In Evidenza

La gioia del tempo libero e la “società della stanchezza”
di Mons. Antonello Mura.
Quando pensiamo al tempo estivo normalmente lo carichiamo di tante attese, ma (alla fine) ci accorgiamo spesso di averlo sprecato, se non addirittura perduto. Così che l’estate,

Don Giuliano sei presbitero. Il tuo vescovo ti scrive
di Mons. Antonello Mura.
Carissimo Giuliano,
ti scrivo prima della tua ordinazione, mentre preparo contemporaneamente l’omelia che il 7 maggio accompagnerà le parole e i gesti della celebrazione. Leggerai quindi questa lettera dopo quel giorno, ma sono certo che non sarà venuto meno il clima gioioso e ricco di fede che sta contraddistinguendo questa tappa fondamentale della tua vita.
In questi anni ti sei preparato a Lanusei e a Cagliari, e ultimamente

Tre giorni per il pianto. Non di più
di Mons. Antonello Mura.
È uno dei momenti più movimentati dei Vangeli, la corsa – col cuore in gola – di un giovane e di un anziano che, senza dirsi nulla, si fiondano al sepolcro pensando: «No, non ci posso credere. Non può finire così».

Ama chi ti annuncia la Parola
di Mons. Antonello Mura.
“Amerai come la pupilla dei tuoi occhi chiunque ti dirà la parola del Signore” (Dalla “lettera” detta di Barnaba, cap. 19,1-3.5-6.8-12). Ogni comunità cristiana nasce e si edifica attorno a due certezze: la Parola, dono permanente di Dio, e la testimonianza di coloro che raggiunti dalla stessa Parola l’annunciano impegnandosi a farla fruttificare. Tutti i sacramenti, ad iniziare dall’Eucaristia si celebrano con queste certezze e questi compiti.
Possiamo dire in altre parole: senza la Bibbia non possiamo vivere!

Custodire le vocazioni come un’amorevole madre
di Mons. Antonello Mura.
“Siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature” (cf 1Ts 2,7). Le parole di Paolo ai credenti di Tessalonica rivelano i suoi sentimenti durante la permanenza nella

Natale. Tutta una questione di sguardi
di Mons. Antonello Mura.
“Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio”. Un’affermazione che ascolteremo la notte di Natale, quasi a ricordarci che la nascita del Salvatore è anche una questione di sguardi e di orizzonti che si dischiudono.