In breve:

Pasqua. Solo l’amore schioda dalla croce

VESCOVO

di mons. Antonello Mura

Nessuno ama appassionarsi alla sofferenza e alla croce. Così come nessuno ama uscire perdente dalla lotta quotidiana contro il male, presente dentro e fuori di noi. Nessuno quindi ama la croce per la croce, anche se ognuno ne incontra e ne affronta diverse nella propria vita.
Consegnarsi alla propria storia, così come parteciparvi pienamente, significa cercare di dare un senso alla vita e alla morte. Pena, all’opposto, rimanere schiavi del non senso o del vuoto. Dolore, sofferenza, ma anche fatica, sacrificio, persino la tristezza – con tutti i possibili sinonimi – costituiscono lo scenario con il quale confrontarsi ogni giorno.
Qual è il segreto del credente di fronte a tutto questo? L’impegno è “tenere fisso lo sguardo su Gesù” (cf Eb 12,1-4). Sia per superare un’immagine distorta su Dio, presentato o talvolta percepito come Colui che “manda” le croci, ma anche per vincere l’idea che “prendere la croce” sia un gesto di rassegnazione. La scoperta a cui è continuamente chiamato il credente è invece quella di fissare il proprio sguardo su Colui che, amando fino alla fine, dà senso alla vita. In altre parole: domandarsi perché Gesù morì in croce equivale a chiedersi prima di tutto come visse.
Gesù si è lasciato inchiodare sulla croce non perché ha sofferto ma perché ha amato; e se è vero che nessuno ama inchiodarsi, ma piuttosto schiodarsi dal male e da ogni croce, la risurrezione di Gesù è la dimostrazione che il Padre – Dio – darà la vita a chi ama la vita e donerà futuro a chi non si è rassegnato a un presente di male e di sofferenza. Il credente che segue Gesù, per poter attingere vita dalla sua risurrezione, non evita di conformarsi a lui anche nella sua passione e nel suo modo di morire. E si collocherà in un orizzonte di fede che gli fa annunciare, vivere e celebrare questa certezza: non ci si può schiodare dalle nostri croci senza prima aver imparato ad inchiodarci ad esse, abbracciandole senza rifiutarle, accogliendole senza paura di perderci in esse. Per amore.
La Pasqua è una bella notizia perché la vita di Gesù dimostra che la morte che risorge è come un frutto, nato dal dono di sé. E’ il frutto di una vita offerta per affrontare e sconfiggere tutte le dinamiche di morte che incontriamo, e alle quali Dio non ha assistito passivamente o da lontano, ma nelle quali si è immerso totalmente, fino a morirne. E’ l’amore quindi che merita la vita eterna. Il trionfo di Gesù nella risurrezione è il trionfo della volontà di Dio: “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati” (1Tm 2,4); salvati dalla morte, da ogni tipo di morte e non solo da quella che spegnerà questa esistenza terrena.
“Tenere fisso lo sguardo su Gesù” è una scelta di vita per combattere ogni giorno la tentazione di farsi guidare ad esempio dalla disperazione, dalla rabbia, dall’angoscia o dalla paura: sentimenti che non sembrano finire mai. Scegliendo quindi di attualizzare il modo con cui Cristo ha sconfitto la morte: offrendosi tutto a Dio Padre e non sottraendosi dall’amare nonostante la sofferenza e l’odio. E morire così è vivere. Con fede osiamo dire che con Gesù risorto l’amore resta più forte di ogni rifiuto e di ogni debolezza.
Anche nel nostro territorio abbiamo bisogno di persone che contrastano con forza tutte le dinamiche di morte, di incompletezza e di imperfezione; persone che dove c’è odio si impegnino ad esercitare amore; dove c’è violenza abbiano atteggiamenti di mansuetudine e di mitezza; dove c’è il peccato compiano gesti di amore e di misericordia; dove c’è divisione mettano in moto dinamiche di fraternità, di comunione e di amicizia.
Buona Pasqua.

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