In breve:

Nei meandri della mente umana

Paolo Usai

di Fabiana Carta.
Psicologia: scienza de’ sentimenti, delle passioni e del cuore umano. A noi piace vederla così, con gli occhi di un poeta come Giacomo Leopardi.
Paolo Usai, psicologo trentaduenne ogliastrino trapiantato in Francia, ci racconta la sua storia. Dopo il diploma al Liceo Scientifico di Tortolì, in quella delicata fase di vita dove bisogna decidere cosa fare del proprio futuro, decide di partire a Roma e frequentare l’Università della capitale che vantava tra i docenti alcuni tra i più importanti pionieri e studiosi della psicologia italiana. «La psiche umana mi ha sempre affascinato, insieme al desiderio di esplorarne il funzionamento, di studiare e capire i meccanismi dietro diversi stati d’animo ed emozioni», mi spiega.
Dopo gli anni universitari arriva un’altra delicata fase, quella in cui bisogna scegliere se tornare a casa o trovare il proprio percorso lavorativo altrove. Da una parte Roma, la sua frenesia e i costi degli affitti, dall’altra la Sardegna e i suoi ritmi tranquilli che lo convincono a tornare in patria l’indomani stesso del conseguimento della laurea. «A Cagliari ho svolto il tirocinio post-laurea e ho ottenuto l’abilitazione alla professione di psicologo. Tra Cagliari e l’Ogliastra ho poi avuto diverse esperienze lavorative in qualità di educatore e operatore domiciliare nell’accompagnamento di persone portatrici di disabilità e di adolescenti in situazione di disagio psicosociale. Si è sempre trattato di incarichi brevi, con contratti a progetto, che mi hanno fatto toccare con mano la difficoltà di trovare un impiego stabile, adeguato alle competenze acquisite in formazione e che mi permettesse di fare progetti per il futuro». Decide temporaneamente di tornare a Roma per continuare a formarsi frequentando un master, nella speranza che un titolo in più potesse facilitare la ricerca di un impiego più stabile.
Poi la svolta: «Poco tempo dopo aver ottenuto il master, sono capitato quasi per caso su un bando per svolgere il progetto Leonardo all’estero, in ambito medico-sociale»: uno stage di tre mesi a Perpignan (nel sud della Francia) in un Ime (Istituto Medico-Educativo), un centro che accoglie bambini e ragazzi affetti da disabilità intellettive. «Mi sono ritrovato dall’oggi al domani in un altro mondo, un centro all’avanguardia dove tutto è pensato e strutturato in funzione ai bisogni particolari di ogni bambino: dagli arredi, alla disposizione degli spazi, ai colori delle pareti scelti tenendo conto delle particolarità sensoriali del pubblico accolto. Lì ho potuto appurare che un accompagnamento di qualità per le persone affette da disabilità psichica è possibile quando si dispone di risorse adeguate che permettono di finanziare le formazioni e i corsi di aggiornamento continuo per il personale, le attività pedagogiche ed educative, supporti e materiale specifico. E i risultati dell’accompagnamento proposto sono tangibili e misurabili, con progressi nell’autonomia negli atti della vita quotidiana, nella comunicazione, nelle abilità sociali, nel comportamento, etc.». Dopo lo stage Paolo capisce che il suo futuro lavorativo sarebbe stato in Francia, ma gli ostacoli non hanno tardato a presentarsi: per poter lavorare come psicologo c’era bisogno dell’equivalenza della laurea. Per ottenerla ha dovuto aspettare un anno, tra i tempi necessari per i documenti e certificati dell’Università di Roma, la traduzione dei documenti da parte di un traduttore certificato e in seguito l’invio di tutto al ministero competente di Parigi, insieme all’attesa che la commissione si riunisse per esaminare il dossier e rendesse il suo titolo di psicologo valido in Francia. «La ricerca di un lavoro come educatore nell’attesa di poter lavorare come psicologo si è subito rivelata un fallimento. I francesi sono molto precisi ed esigono un titolo di studio specifico per ogni mestiere: per fare l’educatore occorre avere il diploma da educatore, a differenza dell’Italia, i mestieri di psicologo ed educatore sono ben distinti. La mia tenacia mi ha comunque permesso di trovare un primo lavoro a Parigi per tre mesi, come auxiliaire de vie (una sorta di assistente domiciliare) presso una famiglia con un bambino autistico. Questo primo contratto mi ha permesso di ottenere alcuni diritti essenziali, come la copertura sanitaria e la possibilità di iscrivermi al Pôle Emploi (l’equivalente del nostro ufficio di collocamento). In seguito sono tornato nel Sud, sempre a Perpignan, dove ho lavorato essenzialmente come auxiliaire de vie presso famiglie con figli disabili e come animatore in soggiorni di vacanza specializzati per persone affette da disturbi mentali».
Una bella gavetta che lo ha condotto al lavoro dei suoi sogni. «Una volta ottenuto il riconoscimento della laurea, dopo cinque mesi di ricerche ho firmato un contratto a tempo indeterminato a l’Unapei66, un’associazione che gestisce tredici strutture e servizi rivolti a bambini e adulti portatori di handicap mentale e psichico. Nello specifico sono psicologo in un Sessad (servizio rivolto a bambini e ragazzi dai 4 ai 20 anni, con un ritardo mentale medio/leggero) e in una Mas (struttura residenziale specializzata per adulti con ritardo mentale severo e autismo)».
Un altro mondo rispetto all’Italia: «Le differenze sono tante, a partire dal fatto che vengono valorizzate le reali competenze e il livello di studi di ciascuno. In Francia la gavetta si fa durante i tirocini, ma poi ognuno fa il lavoro per cui ha studiato e le competenze le sviluppa attraverso dei corsi di formazione continua organizzati dall’azienda o chiesti dal dipendente stesso e in ogni caso finanziati dal datore di lavoro. Nel centro dove feci il tirocinio post-laurea in Sardegna c’erano ritardi di diversi mesi nel pagamento degli stipendi ai dipendenti e anche le risorse finanziarie per l’acquisto di materiale educativo necessario per l’animazione delle attività terapeutiche erano molto scarse, cosi come quelle per mettere benzina al minibus per proporre un’uscita. Qui le condizioni di lavoro sono migliori, le aziende prestano molta attenzione al benessere dei dipendenti. Ad esempio una volta all’anno ci vengono regalati dei cheques vacances del valore di circa 200 euro (buoni da spendere per le vacanze, ad esempio per pagare una camera d’albergo o delle cene in ristorante). Questo perché prevale l’idea secondo cui la qualità del lavoro è proporzionale alla qualità di vita in generale, quindi se hai una vita soddisfacente e ti svaghi rendi di più a lavoro»”.
Nonostante la forte mancanza della famiglia, degli amici e della buona pizza, Paolo mi conferma che sì, il suo futuro lo vede francese.

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