In breve:

Gina e Andrea. L’amore in uno sguardo

handicap

di Augusta Cabras
Una mamma e il suo figlio disabile. La storia di un amore vero, forte, grande. E di un lungo dispiacere: dover prendere atto che nel nostro territorio manca una struttura non ghettizzante, ma aperta alla comunità, dove i ragazzi con disabilità possano svolgere attività diverse, manuali, sportive, creative, seguiti da personale specializzato.
Tra Gina e Andrea è lo sguardo a farsi parola con occhi che parlano, raccontano, piangono. È uno sguardo intenso, speciale, cercato da entrambi per un tempo che pareva infinito. Insieme esprimono tenerezza e forza e il loro sorriso insegna che la vita può essere dura ma bella.
La loro storia inizia quando Gina ha 24 anni, ha appena trascorso insieme al suo compagno una gravidanza serena e in una calda mattina di luglio dà alla luce Andrea.
Andrea nasce ma non respira a causa di un’atresia delle coane, ossia una malformazione congenita che impedisce la comunicazione tra naso e faringe. Il bambino viene soccorso, poi trasferito a Cagliari, intubato e legato alla sua culletta per evitare che il tubo si sposti, monitorato e controllato costantemente. Tutto sembra troppo grande per un bambino così piccolo… Sono giorni intensi e lunghi in cui la felicità si è ben presto trasformata in preoccupazione ma non in disperazione. Gina è forte, battagliera, affronta le difficoltà quando si presentano alla porta e va avanti. La preoccupazione diventa dolore quando i giorni passano, Andrea è sofferente e Gina non può ancora vederlo, abbracciarlo, coccolarlo. Tra lei e il bambino c’è un vetro e tanti metri di distanza; tra loro c’è il personale medico scarsamente sensibile, tra loro c’è un tempo d’attesa che sembra infinito. Passano i mesi e Andrea viene trasferito in un’altra clinica specializzata dove il clima è decisamente migliore perché i medici e tutto il personale sono gentili, pronti all’ascolto, umani.
Ed è qui che ha origine l’intensità del loro sguardo. Gina dopo quasi tre mesi può finalmente vedere e prendere in braccio Andrea, avvicinarlo a sé, coccolarlo, parlargli. L’emozione di quei momenti è intensissima e Gina, nel raccontarlo, si commuove ancora. Quell’istante del primo contatto diventa il compimento massimo dell’attesa, la rinascita di Andrea come figlio e di Gina come madre. Andrea è magrissimo e stanco ma con due occhioni verdi che parlano da soli. Nel suo sguardo che incrocia per la prima volta quello della madre c’è la forza, la voglia di resistere, di stare, di esserci. Proprio come oggi. In quei giorni Andrea è ancora intubato ma nel frattempo, rimanendo aggrappato con tutte le forze alla vita, ha imparato a deglutire in autonomia. È il suo primo piccolo grande passo a cui lentamente ne seguiranno altri. La prima importante sfida che deve superare è l’operazione chirurgica che gli permetterà di respirare autonomamente. L’intervento eseguito al Mayer di Firenze durato 4 ore è andato bene ma periodicamente tornerà, per le visite e i controlli, per quasi 5 anni.
Gina affronta i giorni, i viaggi e le difficoltà con grande coraggio e determinazione. Andrea è la sua ragione di vita, niente e nessuno può fermarla. Neanche l’abbandono della persona che ha amato per tanto tempo. Lei sa di non essere sola. La sua famiglia d’origine è il suo supporto costante, il rifugio sicuro, la spalla su cui piangere e il pozzo sacro da cui attingere forza ed energia. Per lei ed Andrea c’è tutta la sua grande famiglia ed un’amica speciale Anna Lisa, che negli anni di Firenze è l’angelo custode che non farà mai mancare loro affetto e aiuto concreto. Ad Andrea nei primi mesi viene riscontrata anche un’altra anomalia, l’agenesia del corpo calloso ossia la mancanza di una commessura trasversale tra i due emisferi cerebrali. Questa malformazione, ben più grave della prima e per la quale non c’è rimedio, porta con sé la possibilità che si sviluppino nel tempo altre difficoltà legate alla deambulazione, al linguaggio, all’apprendimento. Gina è scossa ma non abbattuta. Non sa neppure lei da dove prenda tutta questa forza ma va avanti. Passano i mesi, Andrea arriva per la prima volta a casa e per tutta la famiglia è una gioia grande. Andrea cresce con un’energia straordinaria che si fatica a contenere, sviluppa stereotipie che vanno controllate, ha un ritmo sonno-veglia molto instabile. La vita per lui e la sua famiglia non è affatto semplice ma insieme a tante difficoltà arrivano anche i lenti progressi. Come i suoi primi passi mossi a due anni e mezzo verso il nonno che lo guarda stupito. In quei momenti Gina è felice; ogni traguardo ripaga la fatica, le notti in bianco, le difficoltà, le lacrime, le incomprensioni da parte di medici con scarsa sensibilità, le porte sbattute in faccia da una certa burocrazia senza senso e senza cuore.
Per Andrea arriva anche il tempo della scuola che Gina ricorda con grande affetto. Inizia a quattro anni nella Scuola Materna, dove oltre la maestra c’è un’insegnante di sostegno e un’assistente. Andrea è sereno, con i compagni si crea un bel rapporto, crescono insieme e insieme percorrono gli anni fino alla terza media dove Andrea si fermerà per altri due anni. Gina è una che non sa cosa vuol dire piangersi addosso, lotta, s’informa, si sposta e Andrea la segue dappertutto. Ad un certo punto nelle loro vite entra Giovanni che Gina conosce da sempre, così come ci si conosce nei piccoli paesi. Si rincontrano dopo tanto tempo, iniziano a frequentarsi, s’innamorano e si sposano. La vita di Gina è stravolta positivamente, anche il rapporto tra Giovanni e Andrea diventa ogni giorno più solido e nel 2007 la famiglia cresce con l’arrivo di Elisa.
La quotidianità di questa famiglia segue anche oggi i tempi e le esigenze di Andrea a cui manca uno spazio come quello della scuola. Con dispiacere Gina mi dice quanto pesi l’assenza nel territorio di una struttura adatta ad accogliere, anche solo per una parte della giornata, ragazzi come Andrea. Una struttura non ghettizzante, ma aperta alla comunità, dove i ragazzi possano svolgere attività diverse, manuali, sportive, creative con personale specializzato. Andrea ora ha quasi 26 anni, ama la musica, il mare, ama passeggiare con il suo educatore Stefano, riconosce e seleziona le persone con cui vuole entrare in contatto. Lo fa senza parole ma con uno sguardo e un sorriso bellissimo. E una sensibilità speciale.

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