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Fatti

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Come accettare il peso di un mistero nella tremenda tragedia nuorese

di Francesco Mariani.

Le tragedie di Nuoro, Paderno Dugnano, Parma, avvenute dentro casa, in una famiglia, con una violenza improvvisa e incontrollata pongono infiniti interrogativi. Cercare di spiegare l’inspiegabile, soprattutto nel caso di Nuoro, è sfidare l’impossibile. Non lo accettiamo, ma di questo si tratta. Qui infatti non ci sono coordinate sociologiche o psicoanalitiche per tentare qualche spiegazione. Resta un mistero cosa e perché sia passato nella mente e nel cuore di Roberto Gleboni. Resta il mistero del male che ogni uomo si porta dentro.

Alcune considerazioni, di carattere generale, le possiamo fare sulla mutazione dell’istituto famigliare, ma senza la pretesa di svelare l’arcano, di dire che esse sono alla base della nostrana tragedia o possano spiegarla.
Il concetto di famiglia tradizionale è cambiato e ha diverse cause. Il nostro modo di vivere oggi è incentrato sull’immediato, sul presente indicativo senza apertura al futuro. Manca una progettualità, una meta da raggiungere.
Le relazioni tra le persone sono mutevoli, fluide, precarie. A tempo indeterminato non esiste più nulla o quasi. Tutto è paragonabile alle confezioni dei supermercati: hanno una scadenza, inducono al sottile piacere dell’usa e getta. Fare sacrifici per un domani, un futuro, è divenuto illogico e deprimente. Ci si concentra sull’io, cancellando il noi. Da qui l’incomunicabilità e le incomprensioni, la solitudine occultata in modo maldestro.

Abitualmente le indagini giudiziarie sono mirate a scoprire l’autore di un reato.
Nel caso della strage consumatasi a Nuoro, tra via Ichnusa e via Gonario Pinna, l’autore-suicida, Roberto Gleboni, è conosciuto e non è imputabile in quanto deceduto. Ciò su cui si sta indagando sono le motivazioni di quest’orribile gesto. Un compito più impegnativo quello di capire il perché, rispetto a quello di appurare il chi e il come.
L’audizione protetta del figlio 14enne, unico superstite della strage di via Ichnusa, e quella in programma della madre di Gleboni potranno ulteriormente chiarire la dinamica della strage, ma difficilmente ne spiegheranno le cause. Qui si tratta infatti di penetrare nella mente e nella coscienza di una persona che ha barbaramente ucciso la moglie, una figlia, un figlio, un vicino di casa, e ferito un altro figlio e sua mamma. Ha compiuto un gesto premeditato, calcolato da tempo, pensato e rimuginato? Oppure ha agito d’impeto, con una reazione orrenda e improvvisa? Difficile pensare che abbia programmato l’omicidio di Paolo Sanna, persona mite e pacifica, che ha avuto il torto di essersi trovato nel pianerottolo della casa al momento della tragedia. La sua morte è passata in secondo piano, come un dettaglio, come se non abbia terremotato la sua famiglia e toltoci lui. Davanti a quella furia omicida chiunque sarebbe stato soggetto allo sparo in testa. Non a caso, il fratello dell’omicida-suicida ha detto di essere salvo solo per caso: non era presente nella casa della madre, quando è arrivato Roberto, giusto perché mezz’ora prima aveva preso l’autobus per andare al lavoro.

Quando si indaga sulle motivazioni di gesti così strazianti, Nuoro diventa puntualmente un tribunale d’inquisizione dove ognuno suppone e afferma la sua supposizione. Magari non si conosce, neanche di vista, alcuna persona di questa tragedia, ma questo non impedisce di asserire e discettare. Ci troviamo dinanzi a una marea di “supposte” avvelenate. Sarebbero da definire tossiche perché, più di talvolta, alimentate da rancori sordi e muti covati nei confronti di tutti. Anziché avere un attimo di silenzio e di misericordia dinanzi a un mistero tremendo, si aprono i rubinetti dei “si dice”, “mi hanno detto”, “ho sentito”, “mi pare”… E via allo scroscio di illazioni ed elucubrazioni puntualmente riprese sui social e sulla carta stampata.

Ricordo che, per noi cristiani cattolici, è peccato diffamare, calunniare, insinuare falsità (anche qualora ripetute e apprese in buona fede). Ricordo che esistono tremendi fenomeni imitativi che non vanno censurati, ma neanche alimentati. Altrimenti nutriamo la banalità del male, del vivere e morire. Ricordo che il dolore altrui va condiviso e non strumentalizzato per nessun motivo, tantomeno ideologico. Ricordo che la curiosità morbosa, usata per sentirsi importanti, produce solo il male.
Riscopriamo il coraggio di lacrime sincere, senza ma e però, e di essere vicini e fratelli, non per un giorno, a coloro che sono rimasti. Questo è più importante rispetto alle nostre tantissime e inconfessate fisime.

Giunge, infine, l’appello sui social di Carmela Capelli, madre di Giusi Massetti. Lo inseriamo. Spero che queste parole, più delle mie, ci riportino alla realtà: «So che ci siete tutti vicini e vi ringrazio tanto di cuore, ma vi chiedo un grande piacere: smettete di postare foto e commentare su motivi e altro di questa terribile tragedia. Sono una mamma distrutta, ma ho un nipote da tutelare e proteggere. Tutto quello che vedo e leggo su Facebook non ci aiuta. Perciò vivete il vostro dolore privatamente: se veramente le volevate bene, non fate a gara a dimostrare chi l’amava e la conosceva di più. So che era amata da tutti e io e la mia famiglia ne siamo fieri».

Anziani

Quali servizi per gli anziani?

di Augusta Cabras.

Sono tanti i servizi messi in campo dal Plus Ogliastra per i nostri anziani, per le loro famiglie. È importante conoscerli e capire come funzionano

Il Plus, il Piano Locale Unitario dei Servizi alla Persona, è lo strumento di promozione a livello locale del sistema integrato dei servizi essenziali di assistenza e di tutela dei diritti della popolazione in materia sociale e sanitaria. Grazie a tale strumento i diversi soggetti coinvolti (Azienda Asl, Comuni, Provincia, Attori professionali, Soggetti sociali e solidali, ecc.), concorrono a costruire una rete dei servizi rivolti alle persone appartenenti al Distretto e insieme individuano le risorse, determinano obiettivi e priorità, programmano e dispongono in modo integrato gli interventi sociali, sanitari e sociosanitari, anche con il contributo diretto dei cittadini
«L’area anziani costituisce uno dei più rilevanti campi d’azione per il Servizio Sociale dei comuni del Distretto Ogliastra. La fascia della terza età, infatti è contraddistinta da una serie di bisogni umani, di carattere sanitario e anche socio-ambientale. L’obiettivo fondamentale che si intende perseguire è quello di favorire la permanenza degli stessi nel proprio ambiente di vita e contesto familiare onde evitare il distacco dagli affetti, dai ricordi e dai luoghi in cui hanno sempre vissuto».
Sono queste le parole che il Plus Ogliastra, utilizza per spiegare il proprio impegno a favore degli anziani ogliastrini. E tanti sono i servizi messi in campo che è utile e importante fare conoscere.
È presente in tutti i comuni il servizio di Assistenza domiciliare che ha lo scopo di mantenere a domicilio le persone con problemi di non autosufficienza psico-fisica, rimuovendo gli ostacoli e valorizzando le risorse della rete parentale e sociale, tramite interventi professionali adeguati ai bisogni, nel pieno rispetto delle volontà e degli stili di vita espressi dalla persona. Il servizio ha altresì la funzione di recuperare e mantenere le capacità residue degli utenti e contrastare l’impoverimento relazionale che la non autosufficienza può indurre.
Il Plus Ogliastra per venire incontro alle esigenze di tantissime famiglie che hanno bisogno di una persona nella propria abitazione che aiuti l’anziano, ha predisposto anche il registro pubblico degli assistenti familiari che può essere consultato telematicamente, facendo risparmiare tempo prezioso a chi vive già una situazione complessa.
Nell’alveo dei servizi è presente anche il programma denominato Ritornare a casa Plus, finalizzato a favorire la permanenza nel proprio domicilio della persona in situazione di grave non autosufficienza, evitando il rischio di istituzionalizzazione.
Il progetto di investimento 1.1.2 del PNRR, in fase di partenza, invece mira a migliorare l’autonomia degli anziani non autosufficienti attraverso l’adattamento delle loro abitazioni e l’integrazione di servizi socio-assistenziali. Il progetto è destinato a 19 anziani residenti nei 23 comuni del territorio ogliastrino e prevede l’assistenza sociale domiciliare unita agli adattamenti dell’abitazione: l’abbattimento delle barriere architettoniche e l’installazione di tecnologie domotiche che permettono il monitoraggio a distanza dei parametri vitali e rendono gli ambienti domestici più accessibili e sicuri per gli anziani stessi.

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“Giovani e volontariato: mi sta a cuore”

di Antonio Carta.

La gioiosa esperienza di 57 ragazzi ogliastrini presso il centro Caritas di Tortolì

Il Servizio diocesano per la Pastorale Giovanile, in collaborazione con il Servizio diocesano Caritas, ha proposto nelle giornate tra il 31 luglio e il 12 agosto 2024 il progetto Giovani e Volontariato: mi sta a cuore! coinvolgendo 57 tra ragazzi, adolescenti e giovani provenienti da 9 diverse realtà parrocchiali della nostra diocesi, vivendo insieme – nei locali del centro Caritas di Tortolì – giornate di fraternità, amicizia, dialogo e confronto.

Con il fondamentale contributo dei seminaristi e l’accompagnamento prezioso e costante del Direttore Caritas, Cristiana Boi, i giovani hanno conosciuto la realtà della Caritas diocesana, visitando gli ambienti in cui si svolgono i diversi servizi, ascoltando la testimonianza di alcuni volontari, vivendo momenti di preghiera e riflessione, anche attraverso il divertimento, con alcuni momenti ludici di musica e danza, mettendo anche le mani in pasta riscoprendosi artigiani, creatori di bellezza, fatti a immagine e somiglianza di un Dio che per amore gli ha creati dando a ciascuno il compito di amare se stessi e il prossimo posto loro accanto nelle strade della vita.
Le testimonianze

«Sono andata alla Caritas solo alcuni giorni, a causa della distanza tra il mio paese e Tortolì. Io e il mio gruppo di amiche, insieme alle nostre animatrici, siamo state accolte benissimo. Abbiamo vissuto momenti di divertimento, ma anche di preghiera e riflessione, e ogni attimo lo abbiamo vissuto col sorriso. Questa esperienza mi è servita per capire l’importanza della carità nei confronti dei nostri fratelli, ma anche per riflettere su quanto siamo fortunati e quanto bisogna imparare a gradire le piccole cose, valorizzando i piccoli gesti, perché per qualcun altro possono essere una grande cosa». Sofia Codonesu, Villaputzu

«Che belle le giornate di Pastorale Giovanile in Caritas! Il diacono, i seminaristi e i sacerdoti hanno saputo coinvolgere grandi e piccoli con attività interessanti e giochi divertenti. Con la loro simpatia ci hanno fatto ridere, esprimere le nostre emozioni attraverso laboratori, preghiere e confronto. Ci hanno fatto conoscere più a fondo la bellezza di avere Dio vicino, che parla al nostro cuore, e l’importanza di saper riconoscere ogni nostra emozione in ogni situazione. Ci hanno insegnato l’importanza del servizio Caritas e la gioia delle persone che fanno volontariato, l’importanza dell’aiutare i più bisognosi, la fondamentale importanza dell’amicizia e dell’avere cuore verso il prossimo. Ho visto i più piccoli molto coinvolti nelle attività. Io e mio fratello ringraziamo il Signore e Maria santissima per questa bella esperienza di vita». Julien Cuccu, Tortolì – Stella Maris

«Un’esperienza molto divertente e le persone che hanno partecipato l’hanno reso ancora più piacevole. Le attività vissuto sono state per me molto interessanti e stimolanti. Se dovessi trovare un difetto è la durata veramente ridotta! Mi piacerebbe che giornate come queste si potessero ripetere più volte durante l’estate». Severino Piu, Tortolì – Sant’Andrea

«Ho partecipato solo ad alcuni dei giorni proposti, ma posso realmente dire che è stata una bella esperienza, davvero divertente. Io ho partecipato anche l’anno scorso e la prima cosa che ho notato è stata la grandezza del gruppo, molto più numeroso rispetto alle scorse volte. Da un lato è stato molto bello, però ho notato che è stato più difficile instaurare relazioni con tutti i partecipanti. Ad ogni modo credo sia molto importante vivere attività di volontariato, che diano il senso reale al luogo in cui viviamo questa esperienza: la Caritas». Lorenzo Cau, Tortolì – San Giuseppe

«Abbiamo proposto ai ragazzi coinvolti alla Caritas diocesana un percorso centrato sul confronto tra due misteri profondissimi: quello di Dio che crea, solo per amore, il mondo e ogni cosa contemplabile e quello dell‘artista che mediante l’ispirazione, segno della grazia, non solo esprime se stesso, ma cerca di andare oltre, di comunicare ciò che ha dentro, quel che ha nel cuore.

Avere cuore era anche il tema della pastorale del turismo 2024. Allora lavorando insieme, noi seminaristi, la Pastorale Giovanile con la direzione Caritas diocesana e soprattutto il Vescovo, facendo rete con le parrocchie, abbiamo pensato che per i ragazzi si poteva fare di più: occorreva avere cuore. In effetti attraverso i laboratori di tecnica plastica, i giovani futuri volontari hanno potuto meditare su come il Signore dà a ognuno la possibilità di fare di sé un’opera d’arte, per scoprire che con le proprie mani si può fare, aiutare, trasformare, anche le persone. Anche quelle più dimenticate e in genere respinte possono trasformarsi, con l’aiuto dei fratelli, in meraviglie ammirabili, a immagine dell’opera creativa di Dio.

Non posso nascondere la mia meraviglia nel vedere come i ragazzi hanno risposto, facendo squadra tra loro, creando non solo stupende piccole opere d’arte, ma soprattutto suscitando alla Caritas un vero contesto di comunità, di divertimento semplice e sano, ma anche di prossimità alla sofferenza, alle povertà. Hanno avuto cuore e questo ci fa guardare con fiducia al volontariato Caritas nei prossimi anni con i suoi giovani volontari». Paolo Balzano, seminarista

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Vola il turismo religioso sui passi di San Giorgio

di Claudia Carta.

Il 21 settembre scorso, tra Ussassai e Osini, si è svolta la giornata esperienziale “Sui passi di San Giorgio Vescovo”, promossa dalla diocesi di Lanusei a seguito della convenzione sottoscritta con la Regione Sardegna per la valorizzazione del turismo religioso

L’esperienza. Doveva essere un gruppo di 30 persone. Sono diventate oltre 60, giunte da ogni parte della Sardegna. Un centinaio le persone coinvolte tra partecipanti, organizzatori e volontari. “Sui passi di San Giorgio Vescovo”. Si chiamava così la giornata esperienziale che in 21 Km, da Ussassai a Osini, ha attraversato pendii, ponti, sterrati e boschi fino ad arrivare alla chiesetta campestre dedicata a San Giorgio di Suelli, risultante concreta dell’accordo siglato nel gennaio 2022 tra Conferenza Episcopale Sarda e Regione Sardegna.

Anche la Diocesi ogliastrina ha aderito alle iniziative conseguenti la convenzione. Ne è scaturito un progetto di valorizzazione e promozione dell’offerta turistica culturale-religiosa, curato sul territorio da Laura Veronica Porcu, guida turistica regionale di Jerzu, referente per la Diocesi di Lanusei, affiancata in questa esperienza da una guida ambientale locale, Valentina Allegria, la quale ha illustrato lungo il percorso la specificità del territorio, tra flora e fauna, del suo patrimonio archeologico e storico. Un’esperienza totalizzante lungo uno tra gli scenari più suggestivi dell’Ogliastra: dalla partenza davanti alla chiesa di San Giovanni Battista, a Ussassai – con la preghiera di Padre Mauro Isacchi, amministratore parrocchiale di Ussassai e Seui – al passaggio in località “Abba Frida”, in comune di Ulassai, fino alla sosta ristoratrice del pranzo presso la fontana “Sa Brecca”, a Osini, con la successiva discesa a Scala San Giorgio, monumento naturale, dove il parroco di Suelli, don Michele Piras, ha condiviso con i pellegrini una piccola riflessione, preghiera e benedizione finale. Commovente il canto dei Gocius in onore di San Giorgio, da parte del folto gruppo di suellesi. All’arrivo alla chiesetta campestre dedicata al Santo Vescovo, calorosa l’accoglienza preparata della comunità di Osini, tra costumi tradizionale e degustazione di prodotti tipici ogliastrini. «É stata una giornata intensa – ha commentato al termine Laura Porcu –, ricca di emozioni e all’insegna del sorriso. E possiamo affermare tecnicamente riuscita: più di 60 persone hanno camminato immerse nella natura, a passo lento, insieme. Ringrazio le comunità che hanno accolto l’invito della Diocesi di Lanusei e si sono unite in questo progetto che aspira a crescere negli anni avvenire».

Presente anche Franco Saba con un nutrito gruppo di pellegrini, autore del libro “Il cammino di San Giorgio Vescovo” che per primo ha ideato e realizzato il cammino – ottenendo il riconoscimento dalla Regione Sardegna – successivamente inserito nel Registro dei Cammini dello Spirito.

Entusiasmo e grande soddisfazione anche nelle parole del primo cittadino di Ussassai, Francesco Usai, prezioso supporto logistico e compagno di strada per l’intera giornata: «Mi piace ricordare il miracolo del Santo legato alla Scala San Giorgio, la gola aperta che mette in comunicazione la Barbagia con l’Ogliastra. Ecco, l’evento vissuto da tutti noi sottolinea questa unione tra le comunità sarde, motivo di incontro tra persone, dialogo, condivisione di conoscenze, storie e culture. Un’esperienza davvero molto bella e particolare. Mi auguro che la Diocesi, organizzatori e volontari possano continuare a ripetere giornate come queste, anche in altri periodi dell’anno, in autunno e primavera, per far conoscere l’accoglienza e l’ospitalità delle comunità, oltre alla matrice religiosa dell’esperienza, sempre molto importante».

Il progetto. La Diocesi ogliastrina, insieme alle altre diocesi sarde, ha aderito alle iniziative conseguenti l’accordo tra Conferenza Episcopale Sarda e Regione Autonoma della Sardegna del 20 gennaio 2022, realizzando un progetto di valorizzazione e promozione dell’offerta turistica culturale-religiosa che mira a incrementare la presenza di servizi già esistenti e la nascita di nuovi; ampliare e consolidare la capacità di collaborazione e cooperazione fra i soggetti e i territori della rete per un partenariato stabile, solido e strutturato; tessere una trama appassionante e suscitare nuovi motivi di attrazione turistica attraverso luoghi dello spirito e percorsi a matrice storica e culturale.

Il percorso. È stato studiato dalla guida turistica jerzese, Laura Porcu, e si sviluppa per 21 chilometri: la gran parte non presenta segnaletica né orizzontale né verticale, il tratto di strada risulta sterrato non presentando segni di criticità per quanto concerne la fruibilità del passaggio ai pellegrini. La lunghezza di tappa, la distanza tra un punto attrezzato e un altro isolato, è stato suddiviso in tre segmenti di circa 6,5 chilometri, tale da rendere fruibile il percorso beneficiando del patrimonio naturalistico e monumentale della zona.

Portuland

Portuland

di Fabiana Carta.

Nella pineta di Arbatax, tre anni fa, Serena Pili apre il primo Parco Avventura in Ogliastra. Un modo per entrare in contatto con la natura, per misurarsi con sé stessi e con gli altri, per rafforzare il rapporto adulto-bambino, per mettersi in gioco e sperimentare il senso del limite. Tra divertimento e crescita

Non chiamatelo parco giochi. Potrebbe addirittura essere una metafora della vita stessa: si impara ad accettare, affrontare e superare i rischi (dove il rischio non è un limite, ma un incentivo), i pericoli e gli sforzi; si impara il rispetto delle regole, la condivisione, il sostegno reciproco e si affina la capacità di risolvere i problemi.
L’idea nasce nel 2017, in seguito a una gita di famiglia in un Parco Avventura del nord Sardegna. «Avevo appena messo al mondo la mia terza figlia, nella testa e nel cuore c’era tanta voglia di buttarmi in un nuovo progetto, creare qualcosa che ancora nella nostra zona non c’era», racconta Serena Pili, 45 anni di Tortolì.

Dopo una laurea in Sociologia, conseguita all’Università di Urbino, torna in Ogliastra e comincia a lavorare con i bambini, collaborando con cooperative, centri estivi, ludoteche, asili e scuole private. Intanto la famiglia cresce e arrivano i suoi tre figli, grande fonte di ispirazione e di stimolo. «Sono loro che mi hanno dato la spinta per mettere in pratica questo progetto – spiega Serena –, quando sei un genitore ti rendi conto che le offerte rivolte alle famiglie o le attività, al di là di qualche parco giochi, sono pochissime. Così ho pensato di dedicare uno spazio speciale, la pineta di Arbatax, alla costruzione di un Parco Avventura rivolto sia ai bambini che agli adulti. Un luogo per il divertimento e lo svago, ma con una funzione didattica ed educativa».
Un Parco Avventura, nel concreto, è un insieme di percorsi sospesi a diverse quote da terra, generalmente installati su alberi ad alto fusto, in cui gli utenti possono muoversi equipaggiati con dispositivi di sicurezza come quelli usati nelle arrampicate. Dall’idea alla sua realizzazione sono trascorsi quattro anni, il tempo di documentarsi, la richiesta di autorizzazioni, il tempo necessario alle ditte specializzate per costruire i percorsi acrobatici, lo studio dei carichi da parte dell’ingegnere, l’agronomo che studia l’albero e la sua stabilità, infine il Covid.

Nel 2021 finalmente apre le porte Portuland, giocando sul nome che unisce il sardo e l’inglese. Il luogo scelto da Serena Pili non è casuale: «Io e la mia famiglia abitiamo a due passi dalla pineta di Arbatax. Negli ultimi tempi tutti abbiamo notato quanto fosse in stato di abbandono, per nulla valorizzata, per questo mi è sembrato lo spazio ideale per accogliere il Parco Avventura, oltre che per la vicinanza alla nostra casa. Soprattutto i turisti rimangono stupiti perché solitamente queste attività non sono urbane, ma sono isolate in montagna», continua. Un’area che ha ritrovato vita, animata dalle voci e dalle risate dei bambini, per la gioia di tutti i residenti.
L’obiettivo è far divertire e coinvolgere tutta la famiglia, non solo i minori, in modo che l’adulto possa condividere l’esperienza con il bambino. «I percorsi mettono un po’ alla prova la propria fisicità, ormai i bimbi non hanno più quella conoscenza del corpo che avevamo noi di una certa generazione, noto che molti faticano anche a tenere l’equilibrio. Anche queste ragioni mi hanno spinto verso questo progetto: per me il Parco Avventura è gioco, scoperta, educazione, è vivere la natura seguendo le regole, è un modo per capire i propri limiti, un modo per superare le difficoltà, scoprire nuove emozioni. Le difficoltà si possono superare da soli, oppure con la collaborazione reciproca, e tutto questo rende orgogliosi, fa crescere l’autostima», spiega Serena.

Il Parco è un lavoro stagionale, ma se ci pensiamo bene, con il nostro clima, potrebbe essere un’attività aperta in maniera costante per tutto l’anno. È quello che si augura Serena, ma probabilmente non siamo ancora pronti. Nel Nord Europa ci sono asili nido in cui i bambini dormono all’aperto, tutto l’anno, anche con 15 gradi sotto zero, dove i bambini passano la maggior parte del tempo all’aperto, tutto l’anno, con sole, pioggia, neve e ghiaccio. Quello che viene richiesto ai genitori è una lunghissima lista di vestiti da esterno e i bambini sono liberi di passare il tempo in natura e di sporcarsi, perché non è il freddo che fa ammalare. Ciò che fa ammalare sono i virus, che girano di più in spazi chiusi e affollati.
L’educazione outdoor è importantissima: rinforza il sistema immunitario, aumenta l’autostima, stimola creatività, immaginazione e fantasia e aiuta il bambino a testare limiti e capacità. Basterebbe avere un abbigliamento adatto, ma ci vuole del tempo per cambiare approccio e convinzioni educative. «La prenotazione però è sempre aperta – spiega –, creo degli eventi tematici anche durante l’inverno. E in futuro mi piacerebbe molto creare dei progetti esterni, che si legano con il Parco, ma itineranti. Poco tempo fa ho fatto un corso per diventare operatore di psicomotricità, vorrei legare anche questo aspetto al lavoro con i bambini che vengono al Parco Avventura. In futuro continuerò a formarmi perché il mio stimolo maggiore sono i miei tre figli, grazie a loro cerco sempre di non fermarmi e di essere il più dinamica possibile perché hanno bisogno di questo», conclude.

In luoghi educativi come il Parco Avventura i bambini hanno la possibilità di conoscere, vivere l’ambiente circostante attraverso un’esperienza autentica e reale, passando per la scoperta, l’esplorazione e anche il rischio, perché gestire il rischio aiuta a migliorare la capacità di superarlo o evitarlo. Magari mano nella mano.

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8xmille, la diocesi nelle attività pastorali e di culto

di Pier Tomaso Deplano.

La Diocesi di Lanusei nel presentare alla Conferenza Episcopale Italiana il rendiconto delle risorse finanziarie derivanti dall’8xmille, interviene come di consueto nel far presente il panorama delle spese sostenute.

Il documento elenca e motiva l’utilizzo delle risorse assegnate che la Chiesa, così come gli organi chiamati a gestire il bene pubblico, deve rispondere davanti a tutti i cittadini, rendendo le comunità e i fedeli partecipi del rispetto dei valori etici e morali nella spesa delle risorse comunitarie.

In generale il bilancio della diocesi è diviso nelle principali voci che specificano l’origine delle entrate, tra cui oltre le risorse dell’8 per mille ci sono quelle derivanti da finanziamenti regionali e amministrazioni comunali per l’esecuzione di specifici progetti cofinanziati, quelle derivanti da contributi straordinari provenienti dalla Conferenza Episcopale Italiana con precisi vincoli di utilizzazione e quelle derivanti dai fondi propri e dalle parrocchie.

Nel 2023, come per tutte le annualità, una parte rilevante delle risorse ha riguardato le opere di manutenzione dell’edilizia di culto quali chiese, aule catechistiche, oratori, canoniche e altro, alle quali si aggiungono interventi minori per l’ultimazione di nuove opere. Come si evince dalla tabella delle spese, un’altra parte rilevante delle risorse sono state utilizzate per gli aiuti alle famiglie e singole persone bisognose, per le attività pastorali, per le iniziative di cultura religiosa, per i mezzi di comunicazione sociale e per la formazione teologico pastorale.

L’anno trascorso ha visto l’inaugurazione di opere importanti quali l’oratorio interparrocchiale a Tortoli – che unitamente a quello di Lanusei svolgono un importante servizio alle comunità – dell’Auditorium Fraternità e delle aule, sempre a Tortoli, e infine di Casa Betania, struttura dedicata all’accoglienza.

Sono in fase di studio altri interventi, di cui tra i più rilevanti l’ex colonia di Arbatax, il salone e le aule catechistiche di Bari Sardo e il restauro di diversi edifici di culto.

Al link https://www.diocesilanusei.it/l8xmille-in-diocesi-rendiconto/ è possibile visionare il rendiconto.