In breve:

Padre per sempre

Mammato

di Augusta Cabras.

Mario Mammato, è padre di tre figli: Alfonso Maria, Chiara Elena e Riccardo. Nel 2012, Chiara Elena, dopo una malattia, muore a soli 12 anni. È l’esperienza dolorosa di un padre che in Dio, con la preghiera, trova forza e consolazione.

La lingua italiana è ricchissima di parole, espressioni, suoni. Pare che consti di 270.000 unità lessicali, i lessemi appunto, le parole. E parole sono anche le varie forme che i lessemi prendono una volta flessi per genere, numero, tempi verbali. In totale la lingua italiana dispone di circa 2 milioni di parole dicibili e scrivibili. Quante poi ne usiamo noi effettivamente, è un’altra storia.

C’è una parola per descrivere ogni elemento della natura, anche quella più piccola e invisibile, dal micro al macro; per delineare sfumature di sentimento e colore, carattere e circostanza. Ma in mezzo a questi due milioni di parole ne manca una. E la sua assenza spiega forse l’insostenibile, l’inenarrabile, l’abisso più profondo in cui una persona viene scaraventata. È il dolore per la perdita di un figlio o di una figlia.

Nella nostra lingua, così come in altre (non in tutte), una parola che indichi questa esperienza non c’è. Perché non ci sono parole, e se ci sono forse, possono capirle solo le persone che ne condividono la portata. Mario Mammato è padre di tre figli: Alfonso Maria, Chiara Elena e Riccardo. Nel 2012 Chiara Elena muore dopo una malattia sostenuta con grande coraggio e fede, per una bambina che ha poco più di 10 anni. Raccontare la storia di Chiara, per papà Mario, è difficilissimo. Il ricordo si bagna di lacrime che scendono senza sosta, la voce si spezza continuamente, le parole non sono sufficienti perché sopravvivere alla morte di un figlio è l’esperienza più dura a cui un genitore può essere chiamato. «In mezzo a tanto dolore – ricorda – siamo stati sostenuti da tutta la comunità ogliastrina, dalla Chiesa, dalle associazioni, dai sindacati, dalle scuole. Tutti insieme per Chiara. Da soli sarebbe stato impossibile reggere così tanta sofferenza. Anche mia moglie Maria Stella è andata via, a causa di una malattia, tre anni dopo Chiara. Siamo rimasti in tre e non è semplice. Mi salva Dio, la mia fede che nel tempo si è rafforzata, la preghiera costante, i miei figli, la mia famiglia, i ricordi belli vissuti con Chiara e Maria Stella, alcuni segni speciali e la certezza che loro ci siano ancora e che ci rincontreremo là dove comprenderemo i disegni di Dio, ora imperscrutabili».

Chiara, ricorda Mario, era una bambina serena e allegra. Nella sua parrocchia faceva parte del gruppo dei ministranti e con gioia viveva la sua esperienza di fede. «Ricordo quando eravamo ospiti delle suore domenicane a Roma. Chiara era nel letto dell’ospedale. Mentre guardava dalla finestra il verde del giardino bellissimo, spontaneamente disse: «Vieni, vieni mio Gesù, in possesso del mio cuore, tu sei fiamma, tu sei amore, io vivo solo per Te». Una preghiera bellissima, straordinaria, sulle labbra di una bambina con un grande desiderio di vita, impegnata nella lotta contro la malattia, ma completamente affidata a Cristo. «Mi chiedo sempre se sono stato e se sono un buon padre», dice Mario. È la domanda che assilla i genitori nel desiderio costante che i figli siano felici. È l’amore che la suscita. E anche quando la morte porta via i nostri cari, l’amore donato e l’amore ricevuto, permette di sostenerne il peso. Anche quello della perdita di una figlia. Perché nell’amore si è padri per sempre.

 

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