I documenti del Concilio. L’Unità dei cristiani
di Michele Antonio Corona.
Il 21 novembre 1964, a al termine della terza sessione del Concilio Vaticano II, più di duemila vescovi approvarono il Decreto sull’ecumenismo, Unitatis redintegratio (UR), mentre solo 11 votarono contro. Così il desiderio di Giovanni XXIII che il Concilio indirizzasse la Chiesa cattolica alla ricerca dell’unità dei cristiani, ebbe pieno successo.
Il documento inizia significativamente così: «Promuovere il ristabilimento dell’unità fra tutti i cristiani è uno dei principali intenti del sacro Concilio ecumenico Vaticano II». Con UR, il Concilio riconosceva ufficialmente che il movimento ecumenico – nato nel XX secolo, inizialmente all’esterno della Chiesa cattolica, come un anelito condiviso da molti di ripristinare l’unità della Chiesa di Dio – era animato dallo Spirito Santo. Il Concilio proponeva «a tutti i cattolici gli aiuti, gli orientamenti, e i modi, con i quali possano essi stessi rispondere a questa vocazione e a questa grazia divina» (UR 1).
Dopo sessant’anni dobbiamo chiederci: perché mai l’unità dei cristiani è così importante? Siamo oggi più vicini all’unità?
L’unità è principio fondamentale e strutturale per la Chiesa, se non altro per la preghiera che Gesù stesso, durante l’Ultima Cena rivolse al Padre per i suoi discepoli: «Che tutti siano una sola cosa… affinché il mondo creda» (Gv 17,23).
Evidentemente, il Decreto sull’ecumenismo non comparve di punto in bianco nel mezzo di un deserto. Nel 1910 alcuni missionari protestanti si erano riuniti a Edimburgo, in Scozia, in una conferenza mondiale sulla Missione, e avevano ufficialmente riconosciuto il danno che la divisione tra le Chiese stava causando alla predicazione del Vangelo nei paesi di missione.
L’impulso originato da tale presa di coscienza condusse in seguito all’istituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese nel 1948. Il movimento ecumenico aveva dunque un centro istituzionale e un punto di riferimento. Papa Giovanni XXIII compì un passo significativo per assicurarsi che il Concilio facesse ampio spazio alla questione dell’unità dei cristiani, invitando le Chiese e le Comunità non cattoliche a inviare osservatori al Concilio. Questa fu una straordinaria novità. La presenza e l’input di oltre cento osservatori che assistettero a parte delle sessioni conciliari per più di quattro anni fece sorgere una nuova consapevolezza della fraternità cristiana che si estende ben oltre i confini visibili della Chiesa cattolica.
Ma qual è stata la novità conciliare per favorire l’ecumenismo? Basandosi sull’ecclesiologia rinnovata che era stata formulata nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, UR ribaltò il ristretto approccio post-tridentino tipico della contro-riforma e si fondò su una tradizione più esplicitamente biblica, patristica e alto-medioevale, favorendo una rinnovata comprensione della relazione tra la Chiesa cattolica e il resto del mondo cristiano.
Descrivendo la Chiesa in termini di comunione piuttosto che di istituzione, il Concilio trovò la chiave per una nuova visione dei legami spirituali che uniscono tutti i battezzati malgrado le loro divisioni.
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