E’ bello stare qui …
di Celeste Damien Randrianandrianina
“Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù. Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!». Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. Poi si formò una nube che li avvolse nell’ombra e uscì una voce dalla nube: «Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!». E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risuscitato dai morti” (Mc 9,2-9)
Un passo indietro, a “sei giorni” prima. Quel giorno Gesù aveva chiesto ai suoi discepoli: “La gente chi dice che io sia?”, ottenendone risposte le più disparate. Poi, si era rivolto direttamente ai discepoli: “Ma voi chi dite che io sia?”. È Pietro a rispondere per tutti: “Tu sei il Messia”. Da quella risposta Gesù era partito per cominciare ad insegnare proprio quale fosse il senso del suo essere Messia, e cioè che avrebbe dovuto soffrire molto, morire e dopo tre giorni risuscitare. Ecco, questo era accaduto “sei giorni prima”.
E quando Gesù porta con sè Pietro, Giacomo e Giovanni su monte, egli intende dare ad essi quasi un’ anticipazione di quel che sarà il grande evento della risurrezione. Inutile dire che i tre non capiscono subito; sono consapevoli solo di aver vissuto un momento straordinario, grande, fuori dal solito, talmente bello da indurre Pietro a dire: “Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!” Cioè, non vogliamo che finisca questa bella esperienza che stiamo vivendo con te insieme a Mosè ed Elia. Come a dire: ferma tutto a questo momento, è troppo bello! Fermiamoci qui, rendiamoci stabili, è meraviglioso! Non vogliamo più andarcene e vogliamo dimenticare il resto.
Come è possibile dire questo indicibile mistero dell’infinito che si fa sperimentare dal finito, mistero di Amore che si annienta per poter incontrare e donarsi e consentire di far vivere ciò che è piccolo e finito? Pietro vorrebbe trattenere, possedere, fermare l’Amore; ed invece, comincia quello straordinario “ministero” che gli chiede di spogliarsi continuamente dal desiderio di trattenere l’infinito per poterlo gustare solo in un attimo, come dono che sfugge quando si cerca di trattenerlo. Marco parla di una nube che “li” avvolge: l’immagine biblica già apparsa nel battesimo di Gesù, solo per lui, adesso coinvolge i discepoli. La nube vela e svela: è la carne dell’uomo in cui l’infinito di Dio ormai si svela, da quando è disceso nella carne di Gesù. È lui solo che essi vedono, scendendo dal monte per entrare nella dimensione normale dell’esistenza: ma la voce venuta dal cielo per Lui, per proclamarlo Figlio, amato da Dio, nel suo discendere nel Battesimo, adesso parla anche ai discepoli dalla nube, perché proprio nella sua carne umana vedano il Figlio amato, per garantire che la sua scelta di fedeltà ad una via di umiltà, è quella gradita a Dio. “Ascoltate Lui”: vedere l’umanità di Gesù ed ascoltare Lui è la via per entrare nella vita, è il suo “Vangelo”.
Gesù vuol far capire ad essi che il momento che hanno vissuto è importante, unico nella loro vita in quel lasso di tempo, ma non deve fermarsi lì, deve proseguire. Anzi, d’ora in poi devono ascoltare: “Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!”, fidarsi di Gesù qualsiasi cosa succede. Perciò, il Maestro li fa scendere, li fa ritornare da dove sono saliti (nell’ordinarietà) ma questa volta con un qualcosa in più, con una esperienza in più, con una ricchezza in più, una differenza dentro di loro. Solo dopo la risurrezione comprenderanno veramente l’accaduto, perché si tratta di cose che trovano maturazione e vengono capite solo nel tempo.
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