In breve:

Il nostro tempo e le sfide della multiculturalità

Multicultura

di Debora Asoni.
Può capitare che una serie di comportamenti perfettamente leciti e consentiti in molte realtà culturali, se compiuti in altre pongano dei problemi di legalità rispetto all’ordinamento penale vigente, poiché considerati reati. Già da diverso tempo l’Italia e l’Europa intera sono teatro di massicci flussi migratori provenienti da diverse aree geografiche del mondo; accadimenti che hanno sollevato molte riflessioni, spesso attinenti all’integrazione fra culture diverse.
Dal punto di vista giuridico, tale fenomeno ha imposto l’attenzione degli uffici giudiziari e dei tecnici del diritto, sul verificarsi di tutta una serie di condotte considerate lecite nel paese di origine di chi le realizza, mentre costituiscono reati quando vengono compiute nel nostro paese. Ne è derivato un ampio dibattito e il conio dell’espressione “reati culturali” o “reati culturalmente orientati” da parte degli esperti di diritto per indicare tali condotte.
Una nazione, vale a dire un popolo stanziato in un determinato territorio, che condivide valori, lingua, cultura e storia comune, è anche depositaria di norme giuridiche che sono esse stesse espressione di scelte e di valori da tutelare. Ma esistono anche molti popoli e gruppi etnici che si ispirano ad una scala di valori che sono in contrasto rispetto a quelli comunemente riconosciuti nei paesi occidentali. Per cui può sembrare strano, eppure è assolutamente possibile!, che lo stesso comportamento sia lecito in una nazione, tanto quanto illecito, addirittura penalmente rilevante, in un’altra. Nessuna cultura è migliore di un’altra; si parla solo di diversità di scelte e di differenti valori. In determinate culture è normale e giusto preservare la verginità sponsale della donna con pratiche invasive a livello fisico che da noi sono considerate autentiche torture. Ma, come vedremo, è solo questione di scelta di valori.
Le realtà multiculturali odierne, affascinanti e vive, pongono delle sfide di integrazione, di accoglienza e di rispetto reciproco, senza le quali la pacifica convivenza sarebbe impossibile. Ecco, a fronte di tali realtà, come può essere risolto il confronto-scontro tra diritti di persone che, sebbene originarie di luoghi diversi, vivono in uno stesso ambiente? Qual è il confine tra azione, luogo in cui essa è compiuta e giustificazione a tale comportamento?
È capitato spesso, in questi anni, che nelle aule dei nostri tribunali i difensori di imputati accusati di reati culturalmente orientati abbiano utilizzato la prova della differente cultura di origine (detta comunemente cultural defence) per giustificare tali gesti, andando incontro, nella maggior parte delle volte, a delle condanne impietose, basate sul principio che chi compie un reato nel territorio del nostro Stato è punito secondo la nostra legge. Ma se da un lato è normale che il sistema giuridico abbia l’interesse che le norme vadano rispettate in modo concreto, d’altra parte è comprensibile che gli stranieri abbiano delle difficoltà a seguire consuetudini a loro sconosciute fino all’ingresso nel nostro Paese e che siano decisi a conservare le proprie.
Tali problemi si potrebbero risolvere con più attenzione e più informazione. Basterebbe informare le persone che vengono ospitate e accolte nel nostro paese sulle norme principali da seguire in materia di igiene, di minori, di sicurezza pubblica. Basterebbe dire che da noi donne e bambini sono considerati soggetti deboli da tutelare maggiormente; che le pratiche di mutilazione genitale femminile non sono ammesse; che non è consentito sposare più donne; che la correzione domestica non può diventare maltrattamento o abuso… Tutto questo non partendo dal preconcetto principio che le nostre regole siano migliori (il solo pensarlo sarebbe provinciale e fuori luogo!, ma solo perché esse sono semplicemente diverse da quelle apprese nel paese di origine e perché se ne esige il rispetto. Sarebbe opportuno che venisse impartita una educazione civica di base a tutti quelli che arrivano da noi e che qui decidono di stabilirsi Sarebbe opportuno che oltre l’accoglienza di base, venisse apprestata una accoglienza normativa, culturale, non per imposizione ma solo perché chi sceglie un posto nuovo per viverci possa conoscerlo e amarlo, e conoscerlo significa anche apprenderne e osservarne le regole giuridiche di base.
La cultura delle minoranze va accolta globalmente nella società ospitante. Da sempre gli scambi culturali sono motivo di arricchimento e di apertura mentale. Tuttavia, tale accoglienza ha un limite che va trovato nel rispetto del nostro sistema di valori costituzionali.
La Carta Costituzionale è la bussola che guida anche l’integrazione fra popoli, per cui la solidarietà politica, economica e sociale (sancita all’art. 2), che è anche alla base dell’accoglienza e della fusione tra culture diverse, trova un limite nel rispetto del suo sistema di valori. In altre parole, le radici culturali dello straniero non potranno mai scagionarlo dalla colpevolezza di un reato se la sua condotta ha leso un principio (che è bene giuridico) saldamente ancorato alla Carta Costituzionale. Questo non esclude che il giudice, in sede di commisurazione della pena, possa tenere conto della diversità culturale e attenuare la misura sanzionatoria.
Solidarietà, accoglienza e rispetto delle norme vigenti sono le vere chiavi di volta per costruire veri legami di unità tra popoli e un alto livello di civiltà.

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