di Daniele Rocchi.
Yshay Dan, franco-israeliano, ha perso la cognata Carmela, di 80 anni, e la nipote Noya, bambina autistica di 12 anni, grande fan di Harry Potter, nel corso dell’attacco terroristico del 7 ottobre di Hamas a Israele. Le hanno ritrovate morte abbracciate, nel kibbutz di Nir Oz, dopo che la loro famiglia aveva sperato che fossero state prese come ostaggi. Sorte invece capitata a suo nipote, Ofer Kalderon, 53 anni, portato nella Striscia di Gaza con i suoi due figli, Sahar,16 anni, ed Eretz, 12. Questi ultimi due sono stati rilasciati martedì 28 novembre da Hamas nell’ambito dell’accordo con Israele, mediato da Qatar, Egitto e Usa. Ofer è ancora tenuto in ostaggio insieme ad altri israeliani. «Non sappiamo nulla delle loro condizioni» dice al Sir (Servizio di Informazione Religiosa), Yshay il cui cognome deriva da una delle dodici tribù di Israele, quella di Dan, che secondo il libro di Giosuè ebbe in eredità due parti della Terra Promessa poste al Nord.
Yshay, tra i fondatori del kibbutz di Nir Oz, uno di quelli attaccati da Hamas, ha incontrato Papa Francesco, a margine dell’udienza del mercoledì nella quale il Pontefice ha reiterato il suo appello «a pregare per la grave situazione in Israele e in Palestina. Pace, per favore, Pace. Auspico che prosegua la tregua in corso a Gaza, affinché siano rilasciati tutti gli ostaggi e sia ancora consentito l’accesso ai necessari aiuti umanitari».
Parole ben accolte da Yshay che vanta di avere sempre avuto buoni rapporti con gli abitanti di Gaza. Suo fratello Uri, la cui moglie è stata uccisa, per anni ha accompagnato gratuitamente i gazawi bisognosi di cure negli ospedali israeliani. Al termine dell’udienza il Sir lo ha intervistato.
Come è andato l’incontro con Papa Francesco?
Ringrazio moltissimo il Pontefice. Ho avvertito qualcosa che prima non conoscevo, ovvero il fatto che lui può dare una speranza, la speranza. Non so se sia “una” speranza o “la” speranza, ma l’ho guardato negli occhi e ho parlato con lui. Mi ha sorpreso constatare con quanta attenzione stesse ascoltando quanto gli stavo dicendo. Gli ho mostrato la foto della mia famiglia – due di loro erano in ostaggio fino a due giorni fa, un altro lo è ancora – e gli ho parlato di tutti i cento e più ostaggi. Mi ha detto di pregare per la pace tra Israele e i palestinesi, per gli ostaggi e per coloro che soffrono o sono malati. Gli ho mostrato la foto degli ostaggi, lui ha poggiato la sua mano sulla mia e mi ha detto, in francese: «Sono con te, pregherò per questo e non dimenticarlo».
Per tutto questo tempo il suo sguardo è stato rivolto a me. In Israele ci sono dei grandi rabbini e quando parlano sono in grado di trasmettere una grandissima forza. Questo è esattamente ciò che ho percepito. Vorrei precisare che non sono un credente, sono agnostico. Ma se vuole sapere cosa ho provato esattamente, la risposta è che ho provato qualcosa di molto forte che non saprei definire.
Cosa pensa della tregua e dell’accordo per il rilascio degli ostaggi?
Non ho una risposta perché non so il motivo di tutto questo. Penso che nessun uomo al mondo ce l’abbia. Credo che il Qatar dia soldi per ottenere il rilascio degli ostaggi. Non sappiamo cosa sia successo, non ho una risposta chiara a questa domanda.
Ha speranze per il futuro rilascio degli altri ostaggi, è fiducioso?
Non lo sono affatto. Ho imparato a convivere con il pensiero che non sono più vivi e mi sorprendo soltanto quando accade qualcosa di positivo.
Ha avuto modo di parlare con i familiari degli ostaggi già liberati?
Ho avuto l’opportunità di parlare con la figlia di mio fratello, i cui due figli sono stati liberati. Mi ha detto che i loro bambini sono molto tristi, non parlano. E lei non insiste nel farli parlare. Ha saputo di uno dei bambini preso in ostaggio il quale ha affermato che sono stati costretti a vedere i filmati di Hamas che documentano le atrocità compiute in Israele, hanno potuto vedere ciò che è stato fatto alle donne, come hanno tagliato la testa del neonato. È orribile. Forse anche i figli di mio fratello hanno visto queste immagini, ma non parlano. Le poche volte che lo fanno, parlano molto lentamente e sottovoce, come se fossero in uno stato di shock. Ma non ho certezza di questo.
Si sta discutendo di un prolungamento della tregua. Questa settimana è prevista la visita del Segretario di Stato americano Anthony Blinken in Israele e in Cisgiordania, mentre si attende il rilascio di nuovi ostaggi e prigionieri. Lei crede in una vicina conclusione della guerra?
Io e la maggior parte delle persone attaccate da Hamas nel sud di Israele abbiamo grossi problemi che rispondono al nome di Benjamin Netanyahu e dei coloni. Penso che sia loro interesse che la guerra continui, quindi non credo che ci chiederanno se vogliamo la pace o meno. Dicono che bisogna continuare a combattere perché credono nelle parole dei profeti o non so cosa.
A suo parere esiste la possibilità che, in un futuro prossimo, israeliani e palestinesi possano convivere pacificamente?
Sì. Sono sicuro che faremo il possibile a riguardo.
Faremo la pace con i cittadini arabi e loro la faranno con noi e sono sicuro che l’accetteranno. Sono persuaso che la maggior parte di loro voglia la pace con Israele. La maggior parte degli israeliani ricerca la pace, intesa come pari dignità, non una pace che implica che noi saremo il re e i palestinesi gli schiavi. Nessuno vuole questo. Nessuno spirito di vendetta. So che dobbiamo vivere insieme in pace perché può essere un paradiso. Ricostruiremo Gaza, ne sono sicuro. E sarà per i palestinesi, non per l’esercito e non per il governo. Spero ci sia un cambio di governo e finalmente la pace con il nostro vicino.
Nessuno spirito di vendetta. Dobbiamo vivere in pace
di Daniele Rocchi.
Yshay Dan, franco-israeliano, ha perso la cognata Carmela, di 80 anni, e la nipote Noya, bambina autistica di 12 anni, grande fan di Harry Potter, nel corso dell’attacco terroristico del 7 ottobre di Hamas a Israele. Le hanno ritrovate morte abbracciate, nel kibbutz di Nir Oz, dopo che la loro famiglia aveva sperato che fossero state prese come ostaggi. Sorte invece capitata a suo nipote, Ofer Kalderon, 53 anni, portato nella Striscia di Gaza con i suoi due figli, Sahar,16 anni, ed Eretz, 12. Questi ultimi due sono stati rilasciati martedì 28 novembre da Hamas nell’ambito dell’accordo con Israele, mediato da Qatar, Egitto e Usa. Ofer è ancora tenuto in ostaggio insieme ad altri israeliani. «Non sappiamo nulla delle loro condizioni» dice al Sir (Servizio di Informazione Religiosa), Yshay il cui cognome deriva da una delle dodici tribù di Israele, quella di Dan, che secondo il libro di Giosuè ebbe in eredità due parti della Terra Promessa poste al Nord.
Yshay, tra i fondatori del kibbutz di Nir Oz, uno di quelli attaccati da Hamas, ha incontrato Papa Francesco, a margine dell’udienza del mercoledì nella quale il Pontefice ha reiterato il suo appello «a pregare per la grave situazione in Israele e in Palestina. Pace, per favore, Pace. Auspico che prosegua la tregua in corso a Gaza, affinché siano rilasciati tutti gli ostaggi e sia ancora consentito l’accesso ai necessari aiuti umanitari».
Parole ben accolte da Yshay che vanta di avere sempre avuto buoni rapporti con gli abitanti di Gaza. Suo fratello Uri, la cui moglie è stata uccisa, per anni ha accompagnato gratuitamente i gazawi bisognosi di cure negli ospedali israeliani. Al termine dell’udienza il Sir lo ha intervistato.
Come è andato l’incontro con Papa Francesco?
Ringrazio moltissimo il Pontefice. Ho avvertito qualcosa che prima non conoscevo, ovvero il fatto che lui può dare una speranza, la speranza. Non so se sia “una” speranza o “la” speranza, ma l’ho guardato negli occhi e ho parlato con lui. Mi ha sorpreso constatare con quanta attenzione stesse ascoltando quanto gli stavo dicendo. Gli ho mostrato la foto della mia famiglia – due di loro erano in ostaggio fino a due giorni fa, un altro lo è ancora – e gli ho parlato di tutti i cento e più ostaggi. Mi ha detto di pregare per la pace tra Israele e i palestinesi, per gli ostaggi e per coloro che soffrono o sono malati. Gli ho mostrato la foto degli ostaggi, lui ha poggiato la sua mano sulla mia e mi ha detto, in francese: «Sono con te, pregherò per questo e non dimenticarlo».
Per tutto questo tempo il suo sguardo è stato rivolto a me. In Israele ci sono dei grandi rabbini e quando parlano sono in grado di trasmettere una grandissima forza. Questo è esattamente ciò che ho percepito. Vorrei precisare che non sono un credente, sono agnostico. Ma se vuole sapere cosa ho provato esattamente, la risposta è che ho provato qualcosa di molto forte che non saprei definire.
Cosa pensa della tregua e dell’accordo per il rilascio degli ostaggi?
Non ho una risposta perché non so il motivo di tutto questo. Penso che nessun uomo al mondo ce l’abbia. Credo che il Qatar dia soldi per ottenere il rilascio degli ostaggi. Non sappiamo cosa sia successo, non ho una risposta chiara a questa domanda.
Ha speranze per il futuro rilascio degli altri ostaggi, è fiducioso?
Non lo sono affatto. Ho imparato a convivere con il pensiero che non sono più vivi e mi sorprendo soltanto quando accade qualcosa di positivo.
Ha avuto modo di parlare con i familiari degli ostaggi già liberati?
Ho avuto l’opportunità di parlare con la figlia di mio fratello, i cui due figli sono stati liberati. Mi ha detto che i loro bambini sono molto tristi, non parlano. E lei non insiste nel farli parlare. Ha saputo di uno dei bambini preso in ostaggio il quale ha affermato che sono stati costretti a vedere i filmati di Hamas che documentano le atrocità compiute in Israele, hanno potuto vedere ciò che è stato fatto alle donne, come hanno tagliato la testa del neonato. È orribile. Forse anche i figli di mio fratello hanno visto queste immagini, ma non parlano. Le poche volte che lo fanno, parlano molto lentamente e sottovoce, come se fossero in uno stato di shock. Ma non ho certezza di questo.
Si sta discutendo di un prolungamento della tregua. Questa settimana è prevista la visita del Segretario di Stato americano Anthony Blinken in Israele e in Cisgiordania, mentre si attende il rilascio di nuovi ostaggi e prigionieri. Lei crede in una vicina conclusione della guerra?
Io e la maggior parte delle persone attaccate da Hamas nel sud di Israele abbiamo grossi problemi che rispondono al nome di Benjamin Netanyahu e dei coloni. Penso che sia loro interesse che la guerra continui, quindi non credo che ci chiederanno se vogliamo la pace o meno. Dicono che bisogna continuare a combattere perché credono nelle parole dei profeti o non so cosa.
A suo parere esiste la possibilità che, in un futuro prossimo, israeliani e palestinesi possano convivere pacificamente?
Sì. Sono sicuro che faremo il possibile a riguardo.
Faremo la pace con i cittadini arabi e loro la faranno con noi e sono sicuro che l’accetteranno. Sono persuaso che la maggior parte di loro voglia la pace con Israele. La maggior parte degli israeliani ricerca la pace, intesa come pari dignità, non una pace che implica che noi saremo il re e i palestinesi gli schiavi. Nessuno vuole questo. Nessuno spirito di vendetta. So che dobbiamo vivere insieme in pace perché può essere un paradiso. Ricostruiremo Gaza, ne sono sicuro. E sarà per i palestinesi, non per l’esercito e non per il governo. Spero ci sia un cambio di governo e finalmente la pace con il nostro vicino.