Insegnare? Una vocazione
di don Ignazio Ferreli.
L’esperienza di don Ignazio Ferreli docente alla Facoltà Teologica, l’amore per lo studio e il suo rapporto con gli studenti
In una lettera inviatami da Parigi nel maggio del 1995 il padre Sebastiano Mosso così mi confidava: «Io registro, con grande consenso positivo, la tua esigenza seria, vitale, non strumentale: mi pare di registrare come i “segni” di una “vocazione” allo studio». Questa stessa impressione era diventata auspicio nel 1997 quando ancora mi scriveva: «Spero che un giorno possa dare un aiuto prezioso anche nella nostra facoltà».
In effetti i desideri del Padre Mosso si concretizzarono il 4 ottobre del 1999, festa di san Francesco, in una telefonata con il quale il Padre Maurizio Teani mi chiedeva la disponibilità per un servizio in Facoltà. Quella chiamata avvenne mentre andavo a celebrare la Messa nel santuario della Madonna d’Ogliastra. Quel giorno avevo parlato del fatto che san Francesco pregava così: Mio Dio, mio tutto, e di quella Totalità ne ero e ne sono intimamente persuaso.
Si tratta della medesima persuasione con la quale cerco di vivere il mio studio come una vocazione, così come aveva avvertito Padre Mosso, nel senso di una ricerca della totalità nella storia delle persone, soprattutto nella vicenda dei ragazzi che si preparano a ricevere il sacramento dell’ordine sacro. Anche se è vero che la Facoltà è aperta a tutti, confido che io sento una sensibilità particolare verso i seminaristi, immedesimandomi nelle difficoltà che anch’io provavo nello studio della teologia e della filosofia.
Da oltre vent’anni mi occupo dei corsi di Metafisica e Teodicea.
La Metafisica che, come Kant ci avverte, da Aristotele non ha fatto che pochi passi avanti, è una scienza che ha per oggetto una causalità i cui moventi non si ritrovano nelle motivazioni naturali. Ed è proprio per questo che occorre ricercare nella causalità che non trova moventi negli eventi naturali, come le relazioni di amicizia tra le persone che si vogliono autenticamente bene. L’essere in quanto essere, in questa mozione, è una gratuità che non corrisponde a nessuna scienza dell’essere particolare; e ci conduce sino a quella sostanza che nella transustanziazione del mistero eucaristico connette le relazioni trinitarie con le vicende umane.
La Teodicea, che tenta di vedere le possibilità della ragione umana di trovare qualche strada per rendersi familiare l’esistenza di Dio e qualche parvenza delle sue dignità, è una scienza che impone una umiltà enorme. Al culmine della nostra possibilità speculativa, afferma san Tommaso, giungiamo a conoscere Dio come ignoto (in fine nostrae cognitionis Deum tamquam ignotum cognoscere possumus). Eppure, in questa nebbia dell’intelletto, abbiamo una possibilità straordinaria di congiungerci ottimamente a Dio (optime Deo conjungimur) quando gli effetti dell’amore di Dio nelle creature soccorrono l’indigenza della ragione umana.
Si tratta di itinerari di ricerca in cui io stesso debbo essere continuamente alunno con i miei alunni, fornendomi in questo modo l’esperienza di una grande soddisfazione quando, assieme, si giunge a qualche risultato e, allo stesso tempo, di enorme delusione e tristezza quando per qualche povertà della Facoltà o di altre circostanze si perde il tempo della meraviglia e della scoperta.
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