In breve:

Perché così pochi oratori?

Oratorio

di Fabiana Carta.

“La cura delle giovani generazioni, bambini, ragazzi ma anche adolescenti e giovani, in oratorio si basa da sempre sul ruolo centrale di relazioni personali e significative”.

Don Riccardo Pascolini, presidente del Forum oratori italiani, va dritto al punto e sceglie molto bene le parole: cura e relazioni. L’oratorio dovrebbe essere lo strumento che consente alla Chiesa di svolgere la sua vocazione educativa, uno spazio, un luogo che accoglie e si fa carico dell’altro, valorizza, ascolta.

Nella nostra diocesi ci sono delle bellissime realtà oratoriali, ma sono ancora troppe le parrocchie dove non si riesce ad avviare delle attività che coinvolgano i giovani o la comunità, dove non esiste una programmazione, un progetto pensato per i ragazzi. I problemi e le situazioni variano da paese a paese, restano però dei punti che accomunano tutti. «È quasi scontato che per vivere una dimensione oratoriale nelle nostre parrocchie sia fondamentale la presenza dei nuclei familiari completi, non solo la presenza giovanile o dei ragazzi, e soprattutto non solo la presenza del sacerdote come unico educatore o accompagnatore», spiega don Alfredo Diaz, direttore dell’Ufficio di Pastorale giovanile e vocazionale. A volte si hanno difficoltà a trovare delle forze laiche all’interno della parrocchia, o non si conoscono le potenzialità delle persone che si potrebbero coinvolgere. Non solo volontari, ma anche persone su cui investire con una formazione specifica. «Credo che nelle nostre parrocchie non nascano gli oratori perché non sappiamo bene cosa siano, la maggior parte della gente pensa si tratti delle solite cose, ci si confonde col catechismo o il semplice gioco del pallone – continua don Alfredo –. Oltre alla carenza quasi totale di collaboratori coraggiosi nell’impegno parrocchiale che vogliano uscire dagli schemi conosciuti fino a ora e desiderosi di intraprendere una formazione oratoriale nuova. I tentativi di costituzione oratoriale in alcuni casi sono venuti meno perché è venuta a mancare la famiglia, non abbiamo delle figure adulte capaci di accompagnare i ragazzi».

E allora come fare? «Per creare mentalità oratoriale, secondo me, sarebbe opportuno vivere momenti con tutta la famiglia, al di fuori della Messa domenicale, che rimane comunque il giorno dell’incontro più bello. In modo da poter scoprire le qualità e gli strumenti che abbiamo già, cosa che per distrazione o mille impegni a volte manca a noi sacerdoti e alle nostre comunità parrocchiali», conclude.

È sicuramente vero che spesso basta solo chiedere, avvicinare la comunità per un incontro, uno scambio di idee. «Ho trovato nelle risorse umane del paese le persone che poi alla fine sono quelle che mandano avanti le attività. Capita che nella parrocchia ci siano delle potenzialità che non si conoscono, che restano nascoste, si ha paura di coinvolgerle. Bisogna ragionare in una dimensione d’oratorio nuova e l’unione bisogna cercarla anche al di fuori della Messa», spiega Sergio Mascia, responsabile dell’oratorio interparrocchiale di Lanusei.

L’oratorio può essere anche un luogo rassicurante per i genitori: «Pensiamo che i nostri figli dovrebbero avere un tempo e un luogo dove incontrarsi, stare insieme, condividere esperienze, avere momenti per riflettere e perché no?! anche per pregare – spiega un gruppo di mamme –. È necessario che soprattutto gli adolescenti abbiano opportunità educative di valore, alternative ai pomeriggi che oltre allo studio non offrono niente».

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