In breve:

Custodire le vocazioni come un’amorevole madre

Sacerdoti

di Mons. Antonello Mura.
“Siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature” (cf 1Ts 2,7). Le parole di Paolo ai credenti di Tessalonica rivelano i suoi sentimenti durante la permanenza nellacomunità,e ci offrono una bella immagine per essere una Chiesa che scopre, nutre e custodisce le vocazioni.
Scelgo due termini, pensando in particolare all’animazione delle vocazioni di speciale consacrazione, che permettono di esprimere qualche riflessione su questo tema. I termini sono: fiducia e custodia.
Fidarsi non solo è un atteggiamento tipicamente umano, ma è fondamentale per compiere un atto di fede. Se riflettiamo su come educare i giovani a scegliere la propria vocazione dovremo sempre partire dall’aiutarli a fidarsi, a lasciarsi scegliere. Il paradosso è proprio questo: prima della scelta che posso fare di Dio, c’è la scelta che lui fa di me. La fiducia diventa lo spazio non occupato dal calcolo, o che il calcolo (cosa mi conviene scegliere?) non riuscirà mai ad occupare. Questo per qualsiasi tipo di decisione: da quella di credere a quella vocazionale, per le quali non può bastare il calcolo razionale. E se manca la fiducia prevalgono la lettura soggettiva, le paure, i dubbi, le resistenze, le aspettative irrealistiche. Se invece è la fiducia a dominare la scena, allora la scelta è radicale e totale; irreversibile come tutte le scelte fatte perché ci si sente amati e s’impara ad amare.
Anche la nostra Chiesa diocesana è chiamata a essere una madre che accresce la fiducia in Dio e indica itinerari per scoprire come fidarsi della sua Parola. A fronte di un’evidente cultura dell’indecisione che accompagna non solo i giovani, ma anche genitori, insegnanti ed educatori, siamo chiamati a divenire delle comunità che orientano e sostengono i germi vocazionali che Dio continua a donare, purificando motivazioni e liberando il cuore da idolatrie consce o inconsce.
Inoltre, come non si dà vita umana senza fiducia, così non c’è vocazione senza cura. La custodia di una chiamata è un compito ecclesiale che inizia dalla sua accoglienza. La cura è ciò per cui un cuore ha interesse, al quale esprime attenzione e passione, creando fraternità.
Siccome oggi la tentazione è spesso quella di colpevolizzare sempre altri per la mancanza di vocazioni consacrate (società, famiglia, scuola…), se davvero la fiducia è un elemento costitutivo del nostro essere umani, allora è anzitutto indispensabile custodire l’umanità dei nostri ragazzi manifestando loro un’accoglienza incondizionata. Grazie a questo atteggiamento umano ed ecclesiale, può nascere la stima di sé, quella negli altri, nella vita, in Dio…
Se oggi il contesto attuale presenta purtroppo famiglie spezzate, relazioni ferite, figli mal amati, con la conseguenza di vedere tanti orfani reali o psicologici, verticali e non solo orizzontali, è essenziale – oltre capire la situazione – svolgere animazione vocazionale mettendosi accanto ai giovani per manifestare, prima di tutto, la tenerezza di un Dio che ama, non dimentica nessuno, sceglie e chiama nonostante fragilità e contraddizioni.
La nostra gioia come Chiesa è quella di dimostrare verso i nostri giovani affetto sincero, dedizione di tempo, pazienza soprattutto nel rispetto dei loro ritmi, attivando così un circuito virtuoso che, seppur preliminare a ogni possibilità di scelta, è una modalità irrinunciabile per permettere a loro di acquisire fiducia e sentirsi custoditi dall’Amore.

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