In breve:

Il dono della missione. La forza di padre Roberto

PRA 9

di Claudia Carta
Sarà perché Roberto Atzeni è sempre riuscito a trasmette l’amore che aveva dentro, sarà quella luce che attraverso i suoi occhi e il suo sorriso giungeva a toccare il cuore delle persone; sarà la forza e la consapevolezza di chi ha Dio al proprio fianco. Tant’è. Il suo arrivo e la sua presenza è sempre motivo di gioia. La stessa con cui incontra i ragazzi, i giovani, la comunità per parlare loro della sua esperienza missionaria.

La giostra e la medicina
Classe 1962, ha avuto alle spalle una famiglia unita dalla quale ha ricevuto i doni più grandi: rispetto, amore verso il prossimo, spirito di sacrificio e di condivisione. Il papà, Giomaria, medico nell’allora neonata Clinica Tommasini di Jerzu (1953): «Noi figli siamo stati sempre colpiti dalla
sua umanità e sensibilità nei confronti di chi soffre – racconta Roberto –: era disponibile a soccorrere chiunque lo chiamasse in ogni ora della giornata, inclusa la domenica e i festivi. Gli assistiti godevano sempre della massima attenzione e nostro padre ha lottato per la loro vita in tante occasioni, senza mai esigere delle ricompense».
Gli aneddoti curiosi non mancano: «Noi figli poi avevamo assicurati ogni anno i gettoni della giostra perché il signore giostraio, che montava la giostra a Jerzu, aveva una profonda riconoscenza per babbo che era riuscito a guarire il suo bambino a cui, diceva, non si era data alcuna speranza».
Una passione, quella per curare e guarire le persone, che ha trasmesso alla prima figlia Daniela, laureatasi in medicina nell’86.

I miei pensieri non sono i vostri pensieri …
Ma, ancora una volta, i pensieri e i progetti di Dio non sono quelli degli uomini. Così Giomaria e Gepina Marini credono di “diventar matti” quando Roberto, Daniela e Patrizia, laureata in leggi, dicono a mamma è papà di voler partire “laddove il Signore indicherà la via”. «Siamo intorno agli anni 80 – racconta il missionario jerzese –: dopo un serio discernimento all’interno di un gruppo missionario, abbiamo sentito la chiamata a divenire missionari nella Comunità di Villaregia e siamo partiti a due anni di distanza l’uno dall’altro. Immaginate la prima reazione di babbo! E i nipoti? E l’ambulatorio pronto per Daniela? Non c’è bisogno di dire che, all’inizio, i nostri genitori hanno sofferto per la nostra decisione. Babbo un giorno ci chiese se per caso stavamo male in casa e se fosse colpa sua il fatto che noi avessimo fatto quella scelta. Gli abbiamo risposto che sicuramente una parte di colpa era sua, perché la sua umanità e donazione verso chi più soffre sono state sicuramente un esempio che ha illuminato e guidato la nostra vita, tanto da riuscire a lasciare tutto per amare i più poveri della missione».

Una Cinquecento e un prosciutto
È stato proprio Roberto a partire per primo. Aveva appena 19 anni quando diede inizio in Veneto alla vita comunitaria e missionaria, «con la benedizione di babbo e mamma, insieme al regalo della 500 e un prosciutto!».
Genitori sempre presenti che hanno accompagnato con l’affetto e la preghiera la chiamata dei propri figli, andandoli a trovare nelle diverse missioni: in Perù, da Roberto, in Brasile, da Patrizia e in Costa d’Avorio, da Daniela.
Tra Lima e Arecibo, in Portorico, Roberto – che in terra americana è diventato Padre Roberto – ha tradotto la sua fede grande in opere concrete, al servizio di tutti, secondo lo stile della sua comunità missionaria: vivere con la presenza di Dio.
«Per vocazione ci sentiamo mandati a portare la Parola di Dio a tutte le genti, in particolare laddove esistono situazioni di povertà materiale, morale, spirituale, a popoli per la maggior parte privi di beni di prima necessità e bisognosi di ricevere un messaggio di vita e di speranza. Tutte le situazioni di povertà ci interrogano, verso ciascuna si vorrebbe fare qualcosa, portare la consolazione dell’amore del Padre. Si tratta di individuare un luogo dove servire insieme i fratelli: le periferie di grandi città, zone densamente popolate dove, in accordo con i vescovi, possiamo assumere il lavoro pastorale di una parrocchia, portando la nostra spiritualità».

Che grande dono ho ricevuto!
Gli anni passano, ma la tempra e la forza evangelizzatrice di Padre Roberto non si fermano.
Il 17 gennaio del 2013 ha celebrato i suoi 25 anni di sacerdozio presso il centro missionario di Arecibo, dove è rimasto per dieci anni, fino alla scorsa estate: «Ringrazio Dio per questo grande dono e soprattutto Lo ringrazio perché ha voluto farmi dono per i fratelli. La sua fedeltà mi ha sempre accompagnato, donandomi la gioia di servirlo in tutti, in particolare nei fratelli più poveri. Sono particolarmente grato alla Comunità Missionaria di Villaregia, che considero la mia famiglia, e che mi ha permesso di scoprire la vocazione al sacerdozio. Quando sono entrato nella Comunità nel 1981, non pensavo che Dio mi chiamasse al sacerdozio: il mio desiderio era semplicemente quello di consacrarmi a Dio per servire i fratelli poveri e bisognosi. Quando nel 1986 fui mandato a Lima, in Perù, insieme ad altri sette missionari, l’incontro con la realtà mi ha fatto scoprire, sì, la fame di pane che molti avevano, ma soprattutto mi ha fatto comprendere quanto grande fosse la loro fame di Dio. In quegli anni ho avvertito forte, in me, il desiderio di dare una risposta a quell’urlo silenzioso che esce da molti cuori».
E aggiunge: «È ancora vivo in me il ricordo della mia ordinazione sacerdotale, insieme a Padre Gian Paolo Uras, nella nostra missione di Lima. Ricordo le parole di una donna che mi disse: “Sai Padre, il sacerdozio è come una seconda nascita. Sei nato fisicamente in Italia, ma spiritualmente, sei nato in Perù!”».
Un cuore a misura di mondo, quello di Padre Roberto Atzeni, che ha ancora tanto da dare al prossimo, per essere sempre più, come ama definirsi egli stesso, «un ponte tra Dio e l’uomo, in grado di trasmettere a tutti la vita stessa di Dio e di portare a Dio la vita di tutti».

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