Fatti
Legalizzare le droghe leggere? La discussione in Parlamento
di Fabiana Carta.
È un mercato che “tira”, quelle delle droghe in Italia, con una platea di 6,2 milioni di consumatori stimati, tra cui 4,5 milioni di cannabis, per un giro d’affari di oltre 22,5 miliardi (Tor Vergata). Ogni anno regaliamo questi soldi alle mafie e ogni riflessione sull’argomento non può non partire da questo dato, che non può lasciarci indifferenti.
Come sempre, di fronte a grandi temi che scottano, esistono due schieramenti: c’è chi inorridisce alla sola idea che le droghe considerate leggere vengano vendute alla luce del sole con scontrino e tasse sul consumo perché «fanno male e basta e lo Stato lo deve impedire», e c’è chi sostiene che sarebbe l’unico modo per indebolire la criminalità organizzata che continua ad arricchirsi con la vendita illegale di stupefacenti, come disse qualche anno fa il procuratore aggiunto di Palermo, Teresa Principato.
Vediamo le ragioni dei sostenitori e degli oppositori. Secondo alcune attendibili statistiche, a 15 anni fumano dal 10 al 15% dei ragazzi e a 18 anni il 40% delle femmine e il 60% dei maschi. Le statistiche epidemiologiche dimostrano che la mortalità per droghe leggere è pari a zero, che esse non darebbero una forte assuefazione (10%) e che non sembrano costituire il tanto temuto ponte di passaggio alle droghe pesanti, in particolare all’eroina. Di quel 60% che a 18 anni fuma lo spinello solo lo 0,8% sarebbe poi passato all’eroina. Una ricerca del King’s College di Londra dimostrerebbe che lo spinello non intacca le facoltà mentali. Dati che Umberto Veronesi, il celebre oncologo morto un anno fa, commentava così: «Il proibizionismo può essere una carta vincente? Ho molti dubbi al riguardo…
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Lingua sarda e liturgia: linee guida dei vescovi sardi
di Mons. Sebastiano Sanguinetti.
Nel corso della riunione del 4 aprile u.s., la Conferenza Episcopale Sarda, presieduta da S. E. Monsignor Arrigo Miglio, fra i tanti argomenti all’odg ha affrontato anche la questione della “lingua Sarda nella pietà popolare e nella liturgia”.
I Vescovi hanno confermato l’interesse della Conferenza a valorizzare sempre più la lingua sarda nella pietà popolare e nella liturgia, sulla scia di quanto stabilito dal Concilio Plenario Sardo, oltre che nel rispetto delle norme e delle procedure prescritte dalla Santa Sede in materia.
Accogliendo le sollecitazioni pervenute da un dialogo tra il Presidente della Conferenza Episcopale e il Direttivo della Fondazione “Sardinia”, la Conferenza ha individuato alcune piste da seguire nel prossimo futuro.
Innanzitutto nel merito della Pietà Popolare e dei molteplici riti e pratiche che la esprimono, si ribadisce che non vi sono norme universali da seguire o autorizzazioni da richiedere alla Santa Sede. È un campo, pertanto, che ricade nell’esclusiva competenza dell’Autorità Ecclesiastica locale, che trova nella Conferenza Episcopale Sarda la convergenza e la collegialità di tutti i Vescovi, i quali sposano e incoraggiano ogni sana ed equilibrata iniziativa volta all’utilizzo della lingua sarda nelle due principali varianti: quella campidanese e quella logudorese.
La Lettera pastorale del vescovo Antonello
di Tonino Loddo.
È stata presentata nella cornice suggestiva della Messa Crismale, la prima Lettera Pastorale che il nostro vescovo Antonello invia alla sua Chiesa diocesana, il cui titolo, “Sul carro con Filippo”,
Giovani, lavoro, agricoltura
di Luisanna Usai.
Si è parlato di giovani, lavoro e agricoltura al seminario di preparazione alla Settimana sociale 2017, affidato alle diocesi di Oristano e di Ales-Terralba che si è svolto a Oristano il 18 marzo.. Le due diocesi, che insistono su territori a vocazione eminentemente agricola, e che risentono di attuali, innegabili criticità, erano chiamate a partecipare al percorso di avvicinamento a tappe all’appuntamento di ottobre con un confronto realistico, con una raccolta di lettura dell’esistente e con proposte di condivisione di esperienze e progetti. A coordinare gli interventi di operatori, studiosi, rappresentanti delle istituzioni, don Giulio Madeddu, direttore della Commissione regionale per la Pastorale sociale e del lavoro .
Il saluto di mons. Arrigo Miglio, presidente della Conferenza Episcopale Sarda e già presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Giornate Sociali, è di augurio che anche questo incontro preparatorio serva alla nostra regione a mettere in moto le sue tante energie, a conoscere buone pratiche, a incoraggiare i sardi a superare gli ostacoli . Nota poi, citando il par. 4 dell’Evangelii Gaudium, che purtroppo l’impegno sociale per il bene comune non è ancora di casa nelle parrocchie, limitato invece agli addetti ai lavori. Ma, ammonisce, le nostre eucarestie non sono complete se non hanno una ricaduta nella società.
L’arcivescovo Mons. Ignazio Sanna, latore di una relazione su realtà e proposte della diocesi di Oristano, saluta l’assemblea augurando un proficuo lavoro.
Numerosi gli interventi dei presenti, che hanno delineato un quadro complesso e variegato della realtà dei territori, in cui l’analisi anche cruda delle criticità non ha però prevalso sulla speranza concreta di sfruttare le molte risorse e occasioni di riscatto dei sardi. Riflessioni, testimonianze e proposte che affrontano il grande tema del lavoro , con le sue difficoltà. Ma è soprattutto il tema della disoccupazione a destare inquietudine, nel segmento più fragile, quello giovanile, che sfiora ormai il 50% , e in alcune zone della diocesi di Ales Terralba arriva al 60%. Occorrono proposte operative, capaci di invertire la rotta e di dare ossigeno e speranza.
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Il Progetto Policoro: una speranza per i giovani
di Fabiana Carta.
Il Progetto Policoro è un progetto promosso dalla CEI ed attivo in 13 regioni del Centro-Sud Italia, con lo scopo di aiutare i giovani a migliorare la propria condizione lavorativa sia tramite la formazione e l’informazione personale sia con la fondazione di cooperative o piccole imprese. È presente anche in Ogliastra.
Era il 1995, sono passati ormai 22 anni da quando ha preso piede il Progetto Policoro in Italia. Un’idea del sacerdote piemontese don Mario Operti, promosso dall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei, nata dalla forte esigenza di affrontare il problema della disoccupazione giovanile nel sud del Paese. Le prime regioni aderenti al progetto furono Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna, col tempo si estese anche al Nord e al Centro. L’obiettivo comune è creare una rete di relazioni, lavorando insieme tra soggetti ecclesiali e laici, a livello diocesano; regionale e nazionale, in un rapporto di sinergia tra animatore di comunità e Pastorale Sociale del Lavoro, Pastorale giovanile e Caritas italiana; per evangelizzare, educare e valorizzare idee imprenditoriali (gesti concreti). Il Progetto tenta di dare un approccio diverso al lavoro: lo scopo non è semplicemente trovare un’occupazione, ma trovare la propria strada, considerando il lavoro non solo in senso oggettivo e materiale, ma soprattutto soggettivo, tenendo conto della vocazione naturale della persona.
Questo grande lavoro di relazioni, a cui hanno preso parte anche Acli, Confcooperative e Cisl, insieme ad altre realtà che supportano il progetto, ha fatto nascere in Italia circa 1300 imprese, tra consorzi, attività individuali e cooperative sociali. La Chiesa offre l’appoggio e il sostegno per non far morire la speranza in questo periodo di profonda crisi, indirizzando verso strumenti come il micro-credito, le quote CEI “Otto per mille” per le opere caritative, assegnate a progetti considerevoli sul territorio nazionale, individuando di anno in anno alcuni filoni specifici di interventi sulle povertà.
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Lanusei, apre la Casa della Salute
di Maria Franca Campus.
Entro fine aprile, metà maggio non esisterà più il poliambulatorio di via Don Bosco perché tutti i servizi verranno erogati nella nuova sede di via Pilia, dinanzi all’ospedale civile.
Si chiama La Casa della Salute e entro fine aprile sarà sede di dodici ambulatori specialistici e altri servizi sanitari. Non è un’invenzione locale ma risponde a un progetto regionale di riorganizzazione e nuova valutazione dell’assistenza sanitaria. Alla base non c’è l’aspetto logistico , il trasferimento di servizi da un ambulatorio a un altro ma la messa in atto di un nuovo approccio di assistenza. Lo spiega bene il direttore dell’Area socio sanitaria locale, Giuseppe Frau. «Con la Casa della salute si passa dalla Medicina di attesa alla Medicina di iniziativa». Cancellare la parola attesa è già un sollievo in un contesto in cui i tempi lunghi per le visite specialistiche sono un annoso problema. Medicina di iniziativa significa che per ciascun paziente verrà studiato e preparato un percorso multidisciplinare che copre l’intera assistenza del paziente. Non sarà più il singolo a doversi barcamenare tra prenotazioni e visite prescritte da medici diversi ma un team di medici preparerà un progetto definito e guidato pronto per il paziente. «È l’inizio di un processo nuovo in cui si realizza un raccordo tra le cure primarie e quelle specialistiche», spiega Frau. Al centro non c’è quindi il trasferimento logistico ma un nuovo modo di affrontare l’assistenza sanitaria.
Per quanto riguarda gli spazi la sede è l’edificio a due piani che sorge davanti all’ospedale di Lanusei. Alcuni servizi che prima venivano erogati in altri locali sono già operativi nella nuova Casa della salute. Il Consultorio per la tutela di infanzia, donna, famiglia, medicina scolastica non è più in via Marconi, ma dal mese scorso è operativo al pian terreno della nuova struttura in via Giuseppe Pilia. Nello stesso piano è stato attivato anche il servizio di Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza. Il primo servizio che è stato attivato nella nuova sede è Diabetologia.
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