In breve:

La devozione di Bari Sardo per Sa Munserrara

Madonna del Monserrato

di Gian Luisa Carracoi.

La Parrocchia di Barì, intitolata fin dal tardo Cinquecento a Nuestra Señora de Montserrat, ha sempre portato avanti con profonda e intensa devozione l’amore per la Vergine Maria. La particolare dedicazione trae origine dal monastero benedettino sorto circa mille anni fa sulla meravigliosa montagna in Catalogna. Essa è tanto particolare che sembra segata da artistiche mani angeliche, così come viene simbolicamente richiamata dalla sega d’argento che il simulacro della Vergine porta appesa al collo e dai due quadri a Lei dedicati.

Il culto per Santa Maria di Montserrat fu tra le devozioni asburgiche quella che certamente conobbe maggior diffusione in Sardegna e la Madonna non tardò a offrire il suo sguardo materno e miracoloso verso un umile figlio bariese.
Nella chiesa parrocchiale di Bari Sardo il simulacro seicentesco della Patrona con in mano il Bambino Gesù troneggia tutto l’anno dalla nicchia più alta dell’Altare Maggiore. Da alcuni anni, prima del triduo essa viene calata giù per essere più vicina al popolo orante, coccolata da un ricco allestimento di drappi azzurri, e sormontata da una corona in legno dorato, gioiosa idea dell’allora parroco don Giampaolo Matta, che la realizzò con le sue mani.

L’8 Settembre, Natività di Maria, è il giorno dedicato a Sa Munserrara, da sempre la festa più attesa dal popolo bariese. Un tempo per questa santa giornata si cessava qualsiasi attività lavorativa per lasciare spazio alla vita spirituale, familiare e sociale; era un’occasione per riunirsi e incontrare parenti dai paesi circumvicini, ma anche momento di socializzazione da vivere con i propri compaesani. Gli Obrieri Maggiori erano i fedeli incaricati di curare tutti i preparativi della festa patronale, tra i quali la questua, strumento attraverso il quale riuscivano a racimolare un ricavo in denaro o in prodotti artigianali utili ai festeggiamenti, mentre altri introiti venivano ricavati dall’affitto del sagrato ai vari torronai.

A partire dagli anni ’30 del Novecento l’organizzazione della festa venne presa in carico da comitati spontanei, mentre oggi viene curata dai feralis (fedalis, da “foedus” = patto)sotto l’aspetto sia religioso che civile e le sono dedicati 3 o 4 intensi giorni.
Durante la Santa Messa della vigilia gli stessi si riuniscono in chiesa per la benedizione delle corone, le quali guarnite con nastri colorati e petali di fiori, vengono portate il giorno successivo con devozione di casa in casa per tutto il paese come segno della presenza di Maria Santissima. Il loro cammino viene accompagnato dal suonatore di organetto diatonico o di fisarmonica. Tutti attendono con trepidazione il loro arrivo e, mentre il comitato offre in dono l’immaginetta della Vergine, ogni fedele ama lasciare una piccola offerta nel cesto della Corona. É questa una tradizione molto antica. Nel passato, in tempo di particolare calamità, il vescovo chiedeva di limitare le questue, ma nel 1810 per Barì fece un’eccezione: infatti permise ugualmente la questua del mosto, a patto che non si spendesse nulla per polvere da sparo, pranzi, rinfreschi, paga dello zampognaro, balli e acquisto di premi per la corsa dei cavalli.

Oggi i festeggiamenti prendono il via con il triduo di preghiera. Sa dì de festa manna il sacerdote oltre alle due messe mattutine, al tramonto celebra la Messa solenne animata dai canti e dalla presenza in alcuni casi di un predicatore straordinario, come accadeva nel passato. Durante la celebrazione alcuni feralis in mestizia portano ai piedi dell’altare l’offertorio, costituito da pane, olio e vino. Prima della benedizione finale il sacerdote e i fedeli leggono insieme una preghiera di ringraziamento offerta dai feralis.
Al termine della Messa si dà il via alla lunga processione che attraversa le vie principali del paese. Un tempo il simulacro della Madonna veniva portato a spalla, mentre oggi è consuetudine portarlo sul carro a buoi addobbato con fiori e ghirlande. A capo del corteo religioso ci sono i cavalieri, seguono i gruppi folkloristici, la banda musicale quando è presente, gli stendardi dell’Azione Cattolica e della Monserrata, la Confraternita del Santo Rosario, il carro con la Madonna, il parroco e le rappresentanze civili e militari, il coro e i fedeli.

Le donne e il sacerdote intonano su Rosàriu alternandosi con isgoccius, le antiche preghiere, che insieme alle melodie delle launeddas contribuiscono a creare un’atmosfera religiosa di intensa spiritualità. La processione è accompagnata anche dallo sparo dei guettus, piccoli razzi che con il loro caratteristico boato comunicano a tutta la comunità l’avvio della processione e della festa. Pranzi, rinfreschi e balli erano tradizione nel passato e lo sono tutt’ora. Una nota recente è invece la grande lotteria. Tutte le serate della festa vengono animate da complessi musicali e dall’immancabile fisarmonica. L’unica particolarità che si è persa della festa patronale è la corsa dei cavalli, i cosiddetti palii, anticamente promossi dai governatori spagnoli.

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