Il futuro di Gaza alla luce del glorioso passato
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di Giovanni Deiana.
Finalmente la sospirata tregua. Sembra che finalmente palestinesi e israeliani siano arrivati a un accordo: liberazione degli ostaggi e sospensione dei bombardamenti. Inutile dire che si tratta di una situazione precaria: basta un nulla perché si scateni di nuovo l’inferno dei bombardamenti. Ci si augura che il buon senso prevalga sulle rivendicazioni di poche persone. Probabilmente la storia di questa straordinaria città può illuminare sulle enormi potenzialità che Gaza possiede.
Nell’antichità Gaza era considerata la porta dell’Egitto: ciò significava che chiunque voleva accedere alle ricchezze di questa terra fortunata doveva passare per tale centro. Non solo: poiché per Gaza passava una delle strade che univa l’Egitto con tutta la costa del Mediterraneo, essa godeva del flusso commerciale tra l’Egitto, la Palestina e la penisola arabica. Proprio per tale posizione strategica le autorità egiziane ne avevano fatto un capoluogo amministrativo, sede del governatore di tutta la regione, che allora si chiamava Canaaan.
Le Lettere di el-Amarna. Su questo periodo storico siamo in possesso di una straordinaria documentazione nota agli studiosi come Lettere di el- Amarna. Sono chiamati così i testi ritrovati in una località dell’Egitto (Medio Egitto) sulla riva orientale del Nilo e che contengono la corrispondenza di Amenophi IV (1353-1336 a. C.). Le lettere sono scritte in accadico, un particolare sorprendente per una corrispondenza con l’Egitto.
Il ritrovamento fu casuale: una donna nel 1887 scavava in un cumulo di rovine e rinvenne queste tavolette; le ricerche successive portarono al numero totale di 382. Oggi è possibile leggere le lettere in traduzione nelle diverse lingue; anche in italiano abbiamo la possibilità di poter attingere al loro contenuto (M. Liverani, Le lettere di el-Amarna, Paideia, 1-2, Brescia 1998). Naturalmente le lettere sono importanti per conoscere la storia del Vicino Oriente. In esse ci sono le missive che i re locali inviavano al faraone, informandolo di quanto avveniva nelle loro città. Per quanto riguarda Gaza, sappiamo che vi risiedeva un contingente egiziano che aveva il compito di garantire la sicurezza di questa arteria di vitale importanza per gli scambi commerciali tra Egitto e Palestina. Ma ci sono anche le missive dei re di Gerusalemme e di Sichem. Il caso di Gerusalemme è di straordinaria importanza: il re si chiama Abdi-Heba e si lamenta perché il suo territorio è in continuazione assalito da bande di delinquenti che vengono chiamati Habiru. Naturalmente il nome è stato posto in relazione con “ebrei” dato a Israele in alcuni passi biblici.
L’invasione dei “popoli del mare”. Per quanto riguarda Gaza, verso il 1200 a. C. la città subì una profonda trasformazione etnica: il suo territorio fu invaso dai “popoli del mare”. Sono così chiamate etnie varie, provenienti dal Mediterraneo che tentarono di invadere l’Egitto. Ramesse III le fermò alla foce del Nilo ed ecco il resoconto che ne fa il faraone: «I popoli stranieri fecero una cospirazione nelle loro isole. Tutti i paesi furono spinti sul campo e sparpagliati per il combattimento. Nessun paese poté resistere al loro esercito: Hatti, Kode, Karkemis, Arzawa e Alashya, tutti distrutti in un sol colpo. Fu stabilito un campo in un posto di Amurru. Devastarono il suo popolo e il suo paese fu come se non fosse mai esistito. Si diressero verso l’Egitto mentre un fuoco era disposto davanti a loro. La loro confederazione comprendeva i Peleset, Tjekker, i Shekeles, i Denien e i Weshes, paesi uniti tra loro… Il seme di coloro che raggiunsero il mio confine non esiste più; il loro cuore e la loro anima sono scomparsi per sempre. Coloro che si dirigevano insieme per mare …furono trascinati con forza, circondati, uccisi e ammucchiati gli uni sugli altri. Le loro navi e i loro beni erano, per così dire, caduti nell’acqua».
Approssimativamente siamo intorno all’anno 1186 a. C. (l’incertezza è d’obbligo a causa dell’impossibilità di ricostruire una cronologia assoluta per tutta la storia egiziana), nell’ottavo anno del regno di Ramesse III. Una coalizione di popoli, partendo dall’attuale Turchia, fa piazza pulita di quanto incontra, mettendo a ferro e a fuoco ciò che trova sul cammino; distrugge così popoli di grande civiltà: i famosi Ittiti (Hatti), Karkemis, un importante snodo commerciale che regolava gli scambi tra l’area geografica della Mesopotamia e l’impero Ittita, riuscì persino a occupare l’isola di Cipro (Alashia) che riforniva di rame tutti i popoli del mediterraneo. La furia degli invasori non risparmiò nessuno; persino la grande metropoli di Ugarit fu rasa al suolo e non fu più ricostruita.
Per gli studi biblici l’iscrizione di Ramesse III è di fondamentale importanza in quanto per la prima volta compaiono sulla scena i Filistei (Peleset), quelli che saranno i nemici storici del popolo ebraico per molti secoli; infatti, dopo la sconfitta da essi subita (almeno a sentire il faraone egiziano) nel delta del Nilo, si trasferirono in Palestina e formarono la famosa pentapoli filistea, composta dalle città di Ashdod, Ascalon, Ekron, Gat e Gaza. Storicamente essi esercitarono un’influenza così straordinaria tanto che da essi la regione fu chiamata Palestina, nome derivato da filisteo. Furono essi che introdussero l’uso del ferro, di cui mantennero per lungo tempo il monopolio esclusivo (1 Sam 13,19-21). Non solo, avendo una grande esperienza commerciale riuscirono a diventare uno snodo economico: essi importavano le merci più svariate dalle popolazioni arabiche e le distribuivano con le loro navi in tutto il mediterraneo.
E non si commerciava solo incenso! Purtropponon sempre questi traffici si limitavano alle famose spezie; ecco cosa scrive Amos (1,6-8) nell’VIII secolo a. C. «Così dice il Signore: “Per tre misfatti di Gaza e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno deportato popolazioni intere per consegnarle a Edom. Manderò il fuoco alle mura di Gaza e divorerà i suoi palazzi, sterminerò chi siede sul trono di Asdod e chi detiene lo scettro di Àscalon; rivolgerò la mia mano contro Ekron e così perirà il resto dei Filistei”». Purtroppo il traffico degli schiavi era diffusissimo in tutto il mondo e nel bacino del mediterraneo in modo speciale. Tanto per fare un esempio, sembra che nell’isola di Delo, all’ombra del tempio di Apollo, si vendessero migliaia di schiavi ogni giorno.
«Muoia Sansone con tutti i filistei». Tutti abbiamo sentito parlare di Sansone; le sue gesta sono narrate in Giudici 13-16. L’eroe biblico riscattò con una morte eroica una vita dominata dalla stupidità. Pochi sanno che egli morì proprio a Gaza. Ecco il racconto biblico: «Sansone disse al servo che lo teneva per la mano: “Lasciami toccare le colonne sulle quali posa il tempio, perché possa appoggiarmi ad esse”. Ora il tempio era pieno di uomini e di donne; vi erano tutti i prìncipi dei Filistei e sul terrazzo circa tremila persone fra uomini e donne, che stavano a guardare, mentre Sansone faceva i giochi. Allora Sansone invocò il Signore dicendo: “Signore Dio, ricordati di me! Dammi forza ancora per questa volta soltanto, o Dio, e in un colpo solo mi vendicherò dei Filistei per i miei due occhi!”. Sansone palpò le due colonne di mezzo, sulle quali posava il tempio; si appoggiò ad esse, all’una con la destra e all’altra con la sinistra. Sansone disse: “Che io muoia insieme con i Filistei!”. Si curvò con tutta la forza e il tempio rovinò addosso ai prìncipi e a tutta la gente che vi era dentro. Furono più i morti che egli causò con la sua morte di quanti aveva uccisi in vita» (Gdc 16, 26-30).
Conclusione. Con questa storia dietro le spalle, Gaza può a buon diritto diventare la capitale di questo ipotetico Stato palestinese che già nel 1947 (29 novembre) l’ONU aveva ipotizzato, da affiancare a quello di Israele. Basterebbe solo la volontà politica di farlo nascere.
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