Fatti
Politica e corruzione. Un legame da spezzare
di Mirella Loi
Politica e corruzione vanno a braccetto da sempre. In modi diversi forse ma tra loro l’intesa non è mai svanita. Soprattutto in Italia. In fatto di corruzione è decisamente tra i Paesi non virtuosi tanto da piazzarsi al 61° posto su 168 Paesi nel Mondo, con un voto di 44 su 100. Unica consolazione la constatazione che rispetto all’anno scorso abbia recuperato qualche posizione. Il dato emerge dal nuovo Indice di percezione della corruzione (CPI) di Transparency International, presentato a Roma un po’ di tempo fa. Pur migliorando a livello globale rispetto agli anni precedenti, la posizione dell’Italia rimane purtroppo in fondo alla classifica europea, seguita solamente dalla Bulgaria e dietro altri Paesi generalmente considerati molto corrotti come Romania e Grecia. Al vertice e in coda alla classifica la situazione rimane pressoché invariata: Somalia e Corea del Nord si confermano anche quest’anno come i due Paesi più corrotti, mentre la Danimarca ha nuovamente il primato in trasparenza.
La povertà, lo scarso potere d’acquisto, il basso livello di istruzione, la scarsa innovazione e l’inefficienza amministrativa costituiscono l’altra faccia della corruzione, in alcuni casi ne sono la causa in altri l’effetto. Si calcolano che i costi della corruzione siano altissimi. Risorse importantissime che potrebbero essere destinate ai servizi fondamentali per i cittadini prendono vie traverse e scarsamente trasparenti. E l’effetto della corruzione non è lontano dai cittadini. Lo si trova nelle strade costruite a metà o costruite con materiali scadenti e poi crollate sotto i piedi; è nel personale che manca negli Ospedali, nel servizio sociale che non c’è più, nella presenza del funzionario furbo ma per niente competente.
Al di là dell’aspetto economico, certamente da non sottovalutare, c’è quello morale. La tanto sbandierata questione morale! Urlata alternativamente dalla destra e dalla sinistra, a seconda del momento o dello scandalo in corso ma ugualmente sottovalutata e messa tacere quando diventa ingombrante e fastidiosa. Una questione morale che paradossalmente non dovrebbe neppure porsi. Dovrebbe essere scontato e acquisito che chi ricopre cariche pubbliche, istituzionali e politiche abbia una condotta moralmente corretta e che il proprio operato sia orientato al bene comune e non al bene personale.
Questo modo di essere e di agire presuppone una formazione umana e morale solida, in un soggetto incline al rispetto delle regole e della legge, capace di non perdersi e di non farsi abbindolare dal richiamo del prestigio e del potere fine a se stesso. Il politico ha il potere enorme di cambiare lo stato attuale delle cose. Ha il potere e il dovere di trovare soluzioni, di delineare il futuro, di offrire speranza, di aprire spiragli dove tutto appare chiuso, statico, fisso, immobile. Ha un potere e una responsabilità enormi. Nel bene e nel male.
Ma il politico non serve se non c’è il cittadino. Ad ognuno di noi il compito di non assuefarci ad un sistema che premia il più furbo, che punisce con pene più severe chi ruba in un supermercato per fame e non colui che l’ha costruito rubando. Perché ognuno di noi ha il dovere morale di scegliere il bene sempre. Da politico o da cittadino. Ha il dovere di collaborare e cooperare alla costruzione di un presente e di un futuro equo e giusto. Papa Francesco a più riprese, in diverse occasioni e in diversi Paesi del mondo ammonisce corrotti e corruttori: «La corruzione è diventata naturale, al punto da arrivare a costituire uno stato personale e sociale legato al costume, una pratica abituale nelle transazioni commerciali e finanziarie, negli appalti pubblici, in ogni negoziazione che coinvolga agenti dello Stato. È la vittoria delle apparenze sulla realtà e della sfacciataggine impudica sulla discrezione onorevole. La corruzione è un furto ai poveri, ferisce chi è più vulnerabile, danneggia l’intera comunità, distrugge la nostra fiducia». E, ancora, dice il Papa, «la comunità cristiana è chiamata a essere coerente con la sua testimonianza delle virtù dell’onestà e dell’integrità, affinché possiamo stare dinanzi al Signore e al nostro prossimo con mani pulite e cuore puro come lievito del Vangelo nella vita della società».
Questo è l’impegno di ogni cristiano e di ogni buon politico che dichiara di essere tale.
il Tribunale di Lanusei è sempre a rischio?
di Matteo Stochino
La Provincia più piccola (e più bella, secondo l’analisi del quotidiano “Il sole 24 ore”) d’Italia ospita il Tribunale più piccolo d’Italia. La congenita situazione dimensionale del presidio lanuseino fa sì che ad intervalli più o meno regolari, più o meno esplicitamente, il ministro o la commissione di turno, o chi altri, additino il nostro e gli altri Tribunali “minori” come emblema degli sprechi dell’amministrazione della giustizia. Puntualmente, ogni qualvolta le forbici romane paiono avvicinarsi al civico 95 di via Marconi, le Istituzioni e la popolazione ogliastrina si levano, unanimi, in sua difesa, utilizzando le sempre attuali motivazioni circa il cronico isolamento orografico e infrastrutturale dell’Ogliastra che rendono, ieri come oggi, alquanto gravoso per un ogliastrino raggiungere le vicine sedi di Nuoro o Cagliari. A ciò si affianca la – purtroppo anch’essa ancora attuale – considerazione circa l’elevata incidenza criminale in Ogliastra che, se cinquant’anni fa era strettamente legata ad ambienti e questioni prevalentemente agro-pastorali, oggi pare essersi ramificata nei più svariati settori.
Gli ultimi fra gli attentatori alla permanenza del Tribunale nella città delle ciliegie, stando a quanto sostenuto dai più attenti, risponderebbero al nome di al nome di Vietti Michele e Orlando Andrea. Parlamentare, vicepresidente emerito del CSM (il massimo organo politico della magistratura italiana, presieduto dal Capo dello Stato) e, attualmente, presidente della commissione incaricata di studiare una nuova riforma della geografia giudiziaria il primo; Ministro della Giustizia il secondo. Ebbene, negli ultimi tempi, gran parte dei nostri concittadini è stata indotta a credere che il Tribunale ogliastrino sia nelle mire della commissione Vietti, pronta a cancellare, con un colpo di spugna quanto ottenuto e mantenuto finora. Eppure, il testo licenziato dalla commissione, nelle sue due stesure, quella provvisoria (circolata non si sa bene come a fine gennaio) e quella finale, depositata sul finire del mese di marzo, tutto sembra dire tranne che il Tribunale sia Lanusei sia in discussione.
Anzi, se è vero che l’ipotesi in campo è quella di parametrare l’erogazione della Giustizia anche attorno al criterio del bacino d’utenza (quindi del numero di cittadini serviti), è vero anche che la commissione stessa propone di valutare attentamente e caso per caso la sorte dei presìdi di legalità, suggerendo di mantenere in vita quelli che, per condizioni orografiche e infrastrutturali, ovvero per l’alto tasso di criminalità, siano tali da poter ergersi a punto di riferimento di un territorio e della popolazione lo abita. Né più né meno le motivazioni da sempre usate per difendere il nostro Tribunale. Se l’evidente condivisione d’intenti tra la difesa storicizzata del palazzo di giustizia lanuseino e le risultanze della commissione Vietti possono farci ben sperare per un altro taglio evitato, ancor più dovrebbero farlo le dichiarazioni del Ministro Orlando, il quale si è prodigato in più occasioni a ribadire che non solo il Tribunale di Lanusei non è a rischio chiusura, ma non lo sarebbe nessun Ufficio giudiziario di primo grado, non rientrando nell’agenda di questo Governo tale riordino.
Le parole del Ministro, però, si pongono in palese contrasto con quanto da egli stesso scritto e firmato allorquando, nell’agosto dell’anno passato, ebbe ad incaricare l’on. Vietti di studiare, tra le altre cose quel «completamento [post riforma 2011] della nuova carta della giudiziaria degli uffici di primo grado» oggi rinnegato. Che si voglia o meno concedere fiducia al Ministro o continuare ad insistere, con Vietti, sulle ragioni per il mantenimento del Tribunale di Lanusei, una cosa è certa: l’Ogliastra deve star pronta a respingere il futuro, prossimo o remoto che sia, tentativo di soppressione. A tal proposito è d’uopo ricordare come, ciclicamente (anche se sempre timidamente), faccia capolino una proposta che, a detta dei sostenitori, potrebbe allontanare definitivamente lo spettro della chiusura. Tale proposta, che presuppone alla base un patto politico e sociale fra territori, conduce alla perdita della patente di piccolo (o, almeno, di più piccolo) Tribunale a quello dell’Ogliastra, in ragione dell’estensione della propria competenza territoriale al Sarrabus e al Sarcidano. Il vantaggio sarebbe duplice. Innanzitutto, se è vero che la Giustizia resa dal Tribunale di Lanusei, anche in virtù della dimensione ridotta dello stesso, che permette anche ai magistrati di affrontare in maniera più ponderata gli argomenti loro sottoposti, è una Giustizia di qualità, i benefici goduti dagli ogliastrini sarebbero condivisi con gli abitanti dei territori confluenti; in secondo luogo, anche se di riflesso, gli utenti del Tribunale di Cagliari (cui, oggi, fanno riferimento i cittadini del Sarrabus e del Sarcidano), si avvantaggerebbero del minor carico di procedimenti gravante sul Tribunale del capoluogo.
#GIÙLEMANIDALLOGLIASTRA
di Claudia Carta
Dalle istituzioni ai cittadini. Dai social alle scuole, passando attraverso le associazioni, gli ordini professionali e la Chiesa. Insieme per dire “no”. Perché il grido, quando è comune, si fa sentire più forte. Perché insieme, si sa, il peso condiviso è più leggero. Perché uniti si vince. Forse.
Padre Roberto Carboni nuovo vescovo di Ales
Apprendiamo con gioia la nomina di padre Roberto Carboni, francescano minore conventuale a vescovo della diocesi di Ales-Terralba. La nomina è stato annunciata il 10 febbraio da monsignor Giovanni Dettori, vescovo dimissionario.
Padre Roberto è nato nel 1958 a Scano Montiferro ed ha un lungo curriculum di studi e di incarichi anche a livello nazionale, tra cui la docenza di Psicologia presso l’Istituto Teologico di Assisi e la Facoltà Teologica di Cagliari. Dal 2001 al 2013 è stato anche missionario a Cuba ed ha svolto il ruolo di Direttore spirituale presso il Centro nazionale di orientamento vocazionale al Sacro convento di Assisi
L’ordinazione e l’ingresso nella Diocesi, per volontà del nuovo vescovo, si svolgeranno contestualmente il prossimo 17 aprile.
Il terrore della grande sete
di Claudia Carta
La grande sete della Sardegna. L’acqua? Un miraggio. I danni? Incalcolabili.
Un’elaborazione, quella dei dati pluviometrici relativi ai mesi di novembre e dicembre, che non lascia dubbi: siccità senza precedenti e risultati sul territorio che non si sono fatti attendere, con l’Enas, l’Ente acque della Sardegna, a disporre restrizioni nell’erogazione dell’acqua per alcuni comuni del centro-nord dell’isola, maggiormente interessati dalla penuria di precipitazioni.
Se, infatti, lo scorso mese di ottobre aveva permesso almeno in parte il recupero del deficit pluviometrico di settembre, i due mesi successivi hanno visto prevalere condizioni meteo decisamente stabili e soleggiate. E se a novembre la speranza di un immediato ritorno delle piogge era concreta, a dicembre ci ha pensato l’anticiclone delle Azzorre, come una cupola di vetro, a tenere distanti dal Mediterraneo, per tutto il mese, le perturbazioni atlantiche.
Così, sempre secondo i dati forniti da Enas, novembre ha visto, per buona parte della sua durata, la persistenza di condizioni anticicloniche; solo durante la terza decade il flusso perturbato atlantico è riuscito a penetrare nel Mediterraneo, apportando precipitazioni piuttosto diffuse sul territorio, ma sicuramente insufficienti a colmare il deficit che ormai andava ad affermarsi.
I numeri sono significativi: gli accumuli più importanti si sono registrati sul Montiferru, con il superamento dei 100mm soltanto nella ristretta area intorno a Badde Urbara. Su tutto il settore nord-occidentale si sono superati i 40 mm, con picchi di 70 mm tra la Planargia e Alghero. Oltre gli 80 mm anche la centralina di Tempio Pausania, che è risultato il secondo pluviometro più piovoso a novembre. Altri picchi si sono registrati sul Monte Linas, sul Marghine e sul Gennargentu, con accumuli compresi tra i 60 e gli 80 mm.
Le zone più secche sono state quelle orientali (una ristretta fascia tra Tortolì e Muravera non ha raggiunto i 10 mm) e la piana di Ottana, dove si sarebbero registrati solamente 2,8 mm (la vicina Orani ne ha registrato 12,6).
Valori estremamente bassi per il mese di novembre e, infatti, nessun punto sul territorio avrebbe raggiunto la media climatologica. Si va da anomalie negative di -70/-80% su Sarrabus e Ogliastra fino ad un massimo di -30/-20% sul Sassarese.
La situazione non è certamente migliorata a dicembre, mese che si è rivelato uno dei più secchi da quando esistono le misurazioni pluviometriche. E se è vero che di norma si tratta del periodo più piovoso su gran parte dell’isola, le dinamiche atmosferiche si sono rivelate totalmente fuori stagione, regalandoci giorni di sole e temperature miti. Una sola eccezione si è registrata la sera del 6, quando impulsi temporaleschi di origine nord-africana hanno interessato i settori sud orientali dell’isola, con un’alluvione sfiorata in Ogliastra e disagi per due operai dell’Enel che hanno rischiato di venire travolti dall’esondazione di un torrente. È proprio in quel giorno che a Tertenia si sono registrati 90 mm in poche ore, mentre il cumulato mensile più elevato è stato rilevato dalla centralina Arpas di Jerzu, con 169,4 mm.
Sul finire del mese, qualche pioggia poco significativa su Algherese, Montiferru, Oristanese e Monti del Sarrabus, dove comunque non si sono superati i 10 mm.
Se si pensa che la maggior parte dei pluviometri non ha raggiunto i 10 mm mensili e circa la metà non ha raggiunto i 5 mm; se si aggiunge che, per questi ultimi, la quantità misurata è per la maggior parte rugiada (condensa sulla strumentazione) che è stata rilevata come pioggia, si comprende quanto la situazione sia complessa. Escludendo la ristretta area dell’Ogliastra, dove a stento si supera la media (picchi di +20%), la quasi totalità del territorio non raggiunge nemmeno il 20% delle precipitazioni medie mensili, con un deficit superiore all’80%. Ed anche gennaio, purtroppo, non ha fatto segnare su questo fronte novità di rilievo: c’è chi ha visto la neve, chi la grandine, chi un po’ di pioggia e chi invece (e si tratta della maggior parte dell’Isola) nulla. La situazione permane drammatica e si annuncianomesi difficili.
Inaugurate le sedi Caritas di Lanusei e Tortolì
“Sono presidi di carità nel territorio” ha detto il vescovo durante le cerimonie di inaugurazione cui erano presenti sacerdoti, fedeli e le massime autorità dei comuni interessati.