In breve:

Fatti

Dida. Un'opera di Maria Lai

I Maestri e la Terra

di Luisella Cannas e Claudia Contu
L’opera d’arte ci viene incontro se facciamo silenzio (M. Lai)

Si intitola “I Maestri e la Terra” la mostra allestita alla Stazione dell’Arte di Ulassai che sta raccogliendo consensi regionali e nazionali.

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Girasole. Un piccolo paese una grande storia

di Paola Lai
Per la sua posizione geografica favorevole, il territorio di Girasole era abitato sin dall’epoca nuragica, come testimonia la presenza di ben quattro nuraghi. In seguito i fenici e i cartaginesi costruirono un porto nel punto di confluenza del rio Girasole con lo stagno, il cosiddetto porto di Sulci orientale, di cui si possono ancora osservare i ruderi nel settore nord dell’attuale stagno di Tortolì. Doveva essere uno dei tanti scali stagionali fenicio-punici della costa orientale sarda, un centro d’importanza strategica, essendo l’unico approdo sicuro nella zona. E fu proprio in prossimità del porto che i cartaginesi furono sconfitti dai romani nel 258 a.C. (battaglia di Sulci), durante la prima guerra punica.
Dal XII secolo testimonianze documentarie fanno riferimento a un paese denominato Gelisoi, poi diventato Gelisuli e infine Girasol, che la maggior parte degli studiosi identifica proprio con l’antica Sulci orientale. Il paese divenne in epoca medievale un centro molto fiorente, tra i più ricchi della zona, appartenente prima al Regno giudicale di Carali e poi a quello di Gallura. In seguito finì sotto il dominio di Pisa, a cui versava esosi tributi, e infine sotto quello degli aragonesi. Nei secoli successivi però il paese attraversò un lungo periodo di decadenza di cui si avvantaggiarono i comuni limitrofi.
Forse, l’elemento architettonico più rilevante del paese attuale è la chiesa dedicata a No. S. del Monserrato. Bisogna andare a cercarla tra le viuzze del centro storico, lontano dal traffico della strada principale; quando poi la si scorge, con la sua facciata bianca, il piccolo rosone, il campanile a due piani con le aperture ogivali, colpisce per la sua semplicità e la sua imponenza. Non vi è un vero e proprio sagrato ma di fianco alla facciata il piccolo giardino ospita una pianta d’ulivo. Anche l’interno è molto semplice: l’ampia navata rettangolare, su cui si affacciano piccole cappelline, la copertura con volta a botte, una cornice scalettata che corre lungo le pareti e, nella parte alta dei muri laterali, quattro semplici finestre fanno entrare una luce lieve. Addossato alla parete del presbiterio e incorniciato da un lungo arco, l’altare maggiore, che appare spostato sulla destra, in posizione asimmetrica rispetto alla navata.
Non si hanno notizie certe sulla data della costruzione dell’edificio, ma lo stile gotico aragonese, comune a molte altre chiese in Sardegna, e la stessa dedicazione a Nostra Signora di Monserrato, consentono di collocarla, almeno nella sua configurazione attuale, all’epoca della dominazione spagnola, tra il XVI e il XVII secolo. Certo è che nel 1700 la Chiesa subì importanti lavori di ampliamento ma soltanto nella parte sinistra; a ciò si deve la singolare asimmetria che caratterizza non solo l’altare maggiore ma anche l’ingresso esterno e il campanile, che appaiono tutti spostati sulla destra.
Diversi sono stati gli interventi di restauro successivi. Quelli avviati nel 1992 hanno riportato alla luce i resti di pitture murali, risalenti al 1600, raffiguranti una coppa. Quelli più recenti, realizzati nel 2000 e nel 2012, hanno ripristinato, oltre alla coppa, alcune delicate decorazioni floreali, i colori originari dell’altare maggiore e la pavimentazione in cotto.
Per le dimensioni ridotte, la linearità della struttura architettonica, l’assenza di elementi decorativi importanti e la semplicità degli arredi, la Chiesa di Nostra Signora di Monserrato si presenta come un ambiente gentile e suggestivo, intimo e rassicurante che accoglie il visitatore e lo invita al raccoglimento e alla preghiera.
Un peccato non addentrarsi nei vicoli di Girasole per andare a vederla.
Certo, è un piccolo paese, con i suoi 1200 abitanti e un territorio di appena 13 Km2, ma ha anche un primato, quello della densità demografica tra le più alte in Ogliastra. La sua popolazione è quasi raddoppiata negli ultimi vent’anni ed è in continuo aumento. Anche l’età media è piuttosto bassa: al di sotto dei 40 anni, contro i 43 di Tortolì e i 45 di Lanusei, Barisardo e Lotzorai.
Un paese “giovane”, dunque, e in continua crescita.

EBV JN 19.08.14

Il grande intrigo dell’elisir di lunga vita

di Fabiana Carta
Nel corso di quest’estate una notizia ha creato scalpore. È rimbalzata nei telegiornali e nei quotidiani locali e internazionali: venduto il DNA di 13 mila ogliastrini ad una società inglese che si occupa di biotecnologie, la Tiziana Life Sciences, per circa trecento mila euro. Detta così, effettivamente, fa un po’impressione. Nella banca dati acquistata non c’è solo il DNA, come ha scritto impropriamente la stampa, ma anche certificati di nascita e di morte, cartelle mediche e ricostruzioni genealogiche che risalgono a oltre quattrocento anni fa. La banca dati, una delle più grandi e antiche che ci siano, era della società SharDna, fondata nel 2000 dall’ex Presidente della Regione Renato Soru, che per undici anni ha raccolto i dati anagrafici, biologici e clinici degli abitanti di Talana, Urzulei, Baunei, Seulo, Loceri, Escalaplano, Ussassai e Perdasdefogu, paesi di centenari. Nel 2009 la SharDna è stata venduta alla Fondazione San Raffaele di don Verzé e qualche anno dopo, in seguito ad un disastro finanziario, è fallita.
Fino all’arrivo della società britannica. Possiamo domandarci come sia possibile che un progetto così innovativo, che ha destato l’interesse di gran parte del mondo scientifico internazionale, si sia potuto perdere con una vendita, senza che le istituzioni pubbliche si siano interessate nel tutelarlo. Dov’erano la Regione, l’Università di Medicina, le strutture ospedaliere? C’è stato qualche convegno per discutere sulla vicenda, ma forse la questione non era abbastanza interessante. I progetti su cui ha investito la Tiziana Life Sciences sono all’incirca questi: effettuare studi comparati con le altre aree del mondo dove la percentuale di ultra centenari è simile a quella dell’Ogliastra; per capire quali sono le basi genetiche della longevità e utilizzare quei dati per individuare tratti genetici legati a varie malattie, provando a sviluppare farmaci da immettere sui mercati per combatterle. Un bel business, pare! Poco tempo fa, come la trama di un film holliwoodiano, un’altra notizia bomba rimbalza su tutti i giornali: rubato il Dna dei sardi. Titoloni, panico.
Le provette di codice genetico custodite dal Parco Genos a Perdasdefogu sono misteriosamente scomparse. Tutto ha avuto inizio ad agosto, quando l’unica dipendente rimasta al Parco ha scoperto che alcuni cassetti dei banchi frigo erano stati svuotati. Trattandosi di dati estremamente sensibili sono scattate le indagini per individuare il responsabile del furto, ma soprattutto per capire se ci siano responsabilità sulle misure di sicurezza. I militari hanno messo i sigilli alla struttura di Perdasdefogu e ai laboratori della società SharDna a Pula. Un vero e proprio giallo. I giornali la definiscono “un indagine complessa”. Infine la svolta inaspettata: le provette con il Dna dei sardi non sono state rubate né portate fuori dalla Sardegna. Sono state semplicemente trasferite in un ospedale a Cagliari, su disposizione di Mario Pirastu; genetista che ha seguito il progetto dal 2000. È lo stesso Pirastu che durante le indagini ha rilasciato dichiarazioni come: “rubare le provette di sangue e dna dai freezer dei laboratori del Parco Genos, a Perdasdefogu? Mi sembra una storia incredibile”. Anche noi, a dirla tutta.

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Sassari. Elisabetta Sanna è la nuova Beata sarda

Nella mattinata di sabato 17 settembre, nella suggestiva cornice dell’antichissima basilica di Saccargia, a Codrongianos, si è svolto il solenne rito della beatificazione di una figlia di Sardegna, Elisabetta Sanna. Il rito è stato presieduto dal cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, rappresentante del Sommo Pontefice Francesco. Hanno concelebrato con lui l’arcivescovo di Sassari, mons. Paolo Atzei, e tutti gli arcivescovi e vescovi delle Chiese sarde, tra cui il vescovo di Lanusei, Antonello Mura. Presenti e concelebranti anche il superiore generale della Società dell’Apostolato Cattolico di San Vincenzo Pallotti, padre Jacob Nampudakam con diversi Sacerdoti pallottini, un rappresentante dell’Arcidiocesi di Niteròi, i sacerdoti turritani e tanti altri sacerdoti convenuti dalle Chiese sorelle dell’Isola e della Penisola. La decisione di beatificare Elisabetta Sanna è giunta a seguito di un miracolo avvenuto proprio in nella diocesi brasiliana di Niteròi, dove una giovane donna, Suzana Correia da Conceição, che soffriva di una grave distrofia al braccio destro, il 18 maggio del 2008 è improvvisamente guarita proprio mentre pregava la venerabile, nella cappella del Santissimo Sacramento della sua chiesa parrocchiale.
Al rito erano presenti circa cinquemila persone arrivate da tutta la Sardegna, che hanno affollato l’area esterna della basilica di Saccargia. L’arcivescovo di Sassari, mons. Paolo Atzei, ha proposto che la nuova beata diventi la patrona dei disabili: la Beata Sanna, infatti, aveva contratto il vaiolo, che le aveva provocato una disabilità alle braccia e una funzionalità limitata di tutto il corpo.
La beatificazione di Elisabetta Sanna avviene a 160 anni dalla sua morte. Nata a Codrongianos (Sassari) il 23 aprile 1788, all’età di appena tre mesi perdette la capacità di sollevare le braccia, cosa che non le impedì di avere una vita normale. Nel 1807 si sposò con Antonio Maria Porcu ed ebbero sette figli, dei quali sopravvissero cinque. Rimasta vedova nel 1825, a 37 anni, fece voto di castità e divenne la madre spirituale delle ragazze e delle donne della sua terra. Nel 1831, imbarcatasi per un pellegrinaggio in Terra Santa, giunse a Roma, e non poté tornare al suo paese per gravi disturbi fisici. Nella Città eterna si dedicò totalmente alla preghiera ed a servizio dei malati e dei poveri.
Fu tra le prime iscritte all’Unione dell’Apostolato Cattolico di San Vincenzo Pallotti, suo direttore spirituale e fece della sua abitazione un santuario di fede viva ed ardente carità. Morì a Roma il 17 febbraio 1857 e fu sepolta nella chiesa del SS. Salvatore in Onda.
Il richiamo identitario della nuova Beata è l’esistenza battesimale, tutta inscritta nella sua famiglia e nella comunità di Codrongianos e particolarmente a Saccargia, dove si recava, dati i suoi limiti, con tanta fatica fisica, da vera penitente. Dentro questa esistenza, ecco il sogno sognato a occhi aperti della Terra Santa, significata dalla stella di Betlemme: sogno che è diventato quasi una chimera e che si è realizzato soltanto in Paradiso. Roma è stata l’altro luogo simbolo della sua esistenza: con la preghiera e la contemplazione, il lavoro in umiltà e silenzio a beneficio dei poveri, l’offerta di sé in sacrificio gradito a Dio.

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Il 24 settembre a Lanusei il Giubileo Diocesano dei Malati

Il 24 settembre al Santuario Madonna d’Ogliastra, alle ore 17,30, si celebrerà il Giubileo Diocesano dei Malati e la Festa di N.S. della Mercede.

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L’ingresso dei nuovi parroco a Seui, Seulo, Talana ed Arzana

Alcuni passaggi delle omelie del vescovo pronunciate nel giorno del loro insediamento.