Per una Chiesa sinodale e missionaria
di Mons. Antonello Mura.
Nel mese di ottobre vivo a Roma l’esperienza della seconda Sessione del Sinodo dei Vescovi. Su Avvenire, in un diario settimanale in uscita la domenica, racconto parole e gesti di questoincontro, spero aiutando a leggerne i giorni di grazia e a condividerne attese e traguardi, oltre a far emergere la bellezza di una Chiesa che si ritrova a pregare e a riflettere. Ne riporto per il nostro giornale alcuni passaggi svolti finora.
Atmosfera. Siamo tutti suddivisi in tavoli circolari, ognuno con dieci persone, guidate da un facilitatore: per tutti, la preghiera che apre e chiude ogni incontro; l’Instrumentum laboris, come riferimento, e una tecnologia che non fa sprecare tempo. Nel mio primo gruppo, oltre a quattro italiani, sono rappresentati i seguenti Paesi: India, Perù, Brasile, Cipro, Ucraina e Repubblica Ceca. Un intervento, in gruppo o in plenaria, non deve superare i tre minuti, mentre gli orari sono per stakanovisti sinodali: ore 8.45-12.30; 16-19.30, più i tempi di spostamento…
Consapevolezza. Lo strumento di lavoro vuole rispondere alla domanda: Come essere Chiesa sinodale in missione? Quattro le Sezioni nel quale è suddiviso: Fondamenti; Relazioni; Percorsi; Luoghi. Nella prima settimana, dedicata ai Fondamenti, colpisce nel documento l’uso ripetuto del termine consapevolezza. Consapevolezza del processo sinodale e di essere Popolo di Dio e consapevolezza del “volto multiforme della Chiesa”. La Chiesa che amiamo è raggiunta dallo Spirito Santo in ogni parte del mondo. Riassumendo, senza banalizzare, emerge che l’oriente parte sempre da uno sguardo spirituale; l’occidente ha a cuore i cardini della fede; il sud America armonizza religiosità e vita comunitaria.
Relazioni. Dopo i Fondamenti, abbiamo affrontato il tema delle Relazioni in una Chiesa sinodale e missionaria. “Nelle relazioni con Cristo, gli altri e la comunità si trasmette la fede”, scrive il nostro documento. Argomenti quali l’itinerario di preparazione ai sacramenti, il ruolo centrale dell’Eucaristia, i ministeri e i carismi laicali e il ruolo dei ministri ordinati, sono stati particolarmente evidenziati. Nel mio secondo gruppo, composto da rappresentanti della Germania, Perù, Grecia, Hong Kong, Filippine e Romania, oltre a quattro italiani, molto discusso – tenendo conto delle provenienze – l’aspetto delle relazioni tra i cattolici della Chiesa latina e quelli delle Chiese orientali. Argomento non sempre facile da spiegare, ma questione sempre più determinante, se si pensa alle migrazioni in Europa che hanno coinvolto, causa la guerra, milioni di ucraini. L’affermazione più forte, condivisa, è dire che la missione della Chiesa passa da una conversione relazionale.
Percorsi. La formazione – necessità, cura, discernimento e criteri – è l’altra parola chiave. Della formazione se ne parla molto, e tutti la invocano, ma l’impressione (sussurrata) è che tutte le culture lamentino la sua assenza, e soffrano la mancanza di strumenti e di itinerari operativi e, qualche volta, anche delle persone che facciano da guide. Basti pensare alla formazione digitale e alla consapevolezza della sua importanza negli ambienti ecclesiali, in realtà non troppo rimarcata. Altro percorso rilevante, messo in evidenza a ogni latitudine, è quello che porta ad attivare percorsi di trasparenza in ogni campo, non solo in quello economico. Ne guadagna certamente la credibilità della missione della Chiesa.
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