Fatti
Progetto Policoro: il coraggio di fare (l’) impresa
di Serenella Usai.
Si è concluso il 5 dicembre scorso ad Assisi il 40° Corso di formazione nazionale del Progetto Policoro, giunto al suo 26° anno di vita, con lo slogan “#mi sta a cuore”. Coinvolte circa 130 diocesi di tutt’Italia e oltre 180 Animatori di comunità, di cui 12 provenienti dalla Sardegna
Il Progetto Policoro nasce da un’illuminazione della Chiesa italiana per sostenere e formare i giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Dà loro, infatti, gli strumenti necessari per leggere e capire al meglio il territorio che li ospita in modo tale da coglierne le specificità e sulla base di esse creare un progetto di sviluppo del e per il territorio che porti con sé una crescita personale ed economica del giovane stesso.
Quattro giorni di intenso lavoro e di profonde emozioni. La figura di riferimento e di accompagnamento è stata, e sarà per quest’anno formativo, quella di don Lorenzo Milani, illustre rappresentante della Chiesa e dell’educazione dei giovani, soprattutto i più bisognosi. Il suo motto “I care” (che tradotto significa “mi riguarda”, “mi sta a cuore”) è stato appunto ripreso per la formazione del 2022.
Le giornate sono state scandite dalla preghiera, dalla riflessione e dai lavori di gruppo. Questi hanno permesso di approfondire la conoscenza dei nostri compagni di viaggio che fino a questo incontro in presenza (il primo dopo quasi due anni di pandemia!) sono stati solo delle semplici figurine dietro a un computer. L’argomento formativo dei lavori di gruppo è stato ispirato dell’opera dell’autore cileno Luis Sepulveda: La gabbianella e il gatto che le insegnò a volare.
A conclusione di questi fruttuosi giorni, la consegna di fine mandato per gli Adc (animatori di comunità) del III anno, tra le quali Valentina Pani per la diocesi di Lanusei.
Formazione particolarmente significativa anche per la ripresa delle attività del progetto a livello diocesano. Il progetto Policoro ha messo radici nel nostro territorio già da qualche tempo. Si sono avvicendati nel ruolo di animatori di comunità Andrea Corrias, Fabiana Carta, Valentina Pani e, da ultimo, Serenella Usai, animatrice in carica al suo II anno. Ma questo percorso non termina qui, infatti a breve la nostra diocesi, come anche quella di Nuoro, pubblicherà il bando per la ricerca di un nuovo animatore/borsista che, accompagnato dall’animatrice uscente, intraprenderà un percorso di crescita personale e territoriale.
Il Progetto Policoro è un mondo aperto a tutti i giovani. Ricordiamo infatti che tra tutti i servizi offerti, la nostra diocesi ha messo a disposizione uno sportello informativo dove è possibile recarsi personalmente (nel rispetto di tutte le normative anti-Covid vigenti al momento), tutti i sabato mattina dalle 09:30 alle 12:30, nella sede Caritas di Tortoli in Via Mons. Virgilio, 108, o su appuntamento, tramite le pagine Facebook e Instragram.
Qui i nostri giovani possono ricevere informazioni di vario genere: dal semplice sostegno alla redazione del curriculum vitae, passando per il sostegno nella ricerca di lavoro nel territorio, fino all’accompagnamento nella creazione dei così detti “gesti concreti” (ne è un recente esempio la nuova libreria Ogliastra, sita a Lanusei al piano terra dell’oratorio interparrocchiale Amoris Laetitia) e cioè nella creazione di impresa.
A Osini San Giorgio è uno di famiglia
di Mariapaola Piras.
Uno dei preparativi per i festeggiamenti in onore di San Giorgio Vescovo di Suelli consisteva nel cospargere il pavimento della chiesetta campestre con dei rametti di rosmarino; capita quindi, talvolta, che un pasto appena speziato risvegli sensazioni proprie di quelle giornate tanto care a noi osinesi.
Tanto care perché la festa di San Giorgio è un momento speciale dell’anno, come il Natale o la Pasqua, ma più esclusivo: la festa di San Giorgio è una festa osinese, la sentiamo nostra, con una gelosia magari inopportuna, ma forte e genuina. San Giorgio è uno di famiglia e ha la capacità, come nient’altro, di far sentire il paese intero una famiglia.
La festa si svolge nel fine settimana più vicino al 23 aprile, dal venerdì alla domenica, secondo un rituale consolidato nel corso degli anni.
Il venerdì pomeriggio, la statua viene accompagnata fino alla chiesa campestre a lui dedicata, e la domenica pomeriggio viene riportata alla chiesa parrocchiale di San Giuseppe, dove viene custodita per il resto dell’anno. Il simulacro del Santo, solitamente, viene trasportato a spalla dagli uomini del paese, più raramente è stato utilizzato un carro trainato da dei buoi.
Le due processioni, molto sentite, sono precedute dai fragorosi scoppi de is coetus, e scandite dal rosario cantato in sardo, alternato a ogni decina al suono delle tradizionali launeddas. Talvolta, ad arricchire di colori la lunga teoria di fedeli, oltre agli stendardi con immagini religiose sorretti dalle donne del paese, partecipano alla processione anche gruppi folkloristici dei paesi limitrofi.
I bambini amano precedere la processione e attenderne l’arrivo magari dietro una curva, provando a indovinare, dai suoni e dalle preghiere che si diffondono nell’aria, il momento in cui la statua del Santo comparirà davanti alla loro vista.
In particolare, la processione del venerdì vede sempre una nutrita partecipazione e diventa l’occasione, per tutti quegli osinesi che vivono lontani dal paese natale, di tornare ad assaporare questa atmosfera unica. A poche centinaia di metri dall’abitato, all’ombra dei lecci che costeggiano la strada e nascondono, a tratti, le montagne circostanti, si entra in una piccola strada che, dopo qualche decina di metri di asfalto, si trasforma in un suggestivo lastricato di pietre chiare. Di colpo gli occhi dei fedeli, attraverso i rami dei ciliegi, possono respirare l’ampio e suggestivo panorama della valle del rio Pardu; e ancora, sul dolce pendio della montagna, si scorge a un tratto l’arco in pietra, appesantito e segnato dall’età, ma allo stesso tempo antico testimone del passaggio di innumerevoli generazioni di fedeli. Attraverso l’arco si accede all’area circostante la chiesa, fatta di verdi prati, lunghe tavolate, un grande spiazzo circolare in cemento in cui la gente, terminate le funzioni religiose, accompagnata dal suono della fisarmonica, si concede qualche ballo sardo.
La presenza, viva e tangibile, del Santo nella storia della comunità è senza ombra di dubbio l’elemento fondante e costitutivo del forte legame di Osini e della sua gente con il Vescovo di Suelli.
Giorgio, nato a Cagliari alla fine del XI secolo, in una famiglia di servi della gleba di una nobildonna, ottenne da questa la libertà per dedicarsi alla carriera ecclesiastica. Già all’età di ventidue anni divenne vescovo di Suelli. Nel territorio della diocesi ricadeva anche la comunità di Osini e il resto dell’Ogliastra. Durante una visita pastorale, il Santo lasciò tanti e tali segni in tutto il territorio che nemmeno il trascorrere del tempo è riuscito a offuscarne il ricordo.
Sono ricordati i miracoli a lui attribuiti a Lotzorai, dove resuscitò un ragazzo, e a Urzulei, dove restituì la vista a un cieco.
Per quanto riguarda Osini, la narrazione di come – sensibile alle difficoltà a cui i viaggiatori andavano incontro nel viaggio tra l’Ogliastra e la sede diocesana, a causa della presenza delle imponenti montagne che complicavano il percorso – con le sue preghiere abbia ottenuto la miracolosa apertura di un passaggio tra le ripide pareti di Taccu, è vivida nella tradizione della comunità.
Tra l’altro, il fatto che questo passaggio, il cosiddetto Passo (o scala) di San Giorgio, sia anche uno degli elementi di risalto nel ricco quadro di bellezze naturali e paesaggistiche del paese, punto di partenza per chi poi voglia visitare la montagna che da lì si espande, ha senza dubbio contribuito a rafforzare la sua importanza per gli osinesi.
Come questa strada, che il Santo ha voluto lasciare in dono al popolo ogliastrino al fine di poterne alleggerirne il faticoso cammino, ancora oggi è chiaro segno della sua carità, così la sua figura rimane un punto di riferimento e di conforto per tutta la comunità di Osini. È tale anche per quegli osinesi che, allontanati dalle necessità del lavoro, ricordano con un affetto raro il loro paese d’origine, e ogni anno, in aprile, dentro di loro riservano un affettuoso e nostalgico pensiero per la festa di San Giorgio.
Auguri, Mons. Piseddu!
di Pietro Sabatini.
In occasione dei 40 anni di ministero episcopale, il clero ogliastrino insieme al vescovo Antonello si è recato in vista ad Antioco Piseddu, vescovo emerito della Diocesi di Lanusei.
L’8 novembre 1981, nella chiesa di Sant’Anna, a Cagliari, il cardinale Sebastiano Baggio ordinava vescovo il sacerdote del clero cagliaritano Antioco Piseddu. Di lì a breve avrebbe fatto l’ingresso nella Diocesi di Lanusei, per essere il suo pastore e la sua guida durante 33 anni di intenso ministero episcopale. Da quel giorno sono passati 40 anni, che per un vescovo sono un traguardo abbastanza raro, un lungo tempo di fatica e di lavoro, portando sulle spalle la responsabilità di guidare una presbiterio e un comunità cristiana.
Il 1 dicembre scorso, nel Seminario regionale sardo, una trentina di sacerdoti e diaconi dell’Ogliastra, insieme con il vescovo Antonello, hanno voluto trascorrere una mattinata insieme al vescovo emerito, ormai ottantacinquenne, per esprimergli la gioia e le congratulazioni di tutta l’Ogliastra e, ancora una volta, il ringraziamento del lavoro svolto per il bene di questa terra e di tutti i suoi abitanti.
Il passare degli anni ha sicuramente segnato il fisico di mons. Piseddu, ma non ha alterato la sua intelligenza e la sua capacità di pensiero. Durante la Messa – concelebrata con il vescovo Antonello, l’arcivescovo di Cagliari, mons. Giuseppe Baturi, i sacerdoti e i diaconi – è parso visibilmente commosso e stupito dal bellissimo momento. In quella cappella da lui pensata e realizzata, mentre era segretario della Conferenza Episcopale Sarda, il suo volto e le sue parole esprimevano una forte emozione e un profondo senso di gratitudine a Dio.
Durante l’omelia ha ribadito la grande gioia dello stare insieme, in nome di Dio e la bellezza di servire il Signore nella Chiesa. Il ricordo vivo della sua ordinazione episcopale, che ha segnato la sua vita e quella di tutti gli ogliastrini, è diventata l’occasione per una intensa riflessione sul valore della Chiesa e del lavoro apostolico, per la diffondere il Vangelo di Gesù nel mondo. Il suo ricordo dei 33 anni di permanenza in Ogliastra è diventato preghiera, per sentirsi ancora unito a tutti gli uomini e le donne delle nostre parrocchie che lui ha conosciuto e amato.
Al termine della Messa, il vescovo Antonello, a nome di tutto il presbiterio e di tutta la Chiesa ogliastrina, ha donato al festeggiato una processione dipinta da Antonio Corriga, che mons. Piseddu ha molto gradito. Conosciamo infatti la sua passione per l’arte, che racconta il Dio della bellezza, secondo il titolo della sua nota pastorale sul patrimonio artistico culturale della Chiesa. Dopo la messa ha donato a tutti i sacerdoti intervenuti, un suo volume, che racconta, con competenza, l’architettura e l’arte delle chiese di Cagliari.
Il clima di gioia e fraternità è proseguito con un momento conviviale, nell’Aula Magna del seminario. Il buffet è stato servito dai volontari dell’Unitalsi, con cui monsignor Piseddu ha sempre collaborato partecipando a tantissimi pellegrinaggi a Lourdes.
Tornando alle proprie parrocchie, nel cuore di tutti i sacerdoti è rimasta la gioia di quell’incontro con il loro anziano vescovo, che per tantissimi è stato lo strumento di Dio nella loro ordinazione diaconale e presbiterale. Ma anche mons. Piseddu è tornato a casa soddisfatto, perché la sua Chiesa non l’ha dimenticato, perché il suo faticoso lavoro non è stato speso invano, ma ha prodotto frutti di grazia e santità.
Le parole di Mons. Piseddu
«La vostra presenza, carissimi sacerdoti della diocesi di Lanusei, la tua, Ecc.za carissima mons. Mura, che hai voluto e organizzato questo incontro, e ogni vostro volto porta con sé ricordi e suggestioni profonde. Continuiamo ad affidarci a Maria, la nostra cara Madonna d’Ogliastra, chiedendo la sua intercessione insieme a quella di San Giorgio Vescovo».
A Bari Sardo è di casa l’accoglienza
di Gian Luisa Carracoi.
Fatiha e Hassan sono una coppia che arriva a Bari Sardo alla fine dagli anni Ottanta. È qui che hanno deciso di costruire la loro casa e stabilire la loro residenza. Oggi, insieme alle tre figlie, si sentono a tutti gli effetti cittadini bariesi e il centro ogliastrino li ha accolti con gioia.
Bari Sardo, località dalle mille potenzialità a livello ambientale e culturale, si è conquistato un ruolo di primo piano come meta turistica d’eccellenza conosciuta nel mondo.
Migliaia di villeggianti, nel corso degli anni, hanno deciso di prendere casa qui, ma non sono i soli. Ad assaporare la fraternità e l’accoglienza dei suoi abitanti sono anche i tanti immigrati che hanno deciso di stabilirsi e di creare famiglia in un paese che sa offrire il meglio di sé quando è si tratta di tendere la mano verso l’ospite. Oggi, gli immigrati residenti nella località marina sono circa 130, in buona parte provenienti dal Marocco.
L’identità a livello comunitario si rinnova nell’incontro, nel confronto, nella relazione con gli altri. L’identità è vissuta come un drappo in continua evoluzione, in cui i fili culturali dalle più svariate provenienze vengono tessute nel telaio della storia quotidiana. Qui, l’accoglienza non è apparenza o filosofia teoretica, ma pratica attiva.
Lo stesso Istituto Comprensivo Emilia Pischedda accoglie ogni anno allievi nati all’estero o in Italia da genitori stranieri. Al fine di fornire uno strumento di orientamento pedagogico per favorire l’inserimento degli alunni nel contesto scolastico è stato predisposto un Protocollo di accoglienza che riesce a creare le condizioni ottimali per la serena e piena integrazione degli alunni. Esso si pone l’obiettivo di costruire un contesto favorevole all’incontro con le varie culture, viste quale fonte di arricchimento; di promuovere la collaborazione tra scuola, famiglia e territorio sui temi dell’educazione interculturale, nell’ottica di un sistema formativo integrato.
Così come la scuola è luogo di incontro positivo e creativo di valori di amicizia e rispetto reciproco, a funzionare egregiamente, grazie alla bontà di cuore di tante persone, è anche il servizio Caritas parrocchiale per i più bisognosi.
È in questo contesto di serenità che ha scelto di vivere la famiglia Boutifi.
Fatiha e Hassan sono originari di Casablanca, metropoli del Marocco affacciata sull’Oceano Atlantico. Sul finire degli anni ’80, il primo a conoscere Bari Sardo è stato il capofamiglia che trovò casa insieme ad alcuni suoi conterranei. Racconta che, al loro arrivo, le signore anziane li hanno accolti con gentilezza e affetto e li hanno rispettati quasi come dei figli, sempre pronte a dare una mano nei momenti di difficoltà e a condividere con loro il pranzo o la cena. Dopo il matrimonio con Fatiha, ha dovuto cercare una nuova abitazione per iniziare a creare un ambiente adatto a una famiglia, ma trovare casa non è stato difficile perché ha ricevuto l’aiuto di tante persone amorevoli. Dal loro matrimonio sono nate Ilhame, Farida e Meryem, tre ragazze dal cuore d’oro.
Quando nel 2015 Ilhame ha compiuto 18 anni, è diventata ufficialmente cittadina italiana. In paese tutti vogliono loro bene e sono apprezzati per gentilezza e semplicità che traspaiono dai loro occhi e sorrisi. «Anche il semplice saluto delle persone che chiedono: “Come va? Come stanno i tuoi genitori?”, quando non li incontrano da un po’ –, dice Ilhame –ti fa sentire a casa. Ecco perché a Bari Sardo ci sentiamo davvero come in una grande famiglia».
Gairo, due feste in una
di Antonio Murino e Rosetta Demurtas.
Lo Spirito Santo e la Madonna del Buoncammino. Due celebrazioni in una, che non possono essere vissute separatamente. Festa più amata della comunità di Gairo, è vissuta in due momenti che in qualche modo si incontrano tra di loro, quella che nella Chiesa universale chiamiamo solennemente Pentecoste o festa dello Spirito Santo e poi quella della Madonna del Buoncammino, il cui titolo rimanda alla figura di Maria protettrice dell’umanità, nell’iconografia riconoscibile dalla presenza della barca con un uomo, identità d’ogni uomo, che Ella protegge dalla tempesta.
A oggi, nel calendario liturgico, il giorno dopo Pentecoste celebriamo come memoria obbligatoria Maria Madre della Chiesa, come espressione della presenza di Maria il giorno della discesa dello Spirito Santo sugli apostoli e su tutta la Chiesa.
La festa dello Spirito Santo, pur non essendo patrono, è molto sentita non solo dalla comunità gairese ma in tutta l’Ogliastra, ed era conosciuta con il nome Su Spiridu Santu de Gairu.
Il simulacro ligneo, in estofado de oro datato al tardo ‘600, rappresenta Dio Padre che regge nella sue mani il Figlio crocifisso consegnandolo all’umanità, mentre nel simbolo della colomba è raffigurato lo Spirito: una statua unica nel suo splendore che veneriamo ogni anno nella solennità di Pentecoste.
A tale celebrazione ci si preparava con una novena, a partire dal giovedì dell’ottava di Pasqua e ogni giovedì dopo la Santa Messa si proseguiva con la novena, nel canto del Veni Creator. Ancora oggi viene vissuta con profonda devozione e partecipazione.
Il sabato, alla vigilia della festa, cominciando all’imbrunire si dava luogo a Su igiriu; le donne che avevano qualche pena particolare propria o di qualche familiare, giravano in ginocchio attorno alla statua, e poi intorno alla chiesa, sempre in ginocchio, pregando con grande devozione, e si attribuiva a questa pratica penitenziale un’efficacia particolare.
La sua chiesa originariamente sorgeva nel vecchio abitato di Gairo, dove ancora se ne possono vedere i ruderi: chiamata dai gairesi cresiedda (“chiesetta”), era incorniciata dalle abitazioni e arricchita da un ampio piazzale dove si svolgevano i festeggiamenti e dove venivano accolti i pellegrini che venivano dai paesi vicini e non solo. Si giungeva qui, infatti, da Osini, Ulassai, Jerzu, Tertenia, Perdasdefogu, Barbagia di Seulo, Lanusei Arzana, Urzulei e altri… I più lontani cercavano ospitalità nelle famiglie dove ancora il parentato era molto importante, come anche le amicizie che si portavano avanti negli anni.
La festa era, insomma, occasione d’incontro e nuove conoscenze. Era consuetudine offrire ai pellegrini un pezzo di carne arrostita (su carramponi) al momento del pranzo, come segno di accoglienza. I festeggiamenti iniziavano la domenica con la processione accompagnata dalla confraternita della Beata Vergine del Rosario, con indosso l’abito lungo che riprendeva nella parte superiore la camicia del costume gairese, segno d’appartenenza. Processione che si limitava al perimetro della chiesa, precedendo la celebrazione della Santa Messa. È in questo giorno che arrivavano i pellegrini da Osini, Ulassai, e Jerzu; il lunedì era la volta di quelli di Lanusei e Ilbono, mentre il martedì era la festa solo dei Gairesi, detta anche sa festa de is bagadius.
I pellegrini erano soliti offrire degli oggetti in cera che raffiguravano una parte del corpo, quali ex voto in ringraziamento per la grazia ricevuta, deponendoli ai piedi del simulacro. Dopo l’alluvione del 1951, la chiesa parrocchiale costruita nel nuovo abitato fu dedicata allo Spirito Santo e qui è stata collocata la statua, protetta all’interno di una teca.
A partire dagli anni ’80, la festa ha subito delle modifiche per andare incontro a chi, per ragioni lavorative, era impossibilitato a seguire la tradizione. Da allora, infatti, la festa si celebra nei giorni di sabato, domenica e lunedì, mantenendo il lunedì la venerazione congiunta dello Spirito Santo e della Madonna del Buoncammino.
Mentre prima veniva portato in spalla, oggi il simulacro viene portato sul carro a buoi, accompagnato dal canto del Rosario, rigorosamente in lingua sarda. Nel passato era consuetudine che, durante la festa, alcuni giovani del paese ricevessero il sacramento della Cresima, e a questi si univano anche adulti provenienti da altri paesi. Nella processione del lunedì, in chiusura dei festeggiamenti, vengono portati in spalla sia il simulacro dello Spirito Santo che quello della Madonna del Buoncammino, a suggellare la devozione verso entrambi. A memoria d’uomo non si rinviene una ragione particolare che abbia originato tale tradizione, ma nell’immaginario gairese una festa non può celebrarsi senza tener conto dell’altra, appuntamenti inseparabili e identitari del vissuto di fede della comunità di Gairo.
Disparità di genere: servono educazione e condivisione
Per celebrare il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile sulle donne, l’associazione lanuseina Voltalacarta ha organizzato un importante convegno dal titolo “Insieme si fa la differenza. Farsi comunità contro le discriminazioni di genere”, che si è tenuto nell’aula consiliare del Comune di Lanusei, gremita da un folto e attento pubblico.
L’associazione, presieduta da Loredana Rosa, si occupa da anni di questo tema con interventi nelle scuole e con cittadini e cittadine di ogni età.
Comunità e educazione sono state le parole chiave del convegno. Comunità come unione delle diverse componenti della società nella lotta contro le disparità di genere; educazione come unico mezzo contro il patriarcato.
All’incontro erano presenti Lorena Paola Urrai, Consigliera di parità della Provincia di Nuoro (una figura che mancava da dieci anni); Gemma Demuro, avvocata del Centro Antiviolenza dell’Unione dei Comuni d’Ogliastra; Anna Assunta Chironi, sindaca di Triei, insieme alla vice Tiziana Murru; Veronica Comida, rappresentante delle Bruxas Ogliastrinas, movimento nato a maggio scorso dopo l’omicidio di Mirko Farci, il ragazzo di Tortolì ucciso per difendere sua madre Paola Piras dalla furia femminicida del suo ex compagno.
Ad aprire e chiudere la serata, le letture di brani di Alda Merini, Eve Ensler e Robin Morgan da parte di studenti e studentesse dell’istituto Da Vinci di Lanusei, accompagnati dalla docente Michela Medda.
Proprio sulla scuola e sull’importanza dell’educazione ha posto il focus Loredana Rosa che ha coordinato il convegno: «Con Voltalacarta abbiamo rivolto la nostra attenzione alla scuola perché soltanto attraverso un capillare e paziente lavoro di formazione e informazione si può far crescere la consapevolezza verso i problemi di genere». Rosa ha sottolineato, inoltre, due termini nel titolo della Giornata: “eliminazione” e “maschile”. «Occorre sradicare la cultura patriarcale – ha spiegato – se si vuole eliminare la violenza e avere coscienza che questa riguarda gli uomini: sono loro a doversi far carico della soluzione, visto che sono il problema».
Urrai, al suo primo intervento pubblico dopo la nomina a Consigliera di parità, ha illustrato i compiti ricoperti dal suo ruolo sottolineandone quello di raccordo tra le istituzioni, e ha fornito alcuni dati sulle denunce di violenza negli ultimi anni: «A maggio 2020 si è registrato un incremento del 182 per cento rispetto al 2019 e la media annuale ha registrato un numero più che doppio di chiamate».
Un dato positivo, secondo Demuro: «Se le denunce aumentano è perché le vittime trovano il coraggio di ribellarsi; nei primi mesi del lockdown, invece, il nostro telefono era muto, segno che le donne costrette in casa non sapevano come contattarci».
Farsi comunità significa anche entrare in contatto diretto con la gente. «Vogliamo promuovere una serie di incontri in tutti i paesi ogliastrini – ha sottolineato Veronica Comida – perché il lavoro deve essere capillare e toccare anche i centri più piccoli».
Uno di questi, Triei, ha l’unica sindaca in Ogliastra: «La strada è ancora lunga – secondo Anna Assunta Chironi – e ciò dipende da una mentalità che vede le donne in politica ancora un’eccezione». Un concetto ribadito dalla sua vice Tiziana Murru che ha sottolineato come se ne trovino invece tante nel volontariato.
Il giornalista Giacomo Mameli, presente in video, ha evidenziato come sia più che mai necessario un impegno da parte degli uomini e una trasformazione del linguaggio in senso non sessista. Un tema ripreso dal sindaco di Lanusei, Davide Burchi.
L’impegno maschile contro la violenza è oggi al centro del dibattito. Un impegno che deve essere condiviso, perché solo insieme si può davvero fare la differenza. Come Voltalacarta non si stanca di ripetere.