In breve:

Giardini d’autore in Ogliastra

Giardinieri

di Fabiana Carta.

Giuseppe, Giorgio e Patrizia Foddis, di Baueni, artigiani e artisti del verde

I primi passi in questo mondo dipinto di verde cominciano nei primi anni Settanta con babbo Luigi. Poi, i semi sparsi qua e là hanno attecchito anni dopo, anche sui suoi figli: Giuseppe, Giorgio e Patrizia Foddis. I ricordi più vecchi, al profumo di fiori e piante, sono legati a un villaggio turistico vicino al mare. La struttura aveva chiuso i battenti, ma il verde continuava a essere curato. «Nostro padre ci portava con sé, giocavamo insieme ai figli del guardiano, ma allo stesso tempo eravamo spettatori di tutti i lavori di giardinaggio – ricordano Giuseppe e Giorgio – lo abbiamo sempre seguito e accompagnato nei suoi cantieri, anche quando siamo cresciuti un po’. Ci siamo ritrovati a lavorare in questo mondo senza neanche accorgercene».

Una scelta che è fluita in modo naturale. Nel passaggio dalle scuole medie alle superiori, ricordano la proposta di scegliere l’Istituto Agrario fatta da babbo Luigi, lanciata come un piccolo suggerimento. Sfumato. «Non l’abbiamo colto. A 13 anni non pensi che tuo padre ti suggerisca una via per prepararti al lavoro, a quell’età non ci pensi proprio che quella scelta ci sarebbe potuta servire un giorno. Tant’è che io mi sono iscritto alla Ragioneria», ricorda Giuseppe.

A 16 anni decide di fermarsi perché non sembra sentirsi a suo agio fra diritto ed economia aziendale, così lascia la scuola per andare a lavorare con suo padre. Dopo due anni torna sui banchi a prendere il diploma, però, dopo tutte le stagioni e le pause dalla scuola passate ad affiancare babbo Luigi, a quel punto la direzione era chiara e definitiva. «Da bambini e ragazzini non ci faceva lavorare sul serio, però un giorno guardavi, un giorno gli passavi un rastrello, un giorno imparavi davvero. All’inizio non l’abbiamo visto come un lavoro, era solo un andare a fargli compagnia», raccontano.

Sia Giorgio che Giuseppe si specializzano in centri di formazione professionale fuori dalla Sardegna, uno a Bologna e l’altro a Monza, alla scuola agraria del Parco, dove studia arboricoltura. Patrizia, la sorella minore, ha in testa altri progetti che non prevedono fiori e piante, infatti dopo gli studi classici si laurea alla facoltà di Scienze Politiche sognando un futuro nelle relazioni internazionali. Da bambina ricorda alcuni momenti trascorsi con sua madre, nel negozio di piante aperto nel 1988, insieme alla grande collezione di libri sul giardinaggio sistemati in una libreria dietro i vasi esposti. «Il mio professore delle medie mi aveva consigliato di iscrivermi all’Istituto Agrario di Sassari, conosceva la mia famiglia. Non l’ho ascoltato perché avevo altre idee. Alla fine del mio percorso di studi ho fatto alcune esperienze, ma mi sono resa conto di non riuscire a stare lontano dal luogo di nascita e stando qui sarebbe stato molto difficile fare qualcosa inerente alle relazioni internazionali», racconta Patrizia.

Le piante sono un destino di famiglia. Così, dopo un lungo giro, torna a Santa Maria Navarrese e prende in mano il vecchio negozio di famiglia, rinnovandolo. Oggi lei è il centro dell’azienda, si occupa della contabilità, di allestimenti per matrimoni e segue il negozio. «Da quando sono tornata ho iniziato a lavorare anche il fiore reciso, ho fatto un corso di un anno nella scuola Federfiori a Vigevano e ho capito che questo lavoro mi piace molto. Soprattutto quando mi dedico agli allestimenti. Non mi dispiacerebbe approfondire gli studi che riguardano il giardinaggio, per imparare a progettare terrazze, il verde verticale, aiutando i miei fratelli nel lavoro», spiega.

Patrizia ha ereditato da suo padre il senso del gusto, dell’estetica, l’attenzione per i dettagli. Dai primi anni 2000, quando hanno iniziato ufficialmente a fare il mestiere di giardinieri, si sono fatti strada in questo settore trovando un loro stile personale e inconfondibile. Come dei pittori, lasciano la firma in ogni spazio verde. «Lavoriamo sia per abitazioni private che per strutture ricettive, villaggi e alberghi, in giro per tutta l’Ogliastra e a volte anche in altre zone della Sardegna. Abbiamo tantissime richieste, durante l’estate il lavoro diventa molto frenetico», spiegano. Così frenetico da non riuscire quasi più a cogliere il lato poetico di questo mestiere, così frenetico da non avere il tempo di contemplare la bellezza di fiori e piante. «Ricordo la frase di un cliente – dice Giuseppe –: «Che bello, voi lavorate con le piante, con degli esseri viventi». È vero, ma potrei apprezzare di più questo aspetto se potessi lavorare senza l’affanno di dover seguire tanti cantieri. D’estate la poesia quasi scompare, lavori come una macchina. Nella nostra zona si sente la mancanza di professionisti in questo settore, le richieste sono davvero tante. Abbiamo un dipendente fisso per tutto l’anno e due o tre da assumere durante la stagione estiva. Cerchiamo di dividerci».

Il lavoro del giardiniere potrebbe assomigliare a quello di un artista che deve creare la scenografia perfetta: si parte dalla visita al cantiere e da uno sguardo al terreno, dal contesto geografico, dal tipo di struttura, si immagina cosa “costruire”. Si scelgono i colori per la tela, si decide dove applicarli. Giuseppe e Giorgio non fanno progetti su carta – e questo rende il tutto ancora più difficile –, ogni idea si sviluppa nella loro testa, immaginando e proiettando nel tempo, in quel determinato luogo, fiori e piante. «Quando dobbiamo fare un nuovo lavoro chiediamo al cliente massima fiducia, dove è possibile. Osserviamo il terreno nudo e in base il contesto ci facciamo una prima idea sul tipo di piante da disporre, sul come disporle, pensando sempre anche al loro sviluppo. Ci dobbiamo immaginare quel giardino da “adulto”, con la nostra impronta», raccontano. E poi c’è la cura continua, lo scorrere del tempo e delle stagioni. L’inverno è la stagione più rilassante, il lavoro si fa lento, segue i ritmi della natura. Si può avere il lusso di dedicarsi solo a un olivastro millenario, abbandonato da decenni, cuore a cuore, per rimetterlo in sesto. «Così ho il tempo di girarmi con soddisfazione, osservare il lavoro che ho fatto, e sentirmi bene», conclude Giuseppe.

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