Fatti
Turismo 2030, analisi, tendenze e opportunità di crescita
di Michele Muggianu.
Segretario Generale Cisl
Il 26 ottobre scorso abbiamo organizzato, come Cisl territoriale, un convegno sul tema del turismo per dare il nostro contributo a un dibattito che vogliamo diventi sempre più di attualità nella nostra Regione e nel nostro territorio: quello dello sviluppo del settore, che già oggi incide per circa il 10% del Pil, ma che ha fortissime potenzialità per crescere ancora.
L’Italia è un Paese strano: la campagna elettorale per le politiche non ha visto un dibattito su questo tema, per questo vogliamo che l’imminente tornata per il rinnovo del consiglio regionale ne tenga debitamente conto.
Il tema di come evolverà il turismo in Sardegna e in Ogliastra nel prossimo decennio, parte dalla considerazione che bisogna intraprendere scelte nuove e aggiornare i modelli di sviluppo del settore.
La stagionalità è un grave problema per l’industria turistica: nei servizi ricettivi le variazioni stagionali causano la scarsità della disponibilità di posti letto durante i picchi e un conseguente sottoutilizzo delle strutture durante i periodi di scarsa richiesta. A questo si lega la difficoltà nel reclutamento e mantenimento del personale a tempo pieno, con un impatto pesante sull’occupazione che diviene discontinua, con perdite per le aziende che investono nella qualificazione della forza lavoro e poi magari la vedono andare verso altri lidi, con depauperamento dei territori dalle energie più qualificate.
La destagionalizzazione è quindi il vero obiettivo importante per lo sviluppo turistico del territorio.
La Sardegna e l’Ogliastra presentano tutte le potenzialità necessarie allo sviluppo di varie forme di turismo. Il settore di punta è il balneare, ma ai fini della destagionalizzazione, che deve portare un incremento dei flussi e delle attività turistiche nei mesi di bassa stagione, dobbiamo lavorare per potenziare i segmenti che si potrebbero sviluppare per attrarre diversi target di turisti.
Le caratteristiche attrattive vertono sui tematismi del turismo enogastronomico, archeologico, degli eventi sportivi e culturali, del turismo congressuale, del welness, del cicloturismo e del crocierismo.
La nostra destinazione ha un portafoglio ricco di eventi e di proposte adatte a svariati target, ma è carente, ad esempio, a livello di accessibilità.
Le azioni politiche necessarie, con effetto destagionalizzante, riguardano l’accessibilità e la mobilità (rafforzamento dei collegamenti aerei, navali e del trasporto pubblico interno), il tema delle infrastrutture materiali e immateriali (investimenti in poli golfistici, termali, centro congressi), la promozione e il marketing, con la creazione di un calendario di eventi in grado di coniugare i vari tematismi.
Insomma, serve avere una nuova visione che impari a mettere a reddito la cultura, l’ambiente, il patrimonio, arrivando a un sistema di offerta integrata, in grado di valorizzare le peculiarità del territorio. Bene la legge sul turismo, male l’inciampo sulla legge urbanistica, bene il bando per la destagionalizzazione. Tanto resta ancora da fare per rendere il settore più forte e trainante per l’economia del nostro territorio.
Un dibattito vivace e costruttivo è necessario per capire a che punto siamo e dove vogliamo arrivare. Il nostro partecipato convegno del mese di ottobre è solo il primo passo di un contributo che la Cisl intende dare su questo tema e su tutti i settori strategici per lo sviluppo della nostra Regione e del nostro territorio.
Vivere in famiglia: elisir di lunga vita
di Giacomo Mameli.
Nell’aula magna dell’università di Cagliari, a fine settembre, ha ascoltato la tesi di laurea in architettura del nipote Giacomo. Poi è ripartita per Perdasdefogu dove Annunziata Stori è nata 96 anni fa e dove abita in casa del figlio Mario, della nuora Marcella e dei loro figli.
Era stata a Cagliari, in ospedale, anche lo scorso febbraio, operata di carcinoma. «Temevo per la mia vita, ma il chirurgo, professor Antonio Macciò, ha fatto le cose bene. Ha detto che gli anziani hanno gli stessi diritti dei giovani. Bravi gli infermieri. Dopo quattro giorni ero in piedi», ricorda nella casa di Santonalài con vista sugli orti con la chiesa del Salvatore. Piega lenzuola e asciugamani, fa colazione, rassetta il letto. Poi in macchina col figlio alla vigna a guardare i grappoli d’uva scampati alla grandine d’agosto. Dice: «Vivo in famiglia e faccio di tutto, d’estate vado al mare e sto in spiaggia a prendere il sole». Memoria di ferro: «Ricordo il mio matrimonio del settembre 1952, ma anche i nomi degli scrittori venuti a Foghesu per il festival letterario, che brava Benedetta Tobagi, ricordo anche le commedie dialettali ascoltate nel cortile delle elementari. In paese vivo bene». E mantiene le pubbliche relazioni. Per “Sa Strangìa” – il giorno prima della festa grande, quando i foghesini accolgono i forestieri – ha invitato a casa la prima centenaria di Castiadas, zia Elvira Orrù. «Ci siamo raccontate tante storie, anche gli amori giovanili. E i balli in piazza».
Vive bene perché vive in famiglia. Come succede a tante coetanee e coetanei di Perdasdefogu. È il villaggio che detiene – e resta imbattuto – il record mondiale della longevità familiare con la saga dei Melis, quella di Consola morta lucida a 108 anni. È il villaggio che su 1880 abitanti (2928 nel 1971) conta 54 ultranovantenni. La terapia casalinga unita a quella paesana è un efficace stile di vita: perché resti legato al tuo ambiente, trovi sorrisi, gente vestita come te, non camici bianchi. Trovi soprattutto dialogo. Parli e vivi. Non sei solo, stai con la gente, tra piaceri e dolori.
Succede a Carolina Mura, che di anni ne ha 93, autonoma nella casa fronte biblioteca a pochi metri da quella del figlio Giampaolo. Tiene la contabilità “vicinato per vicinato” di chi nasce e di muore, si commuove quando ricorda l’incidente sul lavoro, nei pressi di Stoccarda, quando – 1969 – era morto il marito Cesare. Se non è a Foghesu si trasferisce a Villagrande dal figlio, Antonio. «Sempre fra nipoti e conoscenti, sempre tra sorrisi e tante discussioni».
Stessa vita, stesso affetto nel rione Sa Muragessa per Battistina Carta (92 anni), per Francesca Sirigu (96). La prima ricorda gli anni della guerra col marito Carlo Deidda in Africa, la sua vita “indipendente” vicina di casa della figlia Antonella, le visite alle sorelle Elena (84) e Clelinia (80). Francesca parla del marito Luigino Salis prigioniero degli inglesi, dei suoi figli, («uno fa l’attore, un’altra insegna a Cagliari»).
Alla fine del paese, sulla strada per Ulassai, abita – ricordando la vita di “emigrata da Escalaplano” – Antonietta Prasciolu Corona. «I miei figli mi portano sempre alle feste in campagna, alle cene con gli amici. E io recito poesie». Federica Melis, 96 anni, maestra in pensione va ogni mattina alla prima Messa, rientra a casa, «e leggo i miei autori, Manzoni, Leopardi e la Deledda. I libri mi tengono viva».
Stessa terapia casalingo-paesana per i colleghi seniores maschi. Zio Vittorio Palmas, noto Catzài, di anni ne compirà 105 il prossimo dicembre. È noto in tutt’Europa. È uno dei sopravvissuti al lager di Bergen Belsen, quello di Anna Frank. È protagonista di libri di storia, è raccontato in monologhi teatrali (“Storia di un uomo magro” dell’attore Paolo Floris) fra la Sardegna, il resto d’Italia e la Spagna. Vive tra la sua casa di Piazza Longevità e quelle delle figlie Donatella e Antonietta. «Sto una settimana da una figlia e una settimana da un’altra. D’estate torno a casa mia con le figlie che rientrano da Roma».
Stessa vita per Antonio Brundu (anni 101) salvato nel 1943 dalle bombe che avevano distrutto Cagliari. Quando è a Perdasdefogu sta dal figlio Gianni, e passa tante ore a chiacchierare con gli amici in piazza Europa, ascolta le gare poetiche dialettali, non manca alla presentazione dei libri. In inverno a Monserrato dalla figlia Beatrice, in estate a Foghesu con i figli Aldo (lavora a Torino) e Luigi (vive a Parigi).
Bonino Lai, prossimo al secolo di vita, ex impiegato comunale, ex radiotelegrafista nella seconda guerra mondiale, passa le sue giornate nella casa di via Roma, vicino alla chiesa parrocchiale, con la moglie Elena, le figlie e nel viavai di parenti e amici. E racconta pagine di vite e di storia. Così come fa Armando Marci con tanti altri suoi coetanei vicini al secolo di vita.
E tutti a dire: «Gli anziani devono vivere a casa loro e nel paese dove sono nati». Sì, il paese, ogni paese, è un elisir di lunga vita. Il festival letterario ha un marchio celebrato al Salone del libro di Torino: “Leggendo si vive”.
Giovanni Canzio al Da Vinci di Lanusei
gli studenti della 4A Classico.
Il 22 settembre scorso l’aula magna del liceo, gremita di studenti – ospiti anche il liceo Businco di Jerzu e il liceo scientifico e classico di Tortolì –, ha assistito alla quinta conferenza di Giovanni Canzio, magistrato e presidente emerito della Cassazione, che ha tenuto una lectio magistralis sul tema delle leggi razziali, a ottant’anni dall’anniversario della loro emanazione.
Durante la conferenza ha sottolineato l’attualità del tema trattato, ravvivando il ricordo straziante del periodo nazi-fascista in tutti i presenti che, con rinnovata attenzione, hanno interrogato il giurista sul tema. Domande, quelle proposte dagli studenti, pertinenti e profonde, particolarmente apprezzate dallo stesso Canzio.
I giovani si sono soffermati specialmente sui quesiti riguardanti le ripercussioni che le leggi razziali hanno avuto sui diritti delle minoranze, sulla necessità di una ”commemorazione attiva e non retorica” e sull’attualità del tema. Il presidente ha risposto con piacere, facendo emergere la sua figura di giurista, approfondendo e mettendo in evidenza i ruoli che hanno avuto i magistrati sotto il regime fascista e ribadendo l’importanza del ricordo: «Le cose non si ripetono se non le facciamo ripetere», intendendo che se il passato è immutabile, il futuro è nelle nostre mani.
Giovanni Canzio (Salerno, 1945), è stato primo presidente della Corte Suprema di Cassazione dal 7 gennaio 2016 al 31 dicembre 2017, già presidente della Corte di appello di Milano (2011-2015), della Corte di appello de L’Aquila (2009-2011) e Consigliere della Corte di cassazione (1995-2009). È inoltre docente dei corsi di “Ordinamento giudiziario” e “Casi e questioni di giustizia penale” presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano.
Svolge un’intensa attività in campo scientifico, quale autore di numerosi studi di diritto e procedura penale e in materia di organizzazione giudiziaria. Presidente o componente di varie commissioni ministeriali di riforma dei codici penale e di procedura penale.
A partire dal 20 settembre 2013, il nostro liceo Leonardo Da Vinci ha avuto l’onore di ospitare il magistrato campano. Nel corso del primo anno ha trattato il processo indiziario tra verità e dubbio, da Edipo Re ad Amleto al processo moderno. Nel 2014 il processo penale tra verità, ragione e dubbio è stato il tema centrale della sua dissertazione. «Chi smette di studiare, smette di pensare!», sono le parole di Canzio.
“La libertà e le regole” è l’argomento da lui scelto per l’incontro del 2015, mentre nel 2016 gli studenti del Classico hanno messo in scena la tragedia greca “Antigone”, opera sofoclea sempre attualissima, per cui l’ospite d’onore è stato proprio il magistrato originario di Salerno, il quale è stato successivamente relatore di un ulteriore incontro formativo: “Antigone e il conflitto tragico. La giustizia tra leggi, diritta ed etica.”
L’incontro dello scorso settembre è stato preceduto dalla rappresentazione di “Le Baccanti” di Euripide, sempre da parte degli studenti del Classico.
Vendemmia 2018: il saldo è negativo
di Claudia Carta.
A voler essere ottimisti è sufficiente confrontare l’attuale annata vitivinicola con quella dello scorso anno: +20%; 560mila ettolitri contro i 466mila del 2017. Ma se poi si scopre che proprio dodici mesi fa la produzione era inferiore del 42% rispetto al 2016 (quando si parlava di 804mila ettolitri), si capisce subito come i motivi per cui stare allegri non siano poi così tanti.
Il primato c’è, eccome, ma è negativo, dal momento che l’Isola si aggiudica la maglia nera come regione con le perdite maggiori nella produzione di vino rispetto alla media degli ultimi cinque anni. A ribadirlo è Coldiretti che riporta le previsioni di Assoenologi.
Fortemente condizionata dalle avverse condizioni climatiche, da un meteo schizofrenico che ha alternato caldo e afa a violenti piogge e grandinate, con tassi di umidità elevati, la raccolta delle uve si preannuncia inferiore del 19% (560 mila ettolitri) rispetto alla media regionale degli ultimi cinque anni (690.000), -7% rispetto agli ultimi 10 anni (604mila), -30% rispetto al 2016 (804mila ettolitri).
«Perdite – sottolineano da Coldiretti – dovute alle straordinarie precipitazioni e grandinate del mese scorso che hanno classificato agosto come il più piovoso da quando si rilevano i dati (1922), che si sommano a una primavera altrettanto piovosa. La lunga umidità, poi, ha favorito la diffusione dei parassiti che solo grazie agli esperti tecnici presenti nelle cantine non sono stati eccessivamente dannosi, dal momento che sarebbero potuti essere molto più cospicui». Oggi è la troppa pioggia, nel 2017 la siccità, il troppo caldo e le gelate di metà aprile, dimezzarono le produzioni rispetto all’anno prima – 42%; -32% agli ultimi cinque e -23% rispetto ai dieci anni precedenti.
Attualmente il quadro risulta particolarmente frammentato: ci sono situazioni al limite e altre in cui non si registrano perdite. La costante, in entrambi i casi, è data dai costi di gestione, molto più alti. «Stiamo monitorando costantemente la situazione – ha spiegato il presidente della cantina sociale Antichi Poderi di Jerzu, Marcello Usala – per rilevare i danni che il maltempo ha causato sul nostro territorio. I fenomeni, infatti, hanno interessato a macchia di leopardo tutti gli areali: ci sono zone maggiormente colpite, altre meno, altre nelle quali addirittura le uve sono in ottime condizioni. Il viticultore, inoltre, è stato molto accorto e abile nel mettere a punto tutti quei sistemi per proteggere e salvaguardare le uve che saranno in questi giorni oggetto di conferimento. Gioca a nostro favore – ha proseguito Usala – il fatto che già da qualche settimana il bel tempo ha permesso alla curva di maturazione di raggiungere il suo completamento e di conseguenza al grado zucchero di innalzarsi. Certo è che, a fronte di due annate veramente complesse, la speranza è quella che per il prossimo anno possiamo commentare numeri e qualità infinitamente migliori».
Obiettivo qualità anche per le altre aziende del territorio: «I nostri tecnici – ha commentato dalle colonne de L’Unione Antonio Lara, presidente della cantina sociale Ogliastra di Tortolì – hanno rilevato grappoli pieni e una curva di maturazione che prelude a una buona qualità delle uve». Gli fa eco Mario Mereu, cantine Perda Rubia di Cardedu: «La qualità delle uve è decisamente ottima. Di contro, lamentiamo un calo della produzione a causa dei danni provocati da peronospora e oidio».
Non resta che aspettare. Magari davanti a un buon bicchiere di vino.
Le risorse della Diocesi per un futuro da scrivere
di Alessio Loi.
Entro il mese di giugno, come ogni anno, deve essere presentato alla Conferenza Episcopale Italiana il rendiconto delle risorse assegnate alle Diocesi derivanti dal gettito dell’otto per mille. Come ormai di consuetudine, ogni anno, il rendiconto viene pubblicato perché si ritiene doveroso rispettare il principio della trasparenza nell’utilizzo delle risorse. Ciò sia sotto il profilo etico, in quanto Chiesa, sia sotto il profilo giuridico in quanto l’otto per mille rappresenta una quota parte delle risorse pubbliche provenienti dallo Stato, per scelta dei cittadini. Le risorse provenienti dalle assegnazioni dell’8xmille non sono, tuttavia, sufficienti a soddisfare tutte le esigenze della nostra Diocesi alle quali, pertanto, si fa fronte con fondi propri, con risorse delle singole parrocchie, con contributi straordinari della Cei a destinazione specifica e con risorse pubbliche provenienti dai Comuni e dalla Regione. Sia queste ultime risorse che i fondi 8xmille compongono il bilancio della Diocesi che viene esaminato e approvato dalla Commissione economica diocesana e, successivamente, presentato e illustrato a tutto il clero diocesano. Nell’ambito delle iniziative legate alle esigenze di culto e pastorali si stanno attuando importanti interventi per la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici di culto con una particolare attenzione alle strutture delle case canoniche e ai locali da adibire ad aule catechistiche. Da notare che la realizzazione delle opere strutturali sta animando il sistema delle imprese locali e, pertanto, ha sicuramente ricadute in ambito occupazionale. Seppure in maniera ridotta, di conseguenza, tali attività contribuiscono ad alleviare la grave crisi economica e occupazionale di cui soffre il nostro territorio.
Nell’ambito degli interventi straordinari programmati è da annoverare il recupero della sede dell’Episcopio di Tortolì che sarà utilizzato anche per attività d’interesse culturale. L’opera, cofinanziata dal Ministero dei Beni culturali, dalla Regione e dalla nostra Diocesi, è in fase di avanzata progettazione da parte della Sovrintendenza di Cagliari, individuata quale soggetto attuatore. C’è anche da ricordare – profeticamente, come è stato scritto nel numero di maggio di questo mensile – un’altra importante opera programmata, di cui è già stato predisposto il progetto preliminare: la realizzazione di un oratorio interparrocchiale a Tortolì, in un terreno della Diocesi.
L’oratorio ha sempre rappresentato un importante centro di aggregazione e di formazione sociale: è un luogo in cui i giovani scoprono la dimensione comunitaria, vivono momenti di solidarietà, sviluppano le loro capacità culturali e il loro senso civico in una dimensione complementare rispetto a quella familiare e scolastica. In questa prospettiva l’oratorio non solo assolve un essenziale ruolo formativo, ma rappresenta soprattutto un insostituibile strumento di politica sociale, che allontanando i giovani da fenomeni di devianza, ne favorisce la crescita armonica ed equilibrata. È di tutta evidenza che in un contesto caratterizzato da profondi mutamenti sociali, dalla crisi economica e dall’assenza dei punti di riferimento, diventa pressante l’esigenza di potenziare le politiche di prevenzione rivolte specificatamente ai giovani. Questa importante iniziativa è stata pensata e fortemente voluta dal nostro Vescovo come progetto pilota per futuri interventi da realizzare in altre realtà della Diocesi. Gestita e animata da educatori opportunamente formati l’iniziativa costituirà sicuramente un intervento significativo nell’ambito della pastorale giovanile cui la nostra Diocesi presta particolare attenzione.
Come sta il nostro cinema?
di Fabiana Carta.
Internet, pirateria digitale, l’invasione di serie Tv di qualità altissima, piattaforme virtuali, hanno danneggiato tristemente il Cinema come luogo in cui vivere l’emozione di un film a trecentosessanta gradi.
Incontro Franco Muceli, proprietario dello storico Cinema Garibaldi di Tortolì aperto nel 1942 grazie a suo padre, per capire qual è lo stato di salute di questo gioiello ogliastrino. «Il cinema oggi sta male. Mi devo necessariamente rivolgere a una fascia di pubblico ampia, dai bambini, ai giovani, agli anziani. La gente affluisce quando c’è un film che gli interessa, in questo periodo vanno di moda i supereroi e mostri. Purtroppo le uscite non le concordano granché tra le varie case cinematografiche, perciò ci ritroviamo in due settimane ad avere in programmazione due film dello stesso genere».
È un problema generale. Il 2017 è stato l’anno nero del cinema italiano: i biglietti venduti sono calati del 25% rispetto al 2016, nessun film ha superato i 10 milioni e si parla di una perdita di più di 70 milioni rispetto la stagione precedente. Un 2016 salvato ai botteghini dalla presenza di Checco Zalone con il film “Quo vado?”, come mi conferma Muceli: «Uno dei problemi maggiori è che non producono più grandi film, a livello di incassi ci stiamo riducendo ad aspettarne uno che sbanchi i botteghini, come i film di Zalone, che resta ancora quello che fa la differenza nei riferimento di incasso annuali. Oggi escono troppi film in una settimana, solo i cinema multisala possono assolvere alla loro programmazione, i piccoli centri come Tortolì con a disposizione solo due sale devono fare delle scelte. In Ogliastra siamo appena sessantamila abitanti, siamo penalizzati, ma siamo fortunati ad avere il nostro cinema».
Mi spiega che se un film, come si dice in gergo, si programma in battuta, ovvero si distribuisce in contemporanea, può andare bene come no, resta un azzardo, nessuno può prevedere la risposta del pubblico, «neanche il distributore può essere certo del successo, per quanto si faccia leva sulla pubblicità a tutto campo». Qualche volta i film non vanno, ma firmando il contratto che ne prevede la proiezione per un certo numero di giorni, in gergo tenitura cinematografica, si è costretti a tenerlo pur non avendo ricavi.
Gli chiedo come si svolge la selezione delle opere: «I film li scelgo io, seppur vincolato o limitato qualche volta dai distributori e dalle regole commerciali, e la scelta si basa sugli incassi prevalentemente in Sardegna. Tempo fa mi sono dedicato al Cinema d’essai (in altre parole si selezionano i film sulla base dell’interesse culturale e sulla qualità artistica), ma nel corso degli anni è cambiato il modo di andare al cinema, c’è meno risposta».
Mi ricorda l’incanto delle estati in cui si dedicarono anche al cinema all’aperto, sotto le stelle, quello che ha segnato felicemente molti momenti della mia infanzia. Oggi perché non si fa più? «Il motivo principale è che la gente durante l’inverno vede tutti i film e in estate non ci ritorna. Un altro motivo è che non posso sobbarcarmi tutte le spese, mi piacerebbe avere la collaborazione di altri enti oppure organizzazioni». Altro tasto dolente: le scuole partecipano poco, pare ci sia una sorta di diffidenza o difficoltà nel portare i ragazzi al cinema. Stranezze. Possono essere più educative delle immagini, una storia proiettata su uno schermo che due ore di lezione in cui si parla solamente. Secondo un’indagine commissionata da Fondazione ente dello spettacolo all’Istituto Toniolo, presentato durante l’ultima edizione della Mostra Internazionale d’arte cinematografica della Biennale di Venezia, sono emersi dei dati interessanti: il 92,6% dei giovani vorrebbe andare al cinema più spesso, cosa li allontana? Al 46,4 % i costi. Franco Muceli mi risponde così: «Il problema del prezzo è legato anche al costo del noleggiatore, che ci chiede circa il 50% dell’incasso. Immagina che da un biglietto che costa 6,50 euro, incasso solo 3,50».