In breve:

L’essenziale

bimbi-che-giocano

di Claudia Carta.
È curioso. Quando mi apprestavo a scrivere questo piccolo spazio, lo scorso mese, eravamo i privilegiati, figli della zona bianca. Oggi, nello stesso istante, siamo rossi tendenti al marrone, con l’intero Stivale che fa di noi un esempio da nonseguire. Ma tant’è.
Il copione è ormai noto, altrettanto lo è il delirio della gente. E tra lunghe file ai supermercati e prenotazioni disperate dal parrucchiere, ci sono anche i genitori che attendono le cerimonie di Prima Comunione e Cresima per i propri figli e che, con lo scattare della zona rossa, vedono ancora una volta compromessa la buona riuscita della festa.
«Sono disperata – commentava una mamma in un negozio di calzature – non si può nemmeno fare il pranzo in ristorante. Mio figlio c’è rimasto davvero male. E adesso, con la zona rossa, non posso nemmeno comprare la torta! Ve lo immaginate? Il mio bambino piangeva. Meno male che almeno a Messa è insieme ai suoi compagni!».
Sorrido. E penso.
Se da un lato è drammaticamente vero che i piccoli e gli adolescenti stanno pagando un prezzo altissimo più di chiunque, in termini di disagio psicologico, di frustrazione, di tristezza e mancanza di relazione e contatto stretto con i coetanei, dall’altro è altrettanto vero che l’attenzione di noi adulti sul nulla è qualcosa che lascia sconfortati.
Non tanto perché si può stare anche all’interno di una spelonca – esageriamo – e inventarsi una festa senza eguali per originalità e fantasia; non solo perché ormai, figli ingloriosi dei tutorial You Tube e seguaci di chef pluristellati, potremmo fare una torta al giorno, pur sapendo distinguere a mala pena l’alchermes dall’alcol etilico, ma perché non si riesce a sottolineare e rendere speciale quel momento così grande, emozionante e indimenticabile che è la celebrazione del Sacramento e che i ragazzi vivranno, eccome, insieme, fra sguardi, occhi che sorridono, canti e cuore che batte forte.
Non dimenticherò mai ciò che un sacerdote mi raccontò di aver fatto, un anno, nella sua parrocchia: «Ho organizzato una gita al monte con tutti i bambini di Prima Comunione, al termine del loro percorso di preparazione. Con loro erano presenti anche le catechiste. Hanno giocato, mangiato, corso come matti e hanno pregato. Ho celebrato la Messa e ho fatto fare lì la Prima Comunione. Niente li distraeva. Erano felici. Di quella felicità essenziale. Quando sono rientrato, l’ho comunicato alle mamme».
«E loro?», ho chiesto basita, immaginando la risposta.
Ha sorriso.
Avevo immaginato bene.

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