In breve:

Fatti

Chiesa

Chiesa universale, Corpo mistico

di Augusta Cabras.

Anche la nostra Chiesa diocesana respira il soffio dello Spirito Santo e grazie a sette sacerdoti (e a numerose religiose) provenienti da diverse parti del mondo, contribuisce a diffondere la Notizia Bella del Vangelo. Una ricchezza inestimabile

«Segno evidente della cattolicità della Chiesa – dice Papa Francesco – è che essa parla tutte le lingue. E questo non è altro che l’effetto della Pentecoste: è lo Spirito Santo, infatti, che ha messo in grado gli Apostoli e la Chiesa intera di far risuonare a tutti, fino ai confini della terra, la Bella Notizia della salvezza e dell’amore di Dio. La Chiesa così è nata cattolica, cioè “sinfonica” fin dalle origini, e non può che essere cattolica, proiettata all’evangelizzazione e all’incontro con tutti».

Anche la nostra Chiesa diocesana parla tante lingue del mondo, riflesso di questa universalità, grazie alla presenza di sacerdoti e suore provenienti da diversi continenti: Africa, America, Asia.

Una ricchezza di storie, sguardi, anime giunte fino a qui per evangelizzare, per portare l’abbraccio cattolico di una Chiesa che come ama dire il papa è in uscita.

In uscita da territori e terreni conosciuti, battuti e noti per andare verso zone nuove, nella prospettiva dell’incontro, dell’accoglienza reciproca, dello scambio compassionevole.

Oggi in Italia i sacerdoti diocesani provenienti da altre nazioni sono 1476: sono 790 quelli in servizio pastorale, 686 sono studenti. A questi si aggiungono 1336 religiosi che lavorano in impegni diocesani, per un totale di 2812. Per ogni prete diocesano italiano che va in missione all’estero, (fidei donum), ce ne sono cinque che arrivano in Italia, dove coloro che accolgono la vocazione al sacerdozio sono sempre meno. L’Italia è ora terra da evangelizzare.

Nella nostra diocesi i sacerdoti sono 7, Padre Joe Eassy Matamal proveniente dall’Asia (India), religioso, non ancora incardinato;dall’Africa arrivano don Claudio Auge’, don Damiano Celeste Randrianandrianina e don Ernest Giustino Beroby, tutti e tre del Madagascar e don EgidioBula Milung del Congo. Don Joilson Macedo Oliveira arriva dal Brasile e don Alfredo Diaz dal Venezuela.

Non possiamo considerare la presenza dei sacerdoti che arrivano da altri Paesi come un rimedio alla mancanza di sacerdoti locali, ma possiamo cogliere in questa novità – per l’Italia e la Sardegna ma non per la Chiesa – il soffio dello Spirito che ci invita ad aprire il cuore, la mente, a conoscere e a sentire la vicinanza fraterna con tutte le persone della terra e a essere grati per l’apporto spirituale e di conoscenze (teologiche e non solo).

In questo modo le distanze, le diffidenze, i pregiudizi, il rischio di sentirsi in una posizione di superiorità, sono ricapitolate nel messaggio di Cristo. Come dice San Paolo: «Non c’è Giudeo né Greco, non c’è schiavo né libero, non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù». Chiesa, Corpo mistico. Da avere le vertigini.

Eppure spesso questa grandezza che commuove, si perde tra le miserie della nostra umanità, si sporca, a volte, nei pensieri e nelle parole che esprimono superiorità e peggio ancora disprezzo, verso chi arriva da terre lontane e porta una cultura diversa.

«Sono arrivato nella Diocesi di Lanusei in punta di piedi con il desiderio di incontrare i miei fratelli e le mie sorelle, di conoscere una nuova cultura e di portare il Vangelo tra la gente – racconta un sacerdote –. Qui imparo anche le tante espressioni della spiritualità popolare, così diverse dalle nostre, e le guardo con profondo rispetto. Ho conosciuto tantissime persone accoglienti e gentili, altre con un atteggiamento diffidente e razzista, ma nonostante le difficoltà, evangelizzare rimane la missione principale del sacerdote». In ogni angolo della terra e in qualunque lingua.

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Chef per sette giorni al Quirinale

di Fabrizio Murru.

Dieci studenti delle classi IV e V dell’Istituto Ianas di Tortolì hanno trascorso una settimana a Roma, partecipando a un’esperienza formativa presso il Palazzo del Quirinale

Il merito premia sempre. E sempre nel modo più avvincente. È capitato così per alcuni studenti meritevoli delle classi IV, V Cucina e V Accoglienza dello Ianas di Tortolì che dall’11 al 18 novembre scorso hanno vissuto il loro momento formativo presso il Palazzo che ospita il Presidente della Repubblica, accompagnati da Fabrizio Murru, docente responsabile del progetto.

Un evento unico dall’alto profilo formativo che ha positivamente coinvolto tutti i ragazzi: «In questa settimana ho avuto la possibilità di fare un’esperienza unica – ha commentato Samuele Mura – che mi ha formato dal punto di vista professionale, ma anche etico e personale. In questi giorni ho imparato molte cose, ma soprattutto ho capito che in ambito lavorativo i requisiti principali sono il rispetto reciproco e la costante voglia di imparare. Mi son sentito accolto fin da subito, come se una grande famiglia mi stesse ospitando a casa sua. Per questo ringrazio di cuore tutto il team e spero di poterli rincontrare in un prossimo futuro».

«È stata un’esperienza positiva e istruttiva, anche se breve – ha ribadito Francesco Piredda –. Mi ha aiutato a perfezionare e rivedere molti aspetti del mio lavoro. La rifarei sicuramente senza pensarci».

All’interno del Quirinale i ragazzi hanno trovato un ambiente favorevole all’apprendimento, caratterizzato da grande gentilezza e spiccata disponibilità. La delegazione dello Ianas è stata accolta da subito con calore, aspetto non scontato che ha favorito l’integrazione, l’inserimento e la partecipazione attiva degli studenti. «Sono rimasto particolarmente colpito da questa esperienza lavorativa – commenta Alessandro Cogodda –: è incredibile il lavoro che c’è dietro la realizzazione di un piatto! Ho conosciuto chef eccezionali e sono rimasto davvero sorpreso dall’organizzazione e dalla collaborazione che c’è tra di loro».

Esperienza estremamente arricchente anche per Chiara Scirli che spiega: «Mi ha permesso di acquisire competenze pratiche e approfondire la mia conoscenza circa il funzionamento di una delle Istituzioni più prestigiose del nostro Paese. Durante il mio percorso ho avuto la possibilità di osservare e partecipare concretamente alle attività quotidiane dell’Economato. L’ambiente di lavoro si è rivelato estremamente accogliente, stimolante e collaborativo. Ho avuto l’opportunità di lavorare al fianco di giovani professionisti altamente qualificati, con dei valori umani ben radicati come il rispetto, l’entusiasmo, la gentilezza e la condivisione. Sono molto grata per aver avuto l’opportunità di vivere questa esperienza e confido che le competenze acquisite saranno fondamentali per il mio percorso di studi e per la mia crescita professionale».

Quella dell’atmosfera collaborativa si è rivelata da subito un elemento favorevole, percepita fin dal primo approccio all’arrivo degli studenti. Sempre nel massimo rispetto dei ruoli, c’è stata una forte sinergia tra le varie componenti operative. Un esempio positivo lo ha fornito il reparto che opera in cucina dove l’executive chef e gli uomini del suo team hanno lavorato fianco a fianco con i ragazzi.

Soddisfazione ed entusiasmo si colgono anche nelle parole di Ilaria Mulas: «Partecipare a questo percorso è stata, a parer mio, un’esperienza straordinaria che ci ha formato in ambito professionale, ma anche personale. Ho avuto modo di confrontarmi con un ambiente totalmente nuovo. Lavorare con gli chef è stata una fortuna. Si sono comportati benissimo e, nonostante il grande lavoro da svolgere, ci seguivano come se fossimo la loro priorità».

«Ringrazio tutta la brigata – le fa eco Simone Piras –, dagli chef ai ragazzi che hanno fatto della loro passione un lavoro. Mi auguro che ognuno di noi riesca un domani a farcela come hanno fatto loro. Grazie per questa bellissima esperienza che ci avete fatto vivere».

Giorni intensi, insomma, per gli studenti ogliastrini, non solo per le attività da svolgere, ma anche per la mole di emozioni da gestire. Da un punto di vista professionale e personale, l’esperienza ha certamente permesso ai giovanissimi non solo di mettere in pratica le competenze acquisite a scuola, ma anche di arricchirsi umanamente, consolidando la consapevolezza riguardo all’importanza che le Istituzioni rivestono nel nostro paese e lo sforzo, sempre appagato, che occorre mettere in atto perché le proprie passioni diventino il lavoro dei sogni.

«È stata una esperienza molto interessante – sono le parole di Giorgia Casadio – durante la quale abbiamo imparato molto, anche se in poco tempo, e abbiamo visto cose che non ci aspettavamo. Se avessi la possibilità tornerei sicuramente e rifarei questa settimana a occhi chiusi!». E la gratitudine arriva anche per bocca di Gigliola Buttau: «Inizialmente pensavo si trattasse di un ambiente particolarmente severo e pesante, ma una volta arrivati là sono stati tutti molto disponibili e sin da subito abbiamo iniziato a comunicare in tranquillità. È stata una bellissima settimana. Ringrazio l’organizzazione scolastica per avermi dato la possibilità di partecipare, con la speranza che si possa replicare».

Roma città eterna ha incantato gli studenti anche durante i momenti di svago e di visita a luoghi spesso interdetti al pubblico come i giardini e le stanze del Quirinale, le scuderie e la caserma dei Corazzieri. Senza dimenticare l’Altare della Patria e l’area dedicata al Milite Ignoto o il Museo del Risorgimento, ancora in ristrutturazione. Una particolare emozione ha suscitato nella comitiva la visita a San Pietro: «Una bellissima esperienza durante la quale ho potuto imparare e migliorare tante tecniche – ha detto Giacomo Perna –. Anche l’aspetto culturale è stato molto bello, visitando luoghi meravigliosi di Roma. Ripeterei questa esperienza molto volentieri».

Infine Asia Casari: «Mi sono trovata molto bene, soprattutto mi hanno fatto sentire a mio agio, nonostante fossi in un luogo con una grande storia e con gente sconosciuta. A dir la verità inizialmente ero anche impaurita! Ringrazio il team per la grande disponibilità dimostrata nei nostri confronti e la scuola per l’opportunità che mi ha offerto».

Un ringraziamento particolare va al Segretario Generale della Presidenza della Repubblica che ha reso possibile questa straordinaria esperienza, dimostrando grande sensibilità e disponibilità e cogliendo pienamente il valore educativo del progetto.

L’Istituto Ianas di Tortoli ha espresso profonda gratitudine a tutto il personale del Quirinale. L’auspicio è che questa collaborazione possa proseguire anche in futuro, permettendo ad altri studenti di vivere una esperienza così significativa.

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Genere: Umano. La “Classe Rondine” di Lanusei spicca il volo

Classe Rondine IV B Scientifico

L’evento realizzato dagli studenti dello Scientifico di Lanusei e condiviso con i ragazzi delle scuole medie di Arzana e Ilbono arriva al termine del progetto vissuto alla Cittadella della Pace di Rondine, borgo medioevale a pochi chilometri di Arezzo (Evento Rondine, Oxfam e Mani Tese)

La IV B del Liceo Scientifico di Lanusei, Classe Rondine, a conclusione di un percorso che l’ha vista protagonista durante l’anno scolastico 2023-2024, ha presentato agli allievi delle scuole medie di Arzana e Ilbono, lo scorso 10 e 11 ottobre, la riflessione su uno dei temi considerati più caldi dell’Agenda 2030, l’obiettivo numero 5, Parità di genere.

L’attività arriva a conclusione di un anno intenso in cui abbiamo approfondito, alla scuola di Rondine/Cittadella della Pace – organizzazione che lavora per la riduzione dei conflitti armati nel mondo e la diffusione della propria metodologia per la trasformazione creativa del conflitto in ogni contesto –, gli aspetti soprattutto relazionali della conoscenza, alla luce del rispetto reciproco e della capacità di trasformare i conflitti e le divergenze come momenti positivi, generativi di qualcosa di buono.

Con il supporto di alcuni docenti e del Dirigente scolastico, noi ragazzi di circa 17 anni abbiamo deciso di presentare il lavoro a ragazzi più piccoli, ma comunque nostri pari, spesso confusi sul proprio stare nel mondo, ma anche molto sensibili a tematiche che li aiutino a vivere insieme tra coetanei, nella scuola e in famiglia.

Ognuno ha curato l’aspetto del problema che lo ha maggiormente colpito, proponendo i suoi pensieri o raccontando storie lette o sentite. Francesca, Simone, Melissa, Lisa, Matteo, Marta, Sofia, Aurora, Gabriella, Mirko, Alessandro, Lorenzo, Iris, Nicola, Antonio, Gabriele, Fabiana e Giorgia, attraverso un filo conduttore condiviso prima insieme, hanno espresso le loro considerazioni sull’argomento iniziando con il presentare l’innovazione didattica legata alla partecipazione al Progetto Rondine che, durante lo scorso anno scolastico, ha permesso loro di cambiare il modo di vivere la scuola e il rapporto con i compagni; una scuola innovativa, non solo concentrata sullo studio delle materie, ma finalizzata alla crescita personale attraverso un metodo basato su valori come la conoscenza di se stessi, il rispetto, la fiducia e, in particolare, la capacità di trasformare il conflitto in qualcosa di generativo e positivo.

Le riflessioni si sono concentrate su alcuni aspetti molto dibattuti in merito al problema della parità di genere: dal catcalling – le cosiddette molestie di strada, si tratta di molestie maschili consistenti nell’espressione verbale e gestuale di apprezzamento di natura sessuale rivolto in modo esplicito, volgare e talvolta minaccioso, a una donna incontrata per strada o in un luogo pubblico –, all’educazione al rispetto della donna; dalla necessità di condividere una maggiore sensibilità nei confronti della parità di genere nelle scuole alla difficoltà di denunciare la violenza di genere, non solo per le ragazze, ma anche per i ragazzi; dalle discriminazioni salariali alla disparità di trattamento nel mondo del lavoro; dalla violenza domestica subita senza reazioni ad alcuni esempi virtuosi in cui le donne hanno avuto il coraggio di farsi aiutare in situazioni di profondo disagio, soprattutto in ambito familiare, dove ci si dovrebbe sentire più protette; dalla disparità di trattamento per i ragazzi e le ragazze nel mondo dello sport ad alcuni esempi di uguaglianza di genere negli sport elettronici; ancora, dalla sessualizzazione del corpo femminile soprattutto nel mondo dello spettacolo al problema dell’educazione nel rapporto tra madri e figli, con un’attenzione particolare alla considerazione che la violenza espressa soprattutto dagli uomini è spesso in qualche modo “giustificata” da un rapporto un po’ distorto delle mamme con i propri figli maschi.

Sono state poi suggerite alcune letture di storie esemplari di ragazze coraggiose che sono riuscite a liberarsi da regimi che le segregavano a un ruolo marginale.

Pur ribadendo alcune differenze imprescindibili tra genere femminile e maschile, la conclusione si è incentrata sul tema del rispetto, inteso non solo come un comportamento, ma come un modo di essere, un’accettazione delle differenze e un ascolto delle opinioni degli altri, di cui è necessario riconoscere il valore, indipendentemente dall’età, dal genere, dalla cultura o da qualsiasi altra caratteristica.

I ragazzi della scuola media hanno espresso i loro pensieri e la loro gratitudine nei confronti dei loro compagni più grandi, nella consapevolezza che deve partire dalle nuove generazioni una nuova educazione, improntata a vero rispetto e uguaglianza attraverso le nostre azioni quotidiane. È assolutamente necessario difendere chi viene trattato ingiustamente, incoraggiare chi si sente escluso o limitato e, soprattutto, riconoscere il diritto di ogni persona a essere se stessa.

Rondine, Cittadella della Pace

Rondine nasce in un borgo medievale toscano a pochi chilometri da Arezzo, in Italia: qui si strutturano i principali progetti di Rondine per l’educazione e la formazione. Un luogo di rigenerazione dell’uomo, perché diventi leader di se stesso e della propria comunità nella ricerca del bene comune. Il progetto che dà origine e ispirazione a Rondine è lo Studentato Internazionale-World House, che accoglie giovani provenienti da Paesi teatro di conflitti armati o post-conflitti e li aiuta a scoprire una persona nel proprio nemico, attraverso il lavoro difficile e sorprendente della convivenza quotidiana. Obiettivo dell’organizzazione è contribuire alla costruzione di un pianeta privo di scontri armati, in cui ogni persona abbia gli strumenti per gestire creativamente i conflitti, in modo positivo.

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La crisi del cristianesimo: fine o nuovo inizio?

Alla Facoltà Teologica della Sardegna l’inaugurazione dell’Anno Accademico con la prolusione del professor Luca Diotallevi

In un’aula magna piena di persone e di autorità come raramente è accaduto di vedere, lunedì 14 ottobre 2024 si è tenuta l’inaugurazione del nuovo Anno Accademico 2024-2025 della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna e degli Istituti Superiori di Scienze Religiose di Cagliari e di Sassari/Tempio Ampurias Euromediterraneo a essa collegati.

Dopo la Concelebrazione Eucaristica, che è stata presieduta nella chiesa Cristo Re, a Cagliari, da S.E. Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari, con i Vescovi della Sardegna, c’è stata la consueta cerimonia in Facoltà con il resoconto della vita accademica dell’anno passato esposto dal Preside della Facoltà, don Mario Farci e, successivamente, con la prolusione che quest’anno è stata tenuta da Luca Diotallevi, docente ordinario di Sociologia all’Università degli Studi Roma Tre, sul tema: “Fine del cristianesimo, religione degli italiani”.

Nel suo intervento, Diotallevi ha sottolineato come l’epoca che stiamo vivendo sia contrassegnata da una forte crisi del cristianesimo e dei valori cristiani, ma non per questo si tratta di una crisi unica o definitiva. Al contrario, è una crisi che porta in sé una possibilità di cambiamento e di rigenerazione del cristianesimo stesso.

«Come ci hanno insegnato i padri del Concilio Vaticano II – ha detto Diotallevi – nel tempo della crisi c’è anche il tempo opportuno (kairòs) della fede e della Chiesa stessa. Infatti – ha continuato – se è vero, come insegna il Vaticano II, che la coscienza può volgersi al bene solo nella libertà, questo presente è un tempo che ci condanna tutti a essere, anche di fatto, un po’ più liberi. Siamo tutti forzati a decidere. È il caso di liberarsi dalla sciocca presunzione di pensare che viviamo una crisi unica».

In realtà, secondo Diotallevi, occorre anzitutto chiedersi: «Che cos’è che sta finendo?». La risposta che lui propone è la seguente: «Finisce l’equazione tra cristianesimo e religione, la riduzione del cristianesimo a “solo-religione”. Finisce l’epoca della religione di forma confessionale, architrave (anche nella forma estrema della laicità) delle State societies, delle società in forma di Stato».

E si domanda: «Non è forse questa una buona notizia per chi non abbia smarrito anche solo qualche elementare nozione del magistero sociale della Chiesa, e più ancora del Vangelo in generale? Un aspetto della Grazia del momento, della Grazia che rifulge tra una crisi e una tentazione, è quella di poter vedere ora molto più chiaramente che il cattolicesimo non è “solo-religione”, ma “anche-religione” […] Se restiamo fedeli alla luce di questo momento, noi, avvinti dal Vangelo, non potremo che essere un po’ più poveri e molto più liberi. Lo stesso – ha concluso Diotallevi – potrebbe essere detto altrettanto bene con le parole del profeta Osea: “Dissodate un campo nuovo, perché è tempo di cercare il Signore” (10, 12)».

In precedenza, nell’omelia tenuta nel corso della concelebrazione eucaristica, Mons. Giuseppe Baturi ha toccato il tema, attuale e drammatico, della pace, come questione che interroga i cristiani nel presente ma anche nel territorio dove essi stessi abitano, nella considerazione che solo Cristo può dare l’unica e vera pace.

Nel corso della cerimonia diverse personalità hanno dato un breve saluto, dal rettore dell’Università di Cagliari, Francesco Mola, al sindaco di Cagliari, Massimo Zedda. Il preside della Facoltà Teologica, don Mario Farci, ha ricordato il numero di iscritti totali tra Facoltà e Istituti collegati, le numerose attività di insegnamento, studio, ricerca e le pubblicazioni prodotte dai docenti della Facoltà nell’ultimo anno su svariati temi che vanno dalla teologia alla storia, all’economia (tema portante di tutti i convegni tenuti nel 2023-2024) e che hanno visto la Facoltà attiva su vari fronti e in dialogo con diverse istituzioni.

Il nuovo Anno Accademico si apre con un programma di attività, tra conferenze, seminari e convegni, ancora più ricco di quello dell’anno precedente e già disponibile in tutti i suoi appuntamenti da ottobre a maggio sul sito: www.pfts.it.

Il video integrale dell’inaugurazione e quello dell’omelia dell’arcivescovo di Cagliari sono visibili in streaming sul canale YouTube della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna.

Manifesto

La Chiesa in Sardegna indica la strada su lavoro, comunità, ambiente e cultura

Il 23 novembre, a Cagliari, nell’Aula magna del Seminario Vescovile, la prima Conferenza Regionale di Pastorale Sociale e del Lavoro

«La Chiesa è al fianco dell’uomo, alla sua vita, nel mondo del lavoro, nelle comunità che si spopolano, nella natura e nella costruzione di una sua identità culturale. Al centro c’è il messaggio di speranza di Cristo risorto che è la stella polare, il riferimento per la nostra vita, in questo contesto così difficile di crisi di partecipazione, di crisi della democrazia, per non parlare della crisi della pace».

Così Mons. Baturi, Delegato della Conferenza Episcopale Sarda per i Problemi Sociali e del Lavoro e Segretario della CEI, nel presentare la prima Conferenza regionale di Pastorale Sociale e del Lavoro che si svolgerà a Cagliari, il prossimo 23 novembre nell’Aula Magna del Seminario Vescovile con inizio alle ore 9,30.

«Questo vuole essere l’inizio di un processo in cui si approfondiscono i temi che la Pastorale Sociale e del Lavoro propone alle comunità nelle Diocesi della Sardegna», sottolinea l’Arcivescovo che conclude: «L’Eucarestia trova il suo compimento nella dimensione sociale, nell’incontro con l’uomo. Questo rappresenta un momento della Chiesa in uscita che ci chiede di essere Papa Francesco».

Programma dei lavori particolarmente ricco e innovativo: «Abbiamo voluto proporre un ribaltamento della prospettiva da cui analizzare le problematiche su cui ci confronteremo nella Chiesa e con le Istituzioni», ha sottolineato Gilberto Marras, Direttore dell’Ufficio Regionale di Pastorale Sociale e del Lavoro. «Prima ascolteremo cosa ci indicano i giovani sul senso del lavoro, sulla comunità che non vuole morire, sull’ambiente e la cultura come risorse fondamentali per uno sviluppo integrale dell’uomo. Poi ci sarà la relazione del nostro Arcivescovo che coglierà le riflessioni dei giovani e traccerà la strada. Quindi la parola passerà ai vertici delle Istituzioni che ci onoreranno con la loro presenza e si confronteranno con noi: Alessandra Todde, Presidente dalla Regione Autonoma della Sardegna e Daniela Falconi, Presidente dell’ANCI Sardegna, che rappresenta tutti i comuni dell’Isola. Infine, nel corso dei laboratori di fine mattinata, grazie all’intervento di tutti i partecipanti, saranno definiti i contenuti che saranno approfonditi nei prossimi mesi nelle Equipe diocesane di Pastorale Sociale e del Lavoro e che si faranno testimonianza forte della Chiesa nelle comunità».

Volontari

La grande squadra dei volontari Caritas

di Angelo Conciatori e Patrizia Mulas.

Il Convegno Ecclesiale Diocesano, per noi volontari della mensa Caritas di Tortolì inseriti nell’organizzazione, è ormai tradizione e motivo di orgoglio. L’invito del vescovo Antonello, attraverso il nostro direttore, Cristiana Boi, riempie il cuore di profonda gratitudine per un servizio reso al Signore che passando dalla Chiesa diocesana arriva a quella universale. È proprio il Servizio, quello con la S maiuscola, che anima il nostro fare, mettendoci pienamente a disposizione dei nostri fratelli e sorelle.

Come volontari, siamo coinvolti nella preparazione di ogni singola fase della giornata: dall’accoglienza col primo caffè, alla pausa di mezza mattina, fino ad arrivare al servizio e alla distribuzione del pranzo. Uomini, donne, giovani che si mettono a disposizione per un’intera giornata perché tutti possano stare bene.

La macchina organizzativa come sempre si è messa in moto già dai giorni precedenti. Riuniti i volontari disponibili, ci si è divisi in gruppi di lavoro, ognuno con propri compiti e responsabilità. La cucina si è animata di voci e braccia femminili pronte a lavare, impastare e cucinare. Fuori nella piazza, una nutrita pattuglia di uomini si adoperava per sistemare, riordinare e allestire tavoli per circa 450 persone. Suoni, odori e colori si sono mischiati per dare vita a un luogo che ormai è diventato un punto di riferimento per tanti. La forza della nostra famiglia Caritas è proprio il lavoro di squadra ed è questo che ha dato a tutti la giusta carica per affrontare un lavoro faticoso e non semplice da gestire.

La mattinata del Convegno è iniziata molto presto. Già dalle cinque le porte della cucina si sono aperte per accogliere i più volenterosi che, indossati guanti, grembiuli e cuffie, hanno acceso fornelli, sistemato pentoloni, preparato piatti. Mentre le ore passavano, altre risorse umane continuavano ad arrivare e l’esercito dei volontari aumentava, dando corpo a una truppa numerosa e organizzata.

Tavolini allestiti all’aperto sotto il porticato, sotto i gazebo e anche in alcuni locali della struttura, hanno permesso che le persone potessero consumare il pasto caldo seduti, in compagnia di amici vecchi e nuovi. Caffè e dolci hanno chiuso il pranzo. A noi volontari, nonostante la stanchezza accumulata ma con la gioia nel cuore per la buona riuscita, il compito del riordino e della sistemazione. Gentilezza, sorrisi, disponibilità e pazienza hanno fatto sì che tutto si svolgesse in armonia, così da infondere nei partecipanti un desiderio di convivialità vera, facendoci sentire davvero un’unica famiglia.

Ci siamo chiesti quale fosse la motivazione di fondo che ha animato ciascuno di noi nell’affrontare questa grande fatica. Tutti, seppur con diverse sfumature, hanno evidenziato che è sempre l’amore per Gesù, per la Chiesa e per il prossimo il carburante che guida e orienta le azioni e che rende consapevoli di far parte di una famiglia speciale, la Caritas, che dona la gioia di sentirsi sempre accolti così come siamo, con i nostri limiti, le nostre fragilità e povertà e che aiuta a far emergere i tanti doni nascosti per poi metterli a disposizione. Rimane l’emozione di sentirci parte di un’unica Chiesa e di aver contribuito a far star bene e in amicizia tante persone.

Ringraziamo il vescovo Antonello per il coinvolgimento, il direttore Cristiana e don Mariano, nostri compagni di viaggio. Un grazie ancora alle nostre Suore Samaritane, sempre presenti e pronte a rimboccarsi le maniche e ai volontari che con abnegazione e generosità hanno svolto il servizio.

Il grazie più grande va al Signore per averci offerto questa meravigliosa opportunità.