Di punto in bianco
di Claudia Carta.
È come dire, un giorno all’improvviso. Come assistere ad accadimenti inattesi, imprevisti, che lasciano del tutto impreparati, il più delle volte sgomenti.
Ti svegli normale e ti addormenti senza più sapere come vivrai e se vivrai. Se fosse una data, sarebbe l’8 marzo 2020. Un virus a insegnarci piccolezza e fragilità, a custodire un tempo sospeso che ancoraoggi fatica a scrollarsi di dosso il suo essere trattenuto, interrotto. Un bianco nulla che avvolge e stravolge.
8 marzo 2021. Tutti grandi…e vaccinati. Magari, verrebbe da dire. Eppure così diversi. La normalità ancora preclusa e l’emergenza a vestire i panni di quotidianità, portando a spasso stracci di diffidenza, paura, ansia e solitudine. Eppure, bianco! Sì, bianco e i suoi sinonimi: centopercento ragazzi a scuola, fine settimana ai centri commerciali, fuori a cena in ristorante, aperitivo al bar alle 20, sabato e domenica gita al museo. Un tripudio di bianco in un’Italia che dal giallo, all’arancione, all’arancio rafforzato, scuro quasi marrone, al rosso, di colori vive, sopravvive, lotta e ancora muore. L’Isola bianca che non può (ri)sbagliare proprio ora, come sotto il solleone di agosto, ma che quanto mai esige “vaccinati e sicuri”. Tutti e subito.
Un attimo. Il tempo di…cambiare canale e un uomo vestito di bianco arriva laddove c’erano solo bandiere nere. È storia. Laddove i grandi della terra arrivano e subito ripartono, quell’uomo che si fa chiamare Francesco si ferma, incontra, tende la mano, ascolta, ma parla chiaro. Bagdad come Najaf e Nassirya, come Erbil e Qaraqosh. Come Mosul e la piazza “delle quattro chiese”, dove le macerie odorano di violenza devastatrice. Qui il bianco urla che la fraternità è più forte del fratricidio, che la speranza è più forte della morte, che la pace è più forte della guerra.
Di punto in bianco. Perché succede sempre qualcosa quando meno te l’aspetti. E succede che la Grande Mela ha spazzato (meglio, spezzato) via i cavallini di Costantino Nivola, bianchi anch’essi, come la fantasia galoppante dei bambini. Il più grande progetto pubblico di Nivola a New York, realizzato con Richard Stein nel 1964, «ispirato ai cavalli a dondolo dell’infanzia e alla statuaria orientale» è volato via a colpi di mazza perché la piazza delle Wise Towers necessitava di un «rinnovamento». Tristezza e indignazione non hanno colore. Oltraggio all’arte, a un uomo, a un artista e alla sua terra che resta basita.
Quante è diverso tutto questo bianco improvviso, ma si sa: «dalla mollezza di una spugna bagnata fino alla durezza di una pietra pomice, ci sono infinite sfumature. Ecco l’uomo» (Honoré De Balzac).
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