La tenerezza del Mistero
di Tonino Loddo.
«Se potessi fare a modo mio», diceva lo Scrooge del celebre A Christmas Carol di Charles Dickens, datato 1843, «ogni idiota che se ne va in giro a dire “Buon Natale” finirebbe bollito insieme al suo budino e seppellito con un paletto di agrifoglio ficcato nel cuore». Per il tirchio e brontolone personaggio del romanzo, infatti, il Natale era solo un qualunque periodo di un anno scandito esclusivamente dal profitto e dall’indifferenza verso gli altri. È passato più di un secolo e mezzo, ma non è cambiato molto. Il mondo continua ad essere smarrito, come allora. Basta guardarsi attorno, per accorgersene. Dagli attentati, ai profughi, ai sempre più numerosi femminicidi, il mondo sembra immerso in un magma di violenza che non riusciamo più ad arrestare, salvo trasformare tutto nel solito canovaccio da talk show. Ma basta anche solo guardare dentro a noi stessi, per sorprenderci mille volte al giorno stanchi e disfatti come tutti, e in balia dei pensieri che pensano tutti.
Basta guardare, appunto.
E cosa succede se quello sguardo non lo fermiamo alla sola superficie? Che cosa può accadere se proviamo ad andare oltre, se accettiamo fino in fondo la sfida? Perché bisogna ben essere ciechi e sordi per non vedere cosa scorre sul fondo del caos che ci circonda. Ciechi, per non accorgerci che «tutta la creazione geme e soffre fino a oggi nelle doglie del parto», come dice Paolo nella Lettera ai Romani; per non accorgerci che niente intorno a noi è (né può essere) definitivo. E sordi per non sentire la domanda che sta sotto, un grido che nessuna confusione riesce a soffocare. Ma io cosa cerco? Di che cosa ho bisogno davvero? Chi può sostenere la mia speranza? E chi può rispondere a questa mia inesauribile sete di felicità? Ognuno di noi ha infinite attese e desideri: pace, amore, serenità, vita, salute… Ma ha soprattutto bisogno di trovare consapevolezza del suo destino, di scoprire il senso del nascere, del vivere e del morire, dello stare insieme… Ma né la scienza, né la filosofia, né la coscienza stessa, lasciate a sé, riescono a dare risposte soddisfacenti.
Così, continuamente, ci rendiamo conto che la risposta dobbiamo cercarla altrove. Occorre cambiare livello, per trovare una voce che ci doni qualche certezza. «Saliamo al monte del Signore», indica Isaia, «perché ci insegni le sue vie…». E saliamo, dunque.
Ad un tratto scopriremo quale e quanta sia la tenerezza che ha il Mistero per noi. Che compassione. E che fiducia. Perché deve proprio avere una stima totale dell’uomo, per affidargli il Figlio.
Il Mistero irrompe nella storia proprio così: affidandosi interamente a noi. Scendendo alla radice del nostro bisogno. Accompagnandoci fino a scoprirne l’origine e la profondità. Richiamandoci a non soffocarlo, a scandagliarlo fino in fondo. Fino a riconoscere che è bisogno di un Altro.
Il Mistero lo sa. Conosce bene il nostro cuore, perché è Suo. Sa che cosa cerchiamo. E risponde. Nella maniera più inimmaginabile: facendosi compagno di strada. Uomo come noi. Un bambino. A noi sembra pochissimo, tanto che continuiamo a cercare come se non avessimo ancora trovato nulla. E invece è tutto. Perché quella presenza ci fa capire qual è la natura del nostro io e qual è il significato profondo di tutto il reale. Sembra pochissimo, come un bambino in una mangiatoia. Invece è l’inizio di tutto. Ci illumina sul nostro futuro, che è contenuto in quel “virgulto” che germoglierà e darà frutto.
Da questa certezza nasce l’appello consolatore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio… Egli viene a salvarvi». Incurante del male, dell’egoismo, della frenesia, della violenza interpersonale, dell’accidia, dell’assenza di valori, del non rispetto per gli altri, del culto dei beni di consumo…, «Egli viene a salvarvi». Non parla al passato il profeta, ma al presente ed è un presente continuo, che durerà fino alla fine dei secoli, fino a quando non ci saranno più giorni e neanche più il presente… Ecco perché, al contrario di Scrooge, ci diciamo ancora sorridendo «Buon Natale»: perché sappiamo di poter contare sulla tenerezza di Colui «che è fedele per sempre».
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