il testo della CEI – disegnano “il sogno di una Chiesa come casa di Betania aperta a tutti”.
Agli animatori, non solo in vista dei convegni diocesani, ho proposto di riflettere sulle caratteristiche richieste per animare un gruppo e guidarlo, facendo emergere così quel “camminare insieme” che caratterizza un dialogo sinodale. La prima condizione è far prevalere una conversazione davvero “spirituale”, molto lontana da un chiacchiericcio sterile. Questo avviene quando si privilegia prima di tutto l’ascolto dello spirito santo che parla nella vita delle persone; spirito da invocare e assecondare. E questo rende autenticamente possibile la disponibilità all’ascolto dell’altro e il passaggio nel dialogo dall’ “io” al “noi”, evitando che parole individualiste tolgano spazio alla condivisione e al senso comunitario della conversazione. Un buon animatore di gruppo compie un cammino sinodale quando permette a ogni persona di raccontarsi liberamente, in base alla sua esperienza, senza prendere posizione – né lui né altri – nei suoi confronti, arrivando, infine, a cogliere nel gruppo gli elementi di unità e gli aspetti condivisi che vi sono presenti. Un esercizio metodologico, tutto questo, che può migliorare l’ascolto ad intra nella Chiesa – penso alle riunioni di tutti i tipi che organizziamo – ma che diventa fecondo anche nell’incontro con i “mondi” attorno a noi, ai quali solo così possiamo offrire e ricevere ascolto e incoraggiamento.
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