L’universalità e il diritto di accesso alle cure
di Virgilio Mura.
“Signore non ho nessuno che mi immerga nella piscina” (Gv 5,7)
La cura per la vita umana a tutti i livelli è uno dei tratti caratteristici del ministero di Gesù. Questa cura è estesa a tutti, a chiunque Egli incontri e, direttamente o indirettamente, chieda il suo intervento, senza preclusioni dettate dalle barriere sociali, culturali o religiose. È proprio tale cura – attuata nell’azione terapeutica di Gesù – il segno visibile che il tempo messianico della salvezza è presente. Alla domanda «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?», Gesù risponde rimandando ai segni di questa cura di Dio per la vita: «Andate e riferite…ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti resuscitano, ai poveri è annunciata la buona novella» (cfr. Lc 7,20-22). Dentro questo orizzonte ampio, può essere riletto anche Gv 5,1-18, che – in uno stile tipico dell’evangelista – congiunge un racconto di guarigione e la disputa che da esso scaturisce, con la finalità di rivelare l’identità misteriosa di Gesù e suscitare la fede in Lui.
Il racconto di guarigione (vv. 1-9).
La collocazione temporale è generica: si tratta di una, non meglio precisata, “festa dei giudei” che giustifica la presenza di Gesù a Gerusalemme.
In seguito, diventerà rilevante il fatto che essa “è di sabato”. Più dettagliata è l’ambientazione topografica. Il narratore allude a una zona di Gerusalemme in prossimità della “porta delle pecore”, che avrebbe dato il nome alla piscina (chiamata in ebraico Betzatà) alimentata periodicamente da una corrente d’acqua proveniente o da una sorgente a intermittenza o da acqua ferma, che in certi momenti veniva spinta dentro la vasca, al fine di aumentarne il valore curativo.
Sotto i portici della piscina – come in un grande ambulatorio a cielo aperto – staziona un grande numero di malati di ogni genere – “ciechi, zoppi e paralitici” – che sperano di poter essere toccati dalla potenza risanatrice dell’acqua agitata: tutti ritengono di essere degni di cura. A colpire lo sguardo attento del Maestro è la situazione disperata di un uomo che da trentotto anni è paralizzato: Gesù si sofferma sulla sua condizione di immobilità, ne intuisce il perdurare nel tempo e gli pone la domanda tesa a fargli esprimere la sua interiorità «Vuoi guarire?». Quell’uomo malato è “unico” davanti a Lui e non “uno tra i tanti”.
Restituito alla sua dignità, l’uomo è ora in grado di esternare il suo desiderio. L’appellativo “Signore…” è un’invocazione di chi sa bene che per le sue sole forze la guarigione diventa impossibile. È di fronte al desiderio di vita di quest’uomo e alla constatazione della non-curanza e dell’impotenza umana che Gesù decide di intervenire con la sua parola potente e autoritativa: «Alzati, prendi la tua barella e cammina».
Di fatto Gesù è preoccupato di aprire alla riflessione religiosa quest’uomo, partendo da un’esperienza di felicità semplicemente umana; la guarigione è segno di una salvezza che si dà pienamente nella riconciliazione e in una conseguente vita nuova, libera dal peccato.
Giornata del Malato in Diocesi
Venerdì 9 febbraio, alle ore 16.00, nel Santuario della Madonna d’Ogliastra in Lanusei, in collaborazione con l’Unitalsi, avrà luogo la Santa Messa presieduta dal vescovo Antonello.
Preghiera per la XXXII Giornata Mondiale del Malato
Padre, ricco di misericordia,
guarda le nostre ferite,
risana i cuori afflitti
e guida i nostri passi.
Fa’ che nella sofferenza
non ci sentiamo soli,
che qualcuno prenda le nostre mani
e ci doni quella pace che,
attraverso Cristo, viene da Te.
Facci respirare già su questa terra,
per il dono dello Spirito Santo,
quell’aria di cielo
che un giorno godremo con Te. Amen.
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