Infanzia. Educare all’ascolto
Che succede ai nostri bambini? Il tempo li ha migliorati? Ne parliamo con il dott. Amgelo Sette, psicologo con una lunga esperienza ogliastrina in questo campo.
di Fabiana Carta
Partiamo da un presupposto: grazie agli studi che si sono susseguiti nei secoli si può affermare che l’adulto è il risultato di ciò che da bambino ha vissuto. Donald Winnicott, pediatra e psicoanalista inglese, aveva affermato che all’inizio della vita ogni individuo esiste solo in quanto parte di una relazione, e le sue possibilità di vivere e svilupparsi dipendono dal soddisfacimento del bisogno primario di attaccamento alla madre, che si prende cura di lui dandogli quel senso di sicurezza e protezione che sono basilari per la crescita. Proprio durante il periodo prezioso dell’infanzia si creano, nella mente assorbente come una spugna, tutte le condizioni cognitive e affettive che faranno sentire il loro effetto nelle fasi successive della vita.
Cambiamenti non sempre positivi
Insieme al dottor Angelo Sette, psicologo e psicoterapeuta con quasi quarant’anni di esperienza, cercheremo di entrare meglio nel meraviglioso quanto complicato mondo dell’educazione e dell’infanzia, analizzandone i cambiamenti positivi e negativi nel corso del tempo.
“In questi anni, nell’arco del mio lavoro, c’è stata una maggiore diffusione di conoscenze psicologiche sull’infanzia e sull’educazione, ed un più diffuso utilizzo di strumenti psicologici di indagine; questi cambiamenti positivi tuttavia non sempre hanno favorito lo sviluppo di un atteggiamento educativo più attento al mondo interno ed alle emozioni del bambino. Per un adeguato rapporto educativo è necessario recuperare le dimensioni più profonde: l’ascolto, l’attenzione al mondo personale, l’anima”. Insomma, siamo più concentrati sulla esteriorità e la tecnica, perdendo di vista l’aspetto interiore. Oggi possiamo godere di una cultura maggiormente attenta all’infanzia e alla sua tutela, di un gran numero di informazioni a disposizione dei genitori rispetto al passato, di maggiori conoscenze e possibilità. Ma come riuscire a galleggiare in questo mare pieno di studi, e tradurli in processi comunicativi e relazionali adeguati al bambino e alla sua crescita? “Secondo Winnicott la Natura ha dotato il genitore, in particolare la mamma, di quella disposizione naturale che lui chiama “preoccupazione materna primaria” che la rende attenta e in grado di far fronte ai bisogni del bambino. Ci ricorda, inotre, che è solo l’amore per il bambino che le consente di allevarlo nel modo più corretto “, mi spiega il dottor Sette.
L’età dei genitori impauriti
É vero che la Natura ci ha regalato questa dote innata, è vero che un padre e una madre di questi tempi hanno a disposizione un grande bagaglio di conoscenze, però è anche vero che “sono genitori impauriti e soli” perché in un mondo complesso come il nostro poco si fa per sostenere il loro ruolo ed esplicitarne le potenzialità . C’è bisogno di punti di riferimento e sostegno come i servizi sanitari e sociali, la parrocchia, la scuola. Il paradosso della società dell’immagine, del benessere materiale, dei grossi mezzi tecnologici, vuole che si comunichi molto meno e che si comunichi scambiando “più nozioni e oggetti che emozioni e significati”
Questo è un mondo che va veloce, dove i genitori spesso si fanno aiutare dalla tecnologia, tramite mezzi quali l’Ipad per raccontare una storia al bambino, “ ma in termini psicologici la differenza tra il racconto fatto dalla voce della mamma che trasmette presenza, calore, umanità ed un mezzo tecnico che racconta in maniera perfetta, è abissale”. Oggi si cresce immersi nella tecnologia digitale, e questo apre nuovi compiti educativi. In sé sono mezzi meravigliosi, utili e stimolanti, il problema non sta nel dispositivo tecnologico. “ Il problema sta nel loro uso e nella collocazione che diamo loro nella vita e nell’educazione; bisogna governarli, gestirli, conoscerli nel loro significato e bisogna impostare sul loro utilizzo un’educazione etica. Questo è un compito di noi adulti, delle istituzioni, della scuola e dei genitori. Siamo molto in ritardo nella consapevolezza profonda e nella realizzazione di percorsi educativi credibili su questi temi”. Occorrono regole e buon senso. Non lasciamo che la tecnologia si sostituisca al genitore, non lasciamo un bambino solo di fronte ad uno schermo, guardiamo il cartone o usiamo il videogioco insieme a lui. Non lasciamo che la vita immateriale/digitale vinca sull’emozione.
L’importanza dell’ascolto
Un bambino per crescere in modo sano ha bisogno di condizioni ambientali favorevoli: è di fondamentale importanza la presenza del genitore, l’ascolto, l’essere capito, accudito, incoraggiato, apprezzato, rispettato. L’esempio, il modello, è necessario nell’educazione, ancora più delle regole che possono restare parole al vento. “Conta la presenza, l’atteggiamento, e l’autenticità del genitore che vuole provvedere al bambino quelle condizioni che permettono a cose come la fiducia e i valori di svilupparsi, a partire dai suoi processi interiori. Importante la relazione, il saper spiegare il mondo al bambino mediandogli anche gli aspetti più difficili”.
Se un bambino non si sente apprezzato e stimato, se viene continuamente criticato, rimproverato e insultato crescerà fragile e infelice e potrà diventare un adulto incapace, insicuro, dipendente. Purtroppo nella nostra società “civilizzata” e “tanto informata “ si verificano gravi situazioni di abbandono, maltrattamenti e abusi sull’infanzia. E si sono moltiplicate le situazioni che il dottor Sette chiama di “grave inadeguatezza educativa”, anche se in Ogliastra forse non sono molto diffuse. Questi disagi sono materia di intervento del Tribunale dei Minori e vanno da casi molto gravi di abbandono o di violenza, dove si usa la sculacciata o lo schiaffo non in maniera episodica ma frequente, in cui l’intervento del Tribunale può determinare la decadenza della potestà e l’affidamento del minore ad altra famiglia, a quelli meno gravi dove la procedura si conclude con un invio dei genitori a un servizio per un percorso alla genitorialità. “Quando ci sono queste carenze affettive, situazioni di violenza fisica o verbale sui minori, è chiaro che si crea una sofferenza nel bambino che può portare, nella crescita, a problemi vari di ansia, depressione, danni allo sviluppo cognitivo, disturbi di personalità, danni all’autostima”. Alla luce di queste esigenze e problemi sarebbe augurabile, per il futuro, investire di più sulle Istituzioni e sui Servizi per l’infanzia: dalla Scuola, ai Consultori, alla Neuropsichiatria Infantile per la prevenzione e l’intervento precoce.
Il bullismo
Il fenomeno del bullismo può nascere da questo tipo di disagi. Il bullo è sempre esistito, non è un fenomeno frutto di questi anni, anche se oggi si avvale delle nuove tecnologie (cyber-bullismo). Il dottor Sette, per spiegarlo meglio, colloca il fenomeno nel tema più vasto dell’aggressività e delle sue manifestazioni, che tutti gli esseri umani per natura possiedono. “Tutto il percorso della civiltà e della crescita, alla fine, è consistito nel governare e gestire l’aggressività e la sessualità. Le condizioni educative ambientali favorevoli consentono un graduale controllo di essa e una sana gestione del conflitto. Tuttavia ci sono situazioni in cui si determina una difficoltà e carenza nel processo di sviluppo della personalità, in particolare lo sviluppo della socialità, da attribuire a un modello di attaccamento insicuro e a uno stile educativo inadeguato (troppo severo o troppo permissivo). Il contesto in cui si esprime il bullismo è la scuola, e – sottolinea Sette – “paradossalmente è una fortuna che episodi di questo tipo avvengano soprattutto tra le sue mura, perché c’è la possibilità di conoscerli meglio e tradurli in una opportunità educativa per il bullo e per tutti gli altri”. Perciò dove non arriva il servizio deve poter arrivare la scuola, che nel mondo di oggi è un’articolazione fondamentale, perché tutti i bambini passano per essa. Citando ancora Winnicott, la scuola, per tante situazioni difficili, è una “casa fuori di casa”, dove si ricerca una situazione emotiva stabile ed un gruppo capace di tollerare idee aggressive.
Educare alle emozioni
Dovremmo ricordare tutti l’importanza di educare alle emozioni. La parola stessa “emozione” significa “trasportare fuori”, non tanto indottrinare, ma consentire alla persona di esprimersi. Alla base dei rapporti con gli altri, in tutte le azioni, nel rapporto con gli oggetti, viviamo delle emozioni. “L’educazione emotiva coincide con l’educazione nella sua globalità, ne sottolinea l’aspetto di relazione e di attenzione al mondo interno del bambino ed ai suoi fondamentali bisogni, in primis quello di essere accettato, amato e rassicurato.”
Oggi stiamo rischiando che la tecnica mortifichi l’umano, relegando l’aspetto più emotivo. La nostra mente ha bisogno di nutrimento, ha bisogno di stimoli: l’arte, la musica, la letteratura, la comunicazione più dialogante, più calda. La conoscenza ci aiuta a fare civiltà, la civiltà è formata dagli uomini: uomini che sono stati bambini.
Chi è?
Mario Angelo Sette, laurea in Psicologia (indirizzo Applicativo), con percorso di formazione in psicoterapia psicodinamica, psicopatologia, supervisione di casi clinici, presso l’ A.S.N.E. (Associazione per lo Sviluppo delle Scienze Neuropsichiatriche dell’Età Evolutiva), attualmente in quiescenza, ha lavorato presso il Centro di Salute Mentale di Lanusei e come Giudice Onorario presso il Tribunale per i minori di Cagliari.
Lascia un Commento