Duecento anni fa nasceva la Diocesi. Un seme divenuto un albero
di Mons. Antonello Mura.
Venerdì 8 novembre, con la Santa Messa a Tortolì, abbiamo celebrato la nascita della Diocesi, avvenuta duecento anni fa. L’indizione, firmata da papa Leone XII, indicò allora come sede ufficiale Tortolì, e come Cattedrale la chiesa diSant’Andrea. Pio XI, nel 1927, dopo 103 anni, trasferì la sede a Lanusei, e la chiesa di S. Maria Maddalena divenne la Cattedrale. La S. Messa ha convocato sacerdoti e diaconi, con una bella partecipazione della comunità locale, oltre a presenze provenienti da altre parrocchie, accolti dal parroco, Mons. Piero Crobeddu e dai suoi collaboratori. Presenti anche i sindaci Marcello Ladu (Tortolì) e Davide Burchi (Lanusei). La celebrazione, solenne e sobria, è stata ricca di gratitudine al Signore e alla Chiesa per la presenza nel territorio ogliastrino della Diocesi. Ricordando che finora sono quattordici i vescovi titolari, abbiamo pregato e salutato a distanza Mons. Antioco Piseddu (per 33 anni vescovo in Diocesi), che proprio l’8 novembre celebra l’anniversario di ordinazione episcopale.
Ci hanno accompagnato queste Letture: Sap. 9,13-18; Salmo 89 (90); 2Pt 3,1-2.8-10; Mc 4,30-33, scelte tenendo conto quanto la Parola di Dio sia essenziale per illuminare il tempo e il senso della storia che viviamo, e avendo presente che agli occhi di Dio «un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno». Dell’omelia riporto alcuni passaggi.
«(…) Festeggiamo il dono costante della presenza del Signore in mezzo a noi. Pane e Parola ci hanno guidato in questi decenni, e questo cibo, contemporaneamente spirituale e reale, ci aiuta a camminare secondo le splendide parole dell’angelo al profeta Elia: Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino (1Re 19,7). (…) Sono convinto che la presenza della Chiesa in questo territorio abbia avuto come compito fondamentale quello di ascoltare intelligentemente la sua gente. La Chiesa, infatti, in luoghi spesso marginali e anche marginalizzati, è sempre stata interlocutrice seria e affidabile, sia per le persone che per le comunità, comprese le istituzioni, anche quando non si percepiva esternamente o non veniva riconosciuto il suo ruolo.
Parlo di un ascolto che ha generato energie e risorse; un ascolto che ha rincuorato la nostra gente e ne ha sostenuto le fasi belle o complicate, talvolta fatte di povertà, di isolamento e di frustrazione (…). In questo territorio la Chiesa continua ad essere povera; non ha patrimoni, se non quelli creati grazie alla fiducia della sua gente e all’operosità dei suoi pastori e dei loro collaboratori. Povera, evangelicamente, non significa però inefficace o messa all’angolo, ma che è come un seme, quell’evangelico granello di senape che sa scendere sulla terra al quale è destinato e porta frutto a suo tempo. Per questo motivo la Chiesa diocesana non prova sensi di inferiorità. (…) Anche le nostre radici sono scaturite da un seme e da un germoglio, e hanno permesso che nascesse e crescesse un albero dove gli uccelli del cielo possano fare il loro nido (cf. Mc 4,30-33). (…) Oggi c’è un albero rigoglioso, che ha radici profonde anche quando rimangono invisibili. (…) Grazie, Signore, per questa radice, grazie per i semi, i lieviti e i germogli che hanno contributo a far crescere questa Chiesa; grazie ai miei predecessori, ai sacerdoti e ai diaconi, a tutti i credenti che hanno impreziosito la Diocesi, aiutandola, anche con fatica, ad essere la comunità di Gesù.
Oggi viviamo una fase nuova, con l’unione in persona episcopi con la Diocesi di Nuoro, e ci affidiamo come sempre al Signore; sarà lui, tramite la Chiesa a dirci quale futuro ci aspetta. Maria, nostra Patrona con il titolo di Madonna del Rosario d’Ogliastra, ci accompagni premurosamente come una Madre che continua ad avere a cuore i suoi figli».
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