Iniziative Diocesane
A scuola di consapevolezza digitale
di Valentina Pani.
Appuntamento tradizionale per tanti maturandi ogliastrini che raccolgono l’invito della diocesi a mettersi in gioco e insieme al giornalista e scrittore Luigi Carletti tracciano un bel percorso multimediale
Giovani tra rischi, incognite e opportunità. È ormai la sesta edizione dell’iniziativa portata avanti dalla diocesi che ha come scopo quello di offrire ai giovani maturandi una maggiore consapevolezza digitale. Quattordici ragazzi vi hanno preso parte, provenienti da diverse scuole: I.T.C., Agrario, I.T.I., Liceo Scientifico di Tortolì, Liceo Classico e Scientifico di Lanusei.
Nella white room del seminario, tutti uniti per uno stesso fine, pronti a comprendere e decifrare l’attuale transizione digitale, sconfiggere quell’ansia di inadeguatezza che può tormentare i giovani, ma soprattutto scoprire e prendere atto dei rischi e delle opportunità del cambiamento digitale.
«È stata una bellissima esperienza – racconta Cristian –: quattro giornate veramente interessanti guidate dal giornalista e scrittore Luigi Carletti». «Oltre a essere estremamente competente – aggiunge Giacomo – ha saputo instradarci, nonostante i tempi ridotti, a lavorare come un’autentica redazione giornalistica».
Una redazione. Con i ragazzi nei panni di giornalisti. «Ognuno di noi ricopriva un ruolo essenziale – spiega Roberta –: io mi occupavo della parte social, mentre i miei colleghi avevano i ruoli del fotografo e dello scrittore». Tre redazioni pronte a lavorare per un unico scopo: la realizzazione di un libro con interviste a personaggi locali e nazionali. Tema: la rivoluzione digitale e i mutamenti che essa sta creando nella nostra società. «Una cosa che mi ha estremamente colpito – sottolinea Giacomo – è quanto le persone che abbiamo avuto modo di intervistare fossero professionisti affermati». Il senso del libro è quello di una conoscenza mirata da parte dei suoi autori – i giovani, appunto – ma anche di un approfondimento di alcuni significativi temi di attualità. E chi meglio di Renato Soru, Martina Gatti, Fabrizio Peronacci, Giulio Anticoli, Sebastiano Congiu, Giuseppe Tambone, Stefano Tamburini, Gianluigi Ciacci e Edoardo Fedele potevano accompagnare i ragazzi nella conoscenza di questa rivoluzione digitale per cambiare il mondo?
«Tutti avevamo l’opportunità di porre loro tante domande – spiega Graziella – mentre ogni redazione aveva una specifica intervista da trascrivere, che poi diventerà un capitolo del nostro libro».
Per dirla con Papa Francesco: «La Rete digitale può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili, ma di persone… Internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio». È questo il messaggio che anche la nostra diocesi vuole lanciare ai giovani, formarli, accompagnarli nella scoperta delle grandi possibilità che il mondo digitale offre, ma al tempo stesso mettendoli in guardia dai suoi lati oscuri. «È stata soprattutto un’esperienza utile – afferma Chiara – grazie alla quale ho avuto modo di apprendere nuove competenze in campo giornalistico e credo che tutto questo possa essermi utile in futuro, specie in vista dell’esame di maturità». E Ilenia aggiunge: «Consiglierei a ogni maturando di partecipare a questo corso perché oltre a essere istruttivo e interessante, è un dono che la diocesi ci fa, un ottimo modo per conoscerla e per socializzare».
“Stupefatto”. I pericoli della droga
di Fabiana Carta.
Nell’aula magna dell’Istituto di Istruzione Superiore ITI di Tortolì cala il silenzio. Unico elemento di scena: un leggio su sfondo nero. L’attore Fabrizio De Giovanni, allievo del Premio Nobel Dario Fo e Franca Rame, si colloca al centro del palco e inizia il racconto. Solo voce, qualche immagine e musica. Emozione pura, che sfocia spesso in commozione.
Lo spettacolo Stupefatto, che segue il filone del teatro civile, ci presenta la storia di Enrico Comi e del suo gruppo di amici, di come si siano avvicinati al mondo della droga, in un crescendo di avvenimenti e dialoghi interiori che hanno tenuto i ragazzi con gli occhi sbarrati. Poche, angoscianti immagini in bianco e nero, luoghi isolati, una pineta, un motorino, una piazza, un letto d’ospedale. Se lo fanno tutti posso farlo anch’io. La curiosità di provare qualcosa che non si conosce ma che affascina, gli amici che sembrano aver superato per magia ogni problema grazie a quella sostanza e un pensiero che rimbomba nella testa: vuoi essere felice anche tu o vuoi tenere il muso? Cercare una nuova dimensione, un rifugio. Ecco che si entra in quel vortice che credi di poter fermare, come se fosse una fermata del tram, scusate voglio scendere.
La storia vera di Enrico dimostra in modo semplice e diretto, senza demonizzazioni, che la droga è semplicemente inutile, è un circolo vizioso di dolore e solitudine. La droga è furba, ti acchiappa dentro regalandoti brevi momenti di apparente piacere, poi ti cancella le emozioni. Ad un certo punto mi sono guardato allo specchio e mi sono visto davvero.
Diocesi di Lanusei, Caritas e Progetto Policoro hanno fortemente creduto nella compagnia Itineraria Teatro, che vanta più di 85 mila studenti raggiunti e oltre 160 repliche in quattro anni, la vincita del Premio Nazionale Enriquez (miglior attore, miglior drammaturgia, miglior spettacolo 2016) e la firma di un Protocollo d’intesa con il Miur e la Banda degli Onesti per il contrasto alle dipendenze attraverso il teatro civile.
Uno spunto di riflessione, una scossa, per i ragazzi delle Industriali, Ragioneria, Classico e Scientifico di Tortolì, perché come diceva Bertolt Brecht: «Il teatro è il mezzo più diretto per comunicare un’idea o un concetto». Raggiungere i ragazzi e coinvolgerli in argomenti come la droga non è cosa semplice, si rischia sempre di creare l’effetto contrario, l’effetto ribellione. La storia di Enrico arriva dritta e sincera, senza fronzoli, e ti porta dentro i suoi abissi.
Alla fine dello spettacolo, quando i ragazzi scoprono che il vero protagonista della storia era seduto fra loro, lo stupore è generale. Enrico sale sul palco, davanti ai nostri ragazzi, e saluta tutti lasciando una speranza: «Il senso di responsabilità mi ha salvato. Ho trovato la forza di rialzarmi grazie a mia moglie e i miei figli». Una speranza che lascia in bocca un senso di amaro, quando alla fine della storia scopriamo che nove dei suoi amici sono morti. No, non smetto quando voglio.
Nuova libreria Ogliastra: la cultura al primo posto
di Augusta Cabras.
Il rinnovamento della libreria diocesana segna un momento importante per la vita diocesana. Imprime un segno concreto e forte della missione della Chiesa tra gli uomini nutrendoli anche di cultura
Un altro tassello importante compone il nuovo Centro familiare e l’oratorio interparrocchiale Amoris Laetitia. Si tratta della libreria che a breve aprirà le sue porte costituendosi come un centro di promozione culturale a servizio della comunità; un soggetto attivo e significativo nel territorio diocesano e per le sue comunità, cuore nevralgico di attività pastorali e culturali.
Non un’esposizione libraria qualunque, quindi, non un semplice supermercato del libro, ma un luogo dove l’attenzione e l’ascolto per chi vi entra viene prima di tutto, dove è possibile rispondere alle richieste, orientare i gusti, assecondarli, aiutarli a maturare. Un luogo stabile per fare cultura e promuovere le novità editoriali che vengono dal mondo ecclesiale e non solo, che ha come obiettivo principale quello della crescita umana, culturale e spirituale. Luogo di incontro, confronto, scambio e socializzazione in un tempo in cui la tentazione di rimanere chiusi tra la pareti della propria casa per vivere piazze e spazi virtuali è altissima.
La libreria è a disposizione di tutti e in particolare a disposizione di chi, per esigenze di studio e pastorale, necessita di approfondire su testi vecchi e nuovi. Punto di riferimento per i parroci, gli insegnanti, i catechisti e gli educatori, ha il compito di instaurare relazioni dentro e fuori il mondo ecclesiale e di intessere una proficua collaborazione con gli uffici pastorali.
La nuova libreria nasce sulla scorta dell’esperienza maturata in oltre quarant’anni di attività. Fu aperta come Cartolibreria nei primi anni Settanta, su desiderio, impegno e incoraggiamento del vescovo Salvatore Delogu che aveva notato, all’arrivo a Lanusei, dell’assenza di una libreria. Venne coinvolto, per dare concretezza al progetto, Mons. Antonio Demurtas, parroco della Cattedrale, che dopo attente ricerche considerò idonei gli ambienti di proprietà di Maria Puddu (nipote del Canonico Puddu) che si aprivano sulla trafficata via Umberto al civico 22 e nei pressi della Cattedrale. La prima responsabile fu Assunta Tegas, a cui subentrò come coordinatrice Adriana Piroddi mentre la libreria stessa, dopo la morte di Maria, venne trasferita nei locali di proprietà della parrocchia Cattedrale, con ingresso nel piano della strada al civico 2 della via Umberto. L’esposizione dei libri poteva contare su un piccolo vano di ingresso e uno un po’ più ampio.
Il rinnovamento della libreria diocesana, la cui gestione è stata affidata a due giovani donne ogliastrine, segna un momento importante per la vita diocesana. Imprime un segno concreto e forte della missione della Chiesa tra gli uomini nutrendoli anche di cultura: «Sempre la cultura nasce dal mettersi insieme – sottolinea il vescovo Antonello nella sua lettera pastorale “Sul carro con Filippo” –, dal senso di comunità e comunione, specie quando oggi, grazie all’innovazione digitale, possono emergere molte opportunità. Non è sbagliato dire che la tanto auspicata “conversione pastorale” passa anche da una “conversione culturale”. Rendendo le nostre comunità consapevoli che i progetti di annuncio devono raggiungere e interessare tutti: una sensibilizzazione che è chiamata a confrontarsi con tutte le opzioni culturali presenti nel territorio e nella società più ampia, e che può portare a individuare progetti condivisi anche con altre realtà culturali e sociali».
In viaggio con Sant’Ignazio da Laconi e il Beato Nicola da Gesturi
di Valentina Pani.
Forza! È quasi l’alba! Tutti giù dal letto! È il 15 dicembre e con circa venti giovani della nostra Diocesi ammiriamo l’alba mentre ci troviamo in cammino verso Laconi e Gesturi, alla scoperta dei Santi della porta accanto. Ognuno cerca un posto comodo sul bus, il viaggio è lungo, ma ne varrà la pena! Curve e controcurve iniziano a conciliare il sonno, ma ecco, una voce risuona: è la parola di Dio! Ad annunciarla, il responsabile della pastorale giovanile, don Battista Mura, accompagnato dai due diaconi don Alfredo e don Federico. Tutti uniti in un momento di preghiera che ci farà da guida durante la giornata.
Dopo circa tre ore, finalmente arriviamo a Laconi. Si scende. Sgranchiamo un po’ le gambe con una piccola passeggiata che ci porta alla casa natale di Sant’Ignazio. Il freddo inizia a farsi sentire, ma tutto si riscalda con il calore dell’accoglienza da parte della sindaca e dei frati. Ci accolgono un grande sorriso e una visita guidata negli spazi che raccontano la storia del Santo: ci muoviamo sui suoi passi, ammiriamo scorci del suo vivere, entriamo nel pieno della sua vita. È così strano: le nostre scarpe camminano proprio dove lui camminava con i suoi sandali. È emozionante entrare nel vivo della quotidianità di un Santo, ancor di più di un Santo sardo!
È l’ora della Santa Messa con la comunità. Un’allegra celebrazione animata dallo zampognaro del paese che fa coro con i bambini del posto. Ci sentiamo parte di questa calorosa comunità, ci hanno accolti e ci stanno accompagnando con una moltitudine di sorrisi. Ci spostiamo, poi, per la pausa pranzo: zaini in spalla, ci dirigiamo verso il parco Aymerich. Bastano pochi passi per entrare nella bellezza più assoluta della natura: alberi, cascate, laghi e pesciolini ci tengono compagnia in un rilassante pranzo insieme. Siamo una grande famiglia! La natura ci parla, lascia nella nostra mente e nel nostro cuore la pace. Si riparte. Il pullman riprende il cammino verso Gesturi. Pochi minuti e siamo lì. Ad accoglierci un grande presepe che ci fa sentire il calore del Natale. Passeggiamo tra qualche bancarella natalizia che ci accompagna alla Chiesa parrocchiale. Lì, alzando gli occhi al cielo, è il volto del Beato Nicola a darci il benvenuto. Anche qui camminiamo sugli esempi della sua vita, passeggiamo per le vie del paese sino ad arrivare alla sua casa natale, ormai diventata luogo di culto e di preghiera. Una piccola pausa di adorazione tra queste importanti mura e ci rimettiamo in cammino verso la Parrocchiale di Santa Teresa di Gesù dove, ad accoglierci, troviamo l’amministratore apostolico, don Nicola Pinna. Insieme, ci stringiamo in un momento di preghiera, prima di riprendere il cammino verso casa: un lungo viaggio di rientro ci aspetta.
Il tempo scorre insieme ai chilometri e tanti pensieri risuonano in noi: abbiamo poggiato i piedi sulle orme dei nostri Santi che hanno donato la vita per il Signore, lo hanno amato e onorato nella quotidianità, in ogni piccolo gesto. E noi oggi siamo qui a seguire il loro cammino, facendo di loro la nostra ispirazione per amare Cristo e donarci a Lui come essi stessi ci insegnano, pronti a raccogliere una grande sfida ed essere, anche noi, la classe media della santità.
L’immagine di Dio e la sua ricerca
di Miria Ibba.
Si è tenuto a Sardara, dal 3 al 5 ottobre scorso, il corso annuale di aggiornamento per docenti di Religione Cattolica di ogni ordine e grado, dal titolo “L’immagine di Dio e la sua ricerca. La verità di fede alla prova della sensibilità degli studenti”.
Un incontro ormai abituale per i docenti di Religione, denominati formatori, che hanno il compito arduo e importante di trasmettere la formazione fatta a livello regionale, all’intero corpo docente diocesano.
Ogni diocesi era rappresentata da quattro insegnanti appartenenti ai quattro ordini di scuola. Promotore e coordinatore del corso, l’Ufficio scolastico regionale IRC per la Sardegna.
La Diocesi di Lanusei, delegata dalla CES, ha gestito l’organizzazione e tenuto contatti con il Miur, il quale ha autorizzato e finanziato il progetto. Presente e garante l’ispettore del Miur, Peppino Loddo.
Da cinque anni il corso è itinerante. Si è partiti da Lanusei, poi è stata la volta di Nuoro, Alghero per la diocesi di Alghero-Bosa e lo scorso anno dell’arcidiocesi di Sassari. Quest’anno è toccato alla diocesi di Ales-Terralba ospitare il corso a Sardara.
La ricerca della sinergia sul territorio significa creare ponti educativi tra comunità scolastica e territorio, valorizzando anche il patrimonio della comunità ecclesiale e promuovendo progetti rispettosi della formazione integrale dell’uomo, al fine di favorire il miglioramento identitario dell’alunno, il suo riconoscersi appartenente a quella cultura presente e incarnata nel patrimonio locale.
Ad accogliere i docenti, il sindaco di Sardara, Roberto Montisci, che ha apprezzato la scelta della sua città per lo svolgimento del corso, sia per la tematica proposta che per l’occasione di conoscenza del territorio e delle sue peculiarità, seguito dall’Arcivescovo di Oristano e Amministratore Apostolico di Ales-Terralba, Roberto Carboni e da don Claudio Marras, responsabile diocesano per l’IRC.
Antonello Mura, vescovo di Nuoro e Amministratore Apostolico di Lanusei, delegato regionale per il Progetto Culturale ha poi aperto il Corso con una lectio magistralis incentrata sul primo capitolo della Genesi, paragonando il paradiso terrestre alla scuola, che assume le sembianze di un giardino educativo: come Dio ha lasciato che liberamente la prima coppia dell’umanità trasgredisse alle sue indicazioni e abbandonasse l’Eden, luogo protetto per eccellenza, così gli educatori devono lasciare liberi i ragazzi e le ragazze loro affidati. La scuola è un giardino recintato che deve avere qualche via di fuga, se fosse privo di apertura leverebbe l’opportunità di crescita, di maturazione. Nel giardino-scuola il rapporto tra alunni e insegnanti non è autoritario ma autorevole, si mantiene sempre l’asimmetria dei ruoli, ma l’educatore segue, sostiene, aspetta chi gli è stato affidato. Come Dio, egli deve sapere che il seme porterà all’albero, anche se non sempre gli sembrerà di riconoscerne il frutto.
Relatrice del corso, Maria Teresa Moscato, docente ordinario di pedagogia generale e sociale dell’Università di Bologna, che ha dato il via ai lavori. Alle relazioni di base e di approfondimento sono succeduti i laboratori dei gruppi, la sperimentazione e la progettualità.
Il lavoro di gruppo è stato un momento estremamente arricchente che ha consentito di condividere situazioni di vita reale e di favorire il confronto sia dal punto di vista umano che professionale.
La celebrazione della Santa Messa da parte del vescovo Antonello nella Chiesa gotica di Santa Maria Aquas ha aperto il secondo giorno del percorso, durante il quale ha avuto luogo il laboratorio didattico sul territorio. Lodevole l’iniziativa del docente locale e delle collaboratrici dell’Ufficio IRC della diocesi ospitante, Giovanni Canargiu, Barbara Adalgisa Pinna e Simona Ruggiero di far guidare la visita agli alunni della scuola secondaria di I grado di Sardara. I ragazzi hanno condotto i partecipanti tra i monumenti e i siti archeologici più prestigiosi come il villaggio nuragico con tempio a pozzo sacro di Sant’Anastasia, situato nel centro abitato, dove sorge l’omonima chiesetta.
I lavori della terza e ultima mattinata sono stati introdotti da una breve lectio di Don Giuseppe Casti, delegato mondiale per i Salesiani Cooperatori e ospite della tavola rotonda guidata da Barbara Adalgisa Pinna, attraverso gli interventi di Maria Teresa Moscato, Don Giuseppe Casti e Sebastian Ruggiero, dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo di Arbus.
Conclusioni affidate proprio alla Moscato, attraverso una verifica sul raggiungimento degli obiettivi prefissati: ragionare su come si forma l’immagine di Dio nella psiche e quale funzione essa assolve nello sviluppo della persona in crescita e nelle sue trasformazioni adulte; analizzare e valutare materiale empirico ricavato da ricerche specifiche: come i bambini disegnano Dio; riflettere su come introduciamo l’immagine del Dio cristiano nel corso delle attività didattiche.
È stato messo in evidenza il ruolo specifico che l’insegnamento della religione cattolica svolge nel campo dell’educazione integrale della persona e il contributo che può dare nella costruzione di percorsi formativi orientati allo sviluppo delle competenze, in maniera particolare quelle della cittadinanza. Ci si è, inoltre, confrontati con le buone pratiche e le esperienze didattiche finalizzate a innovare il processo di insegnamento-apprendimento nell’ottica della ricerca-azione.
Ancora una volta una bella occasione di formazione, dialogo e crescita per tutti e a tutti i livelli.
Ripartire dalla famiglia
di Maria Franca Campus.
Sempre più ricco di spunti e rinnovato entusiasmo, l’appuntamento agostano con il campo famiglie nell’oasi di Bau Mela si conferma un momento di crescita e condivisione particolarmente apprezzato
Tre giorni all’insegna della spiritualità, della riflessione, della pace e della comunità, lontani da spiagge e ombrelloni. Anche quest’anno, ad agosto, nel cuore dell’estate, mamme, papà e figli si sono ritrovati a Bau Mela per il campo famiglie organizzato dalla Diocesi di Lanusei.
La parola campo rimanda a semina e raccolto. La famiglia è proprio il terreno su cui coltivare principi, fede e amore e guai a non curare e innaffiare quei semi, quei fiori, quei frutti. L’esperienza di Bau Mela è nata proprio per prestare attenzione alla famiglia, non nella solitudine della propria casa ma insieme, in comunità, in un luogo lontano dalla mondanità, immerso nel verde che parla di pace e natura, in cui ci si sente più vicini a Dio.
Quest’anno i partecipanti erano 90 (21 coppie e una quarantina di bambini), provenienti da diversi paesi della diocesi: Lanusei, Tortolì e Arbatax, Ilbono, Arzana, Ulassai, Villagrande, Perdasdefogu e Villaputzu. Chi partecipa dalla prima edizione, chi lo fa da qualche anno, chi è alla prima esperienza. Famiglie con sei, cinque, quattro figli, altre con due, tre, ma anche coniugi senza prole perché il pilastro è la coppia. Tre giorni con momenti di preghiera, convivialità, ma anche formazione e riflessione, passeggiate e perché no, relax.
Un’organizzazione impeccabile che conta sull’impegno di tanti volontari e su una struttura capace di ospitare un gruppo così numeroso. Giovanni Pischedda e Pinuccia Nieddu sono i responsabili della pastorale familiare e con loro collabora un’efficiente équipe composta da otto coppie. Ma la macchina organizzativa funziona anche grazie al prezioso lavoro di Giulia Aresu, in cucina insieme a fedeli collaboratrici e animatrici che seguono i bambini mentre mamme e papà sono impegnati. Padre dell’iniziativa è stato Mons. Antioco Piseddu che inaugurò l’esperienza 15 anni fa. Il vescovo Antonello Mura ha riconfermato ogni estate quell’appuntamento virtuoso, convinto com’è che le famiglie sane siano alla base di una società sana. Dal suo insediamento ha sempre mostrato una particolare attenzione per la famiglia dedicando a essa la giornata del 2 giugno e organizzando durante l’anno diverse iniziative di formazione di alto spessore culturale e spirituale. Appuntamenti per dare sostegno e consigli agli sposi nel loro cammino e per sottolineare che è da lì che bisogna partire per costruire una società migliore.
La tematica di quest’anno è stata: “Conflitti e ferite in famiglia. Come ritrovarsi pacificati?” su cui sono intervenuti Paola Cadau e Andrea Irde, una coppia di Scano Montiferro che ha svolto un master sulla consulenza familiare, padre Christian Steiner, responsabile regionale della pastorale familiare e il vescovo Antonello Mura. Le difficoltà, le ferite come esperienza e opportunità di crescita, l’importanza di riconoscere e orientare le proprie emozioni, il progresso della famiglia, la forza della comunicazione sono solo alcuni degli argomenti affrontati che sono stati oggetto di riflessione personale, poi di coppia e infine comunitaria. Iosé Pisu e Lucia Pistis che hanno partecipato a tutti i campi famiglia di Bau Mela riconoscono che quella di quest’anno era una tematica spinosa, di certo non facile da affrontare: «Avere avuto l’opportunità di riflettere su questo argomento, di parlarci faccia a faccia come era previsto in diversi momenti, è stato prezioso». Al termine del campo i partecipanti hanno espresso viva soddisfazione per l’esperienza vissuta e sono tornati a casa carichi di buoni propositi, rinnovati nella fede e nell’amore.