Fatti
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Lèggere
di Fabiana Carta.
Sono ormai tantissimi gli studi che dimostrano quali preziosi effetti la lettura sia in grado di esercitare sulla mente, non solo intesa come luogo dei sentimenti e delle emozioni, ma anche come luogo fisico: sono tante le aree del cervello che attraverso la lettura di libri si accendono, fino a modificare la propria struttura. Insomma, leggere fa bene e i libri sono una fonte inesauribile di benessere al punto che, specialmente nel mondo anglosassone, si sta diffondendo quella che può a tutti gli effetti essere definita biblioterapia, ovvero la cura della mente attraverso i libri…
Possiamo passeggiare lungo il London Bridge avvolti nella nebbia aiutando un certo Sherlock a risolvere un caso, partecipare alle avventure dei tre moschettieri nella Francia di Luigi XIII, girare per la Spagna insieme a Don Chischotte e Sancho Panza, contribuire alla affascinante conversazione fra Lord Alfred e Dorian Gray, possiamo persino andare sulla luna insieme ad Orlando e discendere agli inferi in compagnia di Dante. Possiamo partire per lunghi viaggi, con qualsiasi mezzo: preferite la nave, l’aereo, un cavallo, o una mongolfiera? Umberto Eco, semiologo, filosofo e scrittore, diceva: «Chi non legge a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito. Perché la lettura è un’immortalità all’indietro».
Leggere un libro significa questo, partecipare alle asperità dei protagonisti dei grandi romanzi, vivere con loro i sentimenti, la perdita di un amore, la rabbia, la vendetta, la gioia, una battaglia. Tutto questo dal nostro salotto, durante una pausa in ufficio o sotto l’ombrellone. Leggere non è solo evasione…
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Puoi leggere l’articolo integrale su L’Ogliastra, periodico in abbonamento della Diocesi di Lanusei.
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“Papaveri e Papere”: il regno dei bambini è a Lotzorai
di Claudia Carta.
Ore 6.30. Quando Davide Puddu apre la saracinesca del suo chiosco, sulla spiaggia di Tancau, a Lotzorai, la meraviglia che ha davanti agli occhi è infinita quanto la distesa del mare azzurro. L’orizzonte ha già salutato il nuovo sole. Spiaggia ancora deserta e silenziosa. Appena il sibilo di un’onda leggera che accarezza il bagnasciuga, mentre il cielo terso annuncia l’estate. E poi tutta la maestosità dell’Isolotto d’Ogliastra. Quarantasette metri di bellezza che affiorano dall’acqua, regno di gabbiani reali, di olivastri ed euforbie.
«È un vero paradiso – commenta guardando il suo mare – quello che la natura ci ha riservato e mi sento davvero fortunato ad avere la possibilità di ammirare ogni giorno questo spettacolo».
Spettacolo che, da tredici anni, si ripete per lui immutato eppure sempre così nuovo e suggestivo. Uno spicchio di terra che il giovane imprenditore lotzoraese ha saputo strappare a sterpaglie, canne e pietre e farne un piccolo paradiso per tutti i bambini. Il nome? Da favola. “Papaveri e Papere”.
E seppure non risuoni l’allegro e melodico motivetto di Nilla Pizzi, a raccontare storie di altri tempi nate “su un campo di grano che dirvi non so”, né si vedano “degli alti papaveri al sole brillar”, una cosa è certa: non c’è bambino che, passando di qui, non si incanti a guardare questo angolo di mondo fatato. Perché quello inventato da Davide è proprio un regno magico, fatto di giochi, di colori, gonfiabili e scivoli, altalene e bruco-mela, piscine e castelli.
«L’idea è nata molto semplicemente – racconta seduto al tavolino del suo chiosco – perché il progetto del parco giochi mi piaceva. Nasce così anche il bar. Certo, tante cose sono cambiate in 13 anni. Tante cose sono state fatte, infinite ne restano ancora da fare. Ma non si può pretendere di fare tutto a 25 anni. È stata un po’ una sfida, una scommessa. Anche un rischio, direi. L’alternativa sarebbe stata partire, cercare lavoro altrove. Invece son riuscito a restare qui, dove sono nato e cresciuto. Questo è importante».
E adesso che di anni ne ha 38, guarda ciò che ha realizzato con gli occhi di chi si sente appena all’inizio, di chi è consapevole che ogni passo avanti è frutto di sacrificio e di lavoro, ben sapendo che la difficoltà e l’imprevisto sono sempre dietro l’angolo, che occorre far quadrare i conti e che, soli, non si va da nessuna parte. La fatica è condivisa da chi lo segue ogni giorno. E la famiglia diventa il suo punto di riferimento imprescindibile. Monica, la sua sposa. Alessandro e Leonardo, rispettivamente di 6 anni e 6 mesi, la gioia della sua vita.
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I luoghi dell’anima
di Alessandra Secci.
I luoghi dell’anima sono molto spesso gli stessi in cui le comunità di una volta si ritrovavano a festeggiare il santo più venerato, ubicato in luoghi la cui difficoltà di accesso può essere agevolmente inserita in un’ ideale replica del cammino di espiazione, di introspezione, di riflessione.
Nell’era dei social media e delle condivisioni in tempo reale, dei ritmi forsennati dettati dal lavoro, dalla frenesia e dagli obblighi del quotidiano, sempre più ci si sofferma sull’importanza e sul valore del tempo: un concetto molto astratto, ma perfettamente inscrivibile nella dimensione personale che ognuno di noi dà ad esso. Per Proust quella del tempo perduto era una ricerca che dava luogo ad un risultato circolare, un moto continuo che trovava vigore anche nel supporto fornito dagli importantissimi elementi del ricordo e della rievocazione; un profumo, un suono, un luogo potevano condurre il protagonista, Charles, a degli autentici quanto involontari flashback in cui poter recuperare quel frammento di vita e nuovamente riassaporarlo, con una diversa cognizione, un nuovo sapore, come appunto le madeleines del romanzo. Per ripercorrere questo trascorso, a volte può risultare appunto sufficiente ascoltare una canzone della nostra infanzia, rivedere il cartone animato o il film preferito, replicare il piatto della nonna, (ri)visitare un luogo con delle caratteristiche e delle peculiarità atte a predisporre i sensi al relax e ad un’ intima riflessione.
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Don Gian Franco Saba nuovo Arcivescovo di Sassari
Alle ore 12.00 di questa mattina è stato annunciato il nome del nuovo Arcivescovo di Sassari. Si tratta di don Gian Franco Saba nato il 20 settembre 1968 a Olbia, in provincia di Sassari, nella diocesi di Tempio-Ampurias. Concluso il percorso del Seminario Minore diocesano, ha proseguito la sua formazione al sacerdozio per un biennio presso il Seminario Regionale Umbro e l’Istituto Teologico di Assisi e poi presso il Pontificio Seminario Regionale Sardo di Cagliari, conseguendo il Baccalaureato in Teologia presso la Facoltà Teologica della Sardegna.don Gianfranco Saba
Ha proseguito gli studi per la specializzazione presso l’Istituto Patristico Augustinianum di Roma, ove ha ottenuto la Licenza in Teologia e Scienze Patristiche, il Diploma in Scienze Patristiche per la ricerca e la docenza ed infine il Dottorato nella stessa disciplina. Ha frequentato, inoltre, l’ISTR dell’IC de Paris per la specializzazione in “Interculturalité Religions et Societé”. Si è iscritto anche al corso di “Sistemi di comunicazione nelle relazioni internazionali” presso la Facoltà di Lettere dell’Università per stranieri di Perugia.
È stato ordinato sacerdote il 23 ottobre 1993 da Mons. Paolo Atzei, incardinandosi nella diocesi di Tempio-Ampurias.
Dopo l’ordinazione sacerdotale è stato Vicerettore e Rettore del Seminario Diocesano, Membro del Consiglio Presbiterale Diocesano e del Collegio dei Consultori. Dal 1998 al 2001 è stato anche Assistente Diocesano dei Giovani di Azione Cattolica e Delegato della Commissione Presbiterale Regionale, Membro della Commissione preparatoria del Sinodo Diocesano; Assistente Diocesano e Regionale del Movimento Ecclesiale d’Impegno Culturale.
Nel 2001 è divenuto Direttore dell’Istituto Diocesano di Scienze Religiose, sviluppandolo nel 2004 in Istituto Euromediterraneo-ISR e quindi in Istituto Superiore di Scienze Religiose riconosciuto dalla Santa Sede. Ha fondato e diretto il progetto editoriale dell’Istituto, la Collana di studi e ricerche di religione e società. Dal 2004 è Docente stabile associato di Teologia Patristica nella Facoltà Teologica della Sardegna.
Nel 2008 è stato nominato Amministratore parrocchiale della parrocchia di Nuchis. Dal 2010 al 2015 è stato Rettore del Pontificio Seminario Regionale Sardo di Cagliari. Dal 2015 è Parroco a Sant’Antonio di Gallura. Nel 2011 è stato nominato Cappellano di Sua Santità. Ha prodotto numerose pubblicazioni degne di nota e contributi scientifici apparsi su riviste specializzate.
Articolo tratto dal sito della Diocesi di Alghero-Bosa
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Comunicato dei vescovi sardi
Adempimenti relativi all’istituzione dei due Tribunali Ecclesiastici Interdiocesani, l’annosa questione dei trasporti in Sardegna, presentazione dell’indagine sulla catechesi in Sardegna, possibili accorpamenti degli Istituti Diocesani per il Sostentamento del Clero,
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Legalizzare le droghe leggere? La discussione in Parlamento
di Fabiana Carta.
È un mercato che “tira”, quelle delle droghe in Italia, con una platea di 6,2 milioni di consumatori stimati, tra cui 4,5 milioni di cannabis, per un giro d’affari di oltre 22,5 miliardi (Tor Vergata). Ogni anno regaliamo questi soldi alle mafie e ogni riflessione sull’argomento non può non partire da questo dato, che non può lasciarci indifferenti.
Come sempre, di fronte a grandi temi che scottano, esistono due schieramenti: c’è chi inorridisce alla sola idea che le droghe considerate leggere vengano vendute alla luce del sole con scontrino e tasse sul consumo perché «fanno male e basta e lo Stato lo deve impedire», e c’è chi sostiene che sarebbe l’unico modo per indebolire la criminalità organizzata che continua ad arricchirsi con la vendita illegale di stupefacenti, come disse qualche anno fa il procuratore aggiunto di Palermo, Teresa Principato.
Vediamo le ragioni dei sostenitori e degli oppositori. Secondo alcune attendibili statistiche, a 15 anni fumano dal 10 al 15% dei ragazzi e a 18 anni il 40% delle femmine e il 60% dei maschi. Le statistiche epidemiologiche dimostrano che la mortalità per droghe leggere è pari a zero, che esse non darebbero una forte assuefazione (10%) e che non sembrano costituire il tanto temuto ponte di passaggio alle droghe pesanti, in particolare all’eroina. Di quel 60% che a 18 anni fuma lo spinello solo lo 0,8% sarebbe poi passato all’eroina. Una ricerca del King’s College di Londra dimostrerebbe che lo spinello non intacca le facoltà mentali. Dati che Umberto Veronesi, il celebre oncologo morto un anno fa, commentava così: «Il proibizionismo può essere una carta vincente? Ho molti dubbi al riguardo…
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