La Diocesi cerca di salvare la casa protetta San Giorgio
Fare chiarezza. È ciò che chiede a voce alta la diocesi di Lanusei di fronte alla decisione presa dalla sede centrale dell’Aias di Cagliari, il 25 gennaio, di chiudere la casa protetta San Giorgio, in via Repubblica, a Lanusei. Lo fa rendendo pubblico sul proprio sito web (www.diocesidilanusei.it) lo scambio di comunicazioni tra curia e associazione di assistenza, nelle quali più volte viene ribadita la volontà della diocesi di trovare una soluzione in tempi rapidi e nell’interesse di entrambe le parti. I numeri: 15 i dipendenti, 12 gli utenti provenienti da tutta l’Ogliastra. La preoccupazione c’è dinanzi al termine perentorio dell’Aias di mandare tutti a casa dal 28 febbraio, “vista la non sostenibilità economica relativa al canone di affitto”. Una situazione che il vescovo Antonello Mura ha illustrato nella lettera personale inviata lo scorso ottobre a ciascuno dei quindici dipendenti che prestano il loro servizio nella struttura, ricordando come “l’unico motivo di contrasto tra le parti” sia legato al pagamento del canone annuo di 10.300 euro, circa 858 euro al mese, in quanto – si legge nel comunicato – «solo in piccolissima parte è stato versato dall’inizio del rapporto di locazione, avvenuto nel 2003». E precisa: «Voci assolutamente infondate vorrebbero invece presentare la Diocesi come prossima a interrompere unilateralmente il contratto: questo non fa parte delle nostre intenzioni, anche perché non siamo indifferenti alla perdita dei vostri posti di lavoro e del discapito che ne verrebbe per gli assistiti nella struttura». Eppure proprio da parte dell’Aias, nel 2015, era giunta alla diocesi una richiesta di autorizzazione all’ampliamento dell’attuale struttura: «Ha accolto positivamente la domanda – sottolinea il pastore della chiesa ogliastrina – facendo solo notare che sarebbe stata l’occasione per riprendere i termini dell’accordo. Non ho avuto risposta». Dalla direzione centrale dell’Aias tutto tace. E nessuno dei dirigenti dell’associazione si presenta al tavolo del confronto. Alla nota inviata dal presidente Aias, Anna Paola Randazzo, risponde l’ufficio economato della diocesi: «Una decisione che ci rammarica, soprattutto per la rilevanza sociale del servizio sino a oggi prestato e ci sorprende in quanto il suddetto pagamento non è da noi mai stato richiesto in modo ultimativo». Al termine di una vicenda che “sembrerebbe già segnata”, resta il dispiacere – prosegue la nota – «per il disagio e la sofferenza che stanno vivendo o vivranno gli ospiti della Casa, così come siamo fortemente rammaricati per il rischio della perdita del lavoro che corrono i dipendenti. L’auspicio è che si trovino soluzioni su entrambi i temi». La mano, insomma, resta sempre tesa: «Manifestiamo ancora una volta la disponibilità della diocesi a prendere in considerazione un’eventuale vostra richiesta di pagamento posticipato del canone».
L’articolo è tratto da La Nuova Sardegna del 5 Febbraio 2017
Autore: Claudia Carta
Lascia un Commento