Lo statuto non può essere un problema
di Mons. Antonello Mura.
La nostra diocesi dal 2015 riflette sull’organizzazione delle feste religiose nelle parrocchie. Raccoglie dati ed esperienze, in un confronto continuo tra vescovo e sacerdoti, allargando inoltre la riflessione ai comitati (dicembre 2016 –marzo 2017),ai quali chiede suggerimenti e rilievi in vista di uno Statuto che indichi alcune Linee comuni.L’obiettivo è salvaguardare la tradizione e la significatività della festa dedicata alla Vergine Maria o a un Santo, ma anche regolamentarla secondo i seguenti criteri: collaborazione con i sacerdoti, trasparenza economica e tutela delle norme ecclesiastiche, civili e fiscali.
L’8 dicembre 2017, il decreto contenente lo Statuto e il regolamento viene pubblicato, sottoscritto da tutti i sacerdoti.
Dunque, ora qual è il problema? Quali sono le difficoltà di cui si parla, alimentate da varie fonti? Lasciando da parte la scorrettezza di certi commenti apparsi sui social, sufficienti a intuire lo spessore di chi li scrive, colpisce la leggerezza e l’inesattezza che ha contagiato alcuni – anche nelle nostre comunità – nell’interpretazione non corretta dello Statuto. Se è vero che questo dimostra quanto dobbiamo impegnarci – vescovo e presbiteri – nella formazione di coscienze libere e responsabili, umanamente robuste e cristianamente credibili, esso conferma che probabilmente qualcuno si è sentito “disturbato” da queste disposizioni.
Mi chiedo: per quale motivo?
Davvero nascerebbero delle difficoltà dall’attuazione dello Statuto? Non può essere prima di tutto un problema stabilire che si deve collaborare tra i comitati e la parrocchia, perché i primi sanno che prendersi l’impegno di celebrare la festa religiosa è molto diverso dal farlo per una sagra o per un evento solo civile. Non può essere un problema neanche che il parroco, oltre che dal comitato – che va comunque approvato come tale – sia aiutato dal suo consiglio parrocchiale o da quello degli affari economici, perché quest’ultimo – anche per il diritto – deve vigilare sulle spese della comunità cristiana. Non è un problema, credo, la trasparenza economica, perché come in una famiglia, prima di stabilire delle spese, bisogna sapere di quali risorse si dispone, e oltre al comitato lo devono sapere anche coloro che hanno fatto delle offerte per la festa, e il parroco a nome di tutti. Non è neanche un problema, immagino, che alcune spese (predicatore, utenze, fiori, assicurazioni, pulizia dei locali…) siano comunicate a tutti, comparendo nel bilancio preventivo e consuntivo. E non è un problema che tutti conoscano le risorse destinata a opere di carità nella parrocchia, ad esempio per i malati o per altre realtà disagiate. Così come nessuno, credo, possa vedere come problema che le fatture o le ricevute dei compensi, destinate agli artisti e agli ospiti della festa civile, siano regolarmente registrate e conservate in parrocchia, perché a risponderne legalmente è sempre il parroco.
E se poi queste disposizioni sono in alcuni casi già attuate da alcuni comitati, che problema c’è se ora lo Statuto le sancisce e le comunica a tutti, perché vengano messe in pratica anche da quelli che finora non l’hanno fatto?
E infine, per favore, non diamo origine a un problema che non esiste: infatti né la diocesi, né il vescovo potrà, dovrà o vorrà ricevere gli eventuali avanzi della festa, perché non solo questo non è scritto da nessuna parte, ma è totalmente contrario alla verità e al senso dello Statuto. Solo il comitato, d’accordo con il parroco, gestirà queste risorse.
Quindi, qual è il problema?
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