Col Cuore in mano
di Claudia Carta.
17 ottobre 1881, lunedì
Oggi primo giorno di scuola. Passarono come un sogno quei tre mesi di vacanza in campagna! Mia madre mi condusse questa mattina alla Sezione Baretti a farmi inscrivere per la terzaelementare: io pensavo alla campagna e andavo di mala voglia. Tutte le strade brulicavano di ragazzi; le due botteghe di libraio erano affollate di padri e di madri che compravano zaini, cartelle e quaderni, e davanti alla scuola s’accalcava tanta gente che il bidello e la guardia civica duravan fatica a tenere sgombra la porta.
Un primo giorno di scuola vecchio, si fa per dire, 134 anni.
Ieri le gloriose macerie che portarono all’Unità d’Italia, momento epocale in cui “L’Italia è fatta, tutto è salvo”, ma anche consapevolezza profonda del “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”. Oggi la pandemia, con infami micro particelle di virus a devastare vite, certezze, economie e finanze mondiali, in un coacervo sconfinato di interessi, business e speculazioni che ribadisce in maniera brutale quanto ci sia – per dirla con il vescovo Antonello – «una minoranza benestante che se la gode e una maggioranza fragile, esclusa».
Oggi come allora, se il piccolo Enrico Bottini nella stanza d’entrata del caseggiato scolastico descrive con benevolenza, ma con ferma cognizione di causa «signore, signori, donne del popolo, operai, ufficiali, nonne, serve».
Ieri, il tozzo Stardi, capace di superare le sue difficoltà grazie all’enorme impegno nello studio, che tanto ama la sorella più piccola da lanciarsi in una feroce rissa per difenderla da Franti, il cattivo, figlio di poveracci, che temeva i più grandi e se la prendeva con i più deboli. Oggi, Willy Monteiro Duarte, di anni 19, brutalmente ucciso in un pestaggio nel tentativo di difendere un amico in difficoltà.
Ieri, il Maestro Perboni e le sue prime parole ai ragazzi: «Io non ho famiglia. La mia famiglia siete voi. Avevo ancora mia madre l’anno scorso: mi è morta. Son rimasto solo. Non ho più che voi al mondo, non ho più altro affetto, altro pensiero che voi. Voi dovete essere i miei figliuoli». Oggi l’insegnante di italiano che agli studenti liceali proclama beatamente: «Non sono pagata per essere il vostro psicologo, i problemi risolveteveli da soli».
E se è vero, come diceva don Lorenzo Milani che «se si perdono i ragazzi più difficili, la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati», l’auspicio è che ogni aula scolastica trabocchi della ridondanza nobile e genuina del Garrone di turno.
«Ora leggete questo libro, ragazzi: io spero che ne sarete contenti e che vi farà del bene», scriveva Edmondo De Amicis licenziando il suo Cuore. Valori e buoni sentimenti. Questa la lezione da imparare.
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