In breve:

Pellegrini di speranza a Roma

Foto di gruppo

di Antonio Carta.

Dal 15 al 20 marzo ha avuto luogo il pellegrinaggio interdiocesano a Roma guidato dal vescovo Antonello, che ha riunito i pellegrini delle due diocesi di Lanusei e Nuoro

C’è un momento preciso in cui il pellegrinaggio inizia davvero. Non è quando si sale sull’autobus, né quando si arriva a destinazione. Il vero inizio avviene quando, tra una preghiera e una battuta, tra un sorriso e un sospiro di fatica, ciascuno di noi si rende conto che non sta percorrendo la strada da solo. Ottantaquattro pellegrini, due diocesi, un solo vescovo e un unico cammino: un pellegrinaggio di speranza, in questo Anno Santo, tra i luoghi più significativi della Città Eterna.

Roma, con il suo fascino intramontabile, non smette mai di sorprendere. Quando la cupola di San Pietro si affaccia tra i palazzi, il brusio del gruppo si riempie di stupore. C’è chi scatta una foto, chi si ferma a prendere un attimo di respiro, mentre il vescovo Antonello incalza il passo per non perdere nemmeno un appuntamento. Per gustare realmente un pellegrinaggio è sempre necessario rinnovare la consapevolezza che non si sta vivendo un semplice viaggio, ma una vera occasione di incontro, con Dio, con gli altri e con se stessi.

Camminare per le strade di Roma con qualcuno accanto è sempre un’esperienza piacevole e confortante. Si sorride, si raccontano storie, i passi si sincronizzano. Ma durante un pellegrinaggio, lo sappiamo bene, a volte bisogna rallentare, altre volte accelerare, altre ancora stringersi l’un l’altro per riuscire a salire tutti insieme sul bus 64.

Durante la visita alle Grotte Vaticane, alcuni di noi si sono lasciati affascinare dalla straordinaria bellezza di quei luoghi, così ricchi di storia e di fede, perdendo temporaneamente l’orientamento, salvo poi riunirsi rapidamente. Mons. Tiziano Ghirelli, canonico di San Pietro, ci ha guidati in un percorso affascinante tra arte, simbolismo e spiritualità. Paola, nostra vivace e instancabile guida di origini ogliastrine, ci ha condotti invece alla scoperta di alcune delle basiliche più emblematiche di Roma, come Santa Maria Maggiore e San Giovanni in Laterano, senza dimenticare la Basilica di Santa Croce, e per alcuni, l’emozionante esperienza dei gradini della Scala Santa. Un monaco benedettino, anch’egli di origini sarde, ci ha invece accompagnato alla scoperta della Basilica di San Paolo, per poi avventurarci successivamente nelle misteriose catacombe di San Sebastiano. Nell’ultimo giorno, la testimonianza di Giustino ha dato un tocco finale di profondità e riflessione al nostro pellegrinaggio.

Tuttavia, tra tutti i momenti vissuti, quelli che resteranno nel cuore di ciascuno sono sicuramente i passaggi attraverso le Porte Sante. Alcuni sono stati vissuti in modo comunitario, altri in maniera più personale e intima. Ogni varco, ogni porta, ha rappresentato un atto di fede, di accoglienza, di perdono. E proprio lì, nel passaggio da un mondo a un altro, si è rivelato il cuore del nostro pellegrinaggio: il cammino fatto insieme, sulla strada di un Dio Misericordia, che si è fatto uomo per camminare tra noi.

Il vescovo Antonello ci ha sempre guidato con parole ricche di saggezza, illuminando il nostro cammino con sguardo profetico e lungimirante. Ogni sua riflessione, ogni sua lettura,ci ha fatto comprendere che il vero significato del pellegrinaggio non risiede solo nei luoghi che abbiamo visitato, ma nel modo in cui li abbiamo realmente vissuti.

Il viaggio di ritorno ha ritmo diverso. Meno parole, più pensieri. Le esperienze forti hanno bisogno di tempo per essere comprese. Forse nessuno di noi torna a casa con risposte definitive, ma una cosa è certa: il pellegrinaggio non è finito. Siamo chiamati a essere pellegrini di speranza ogni giorno. L’ulteriore Porta Santa da attraversare sarà quella della nostra quotidianità, in cui ciascuno di noi può continuare a vivere e a testimoniare la fede rinvigorita nel cuore durante il cammino a Roma.

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