In breve:

Editoriale

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…e sentirai la strada far battere il tuo cuore

di Claudia Carta.

Mi ritorna in testa l’incipit di un vecchio canto: «Avevo tanta voglia di viaggiare. Tu mi dicesti: “Vai!” e io partii…». Il fatto che la canzone non mi piacesse è totalmente secondario. Mi piace, invece, e mi viene naturale accostare a quei pochi versi, l’esperienza di vita che i nostri sei seminaristi stanno vivendo.

Un viaggio lo è di sicuro, la voglia di viaggiare c’è ed è stata talmente forte da aver mosso il primo passo. Ma soprattutto quel “Vai” detto da quel Tu.

Qualcuno – come Antonio Carta di Jerzu – lo avevamo incontrato nel 2016 durante il suo anno propedeutico, a mostrarci il biglietto di questo viaggio. Oggi lo ritroviamo pronto a essere ordinato diacono: «In questi otto anni di vita ecclesiale vissuti tra la fraternità della comunità seminaristica, la facoltà teologica e la molteplicità delle esperienze pastorali parrocchiali– spiega –, posso affermare di aver più volte fatto esperienza di un Dio che è Amore. Un Dio sempre pronto a tendere la mano ogni qual volta ho rischiato di precipitare nel baratro del mio egoismo e che sempre mi ha stretto, e mi stringe, in un abbraccio paterno e materno, di infinita tenerezza. Nel cammino di direzione spirituale di questi anni ho imparato che ogni giorno il rapporto col Signore cambia. A volte cresce, si intensifica. A volte diminuisce, affievolendosi. Mai resta uguale». Vocazione, dunque, assume davvero un significato pieno e dinamico: «Significa mettersi in ascolto e in dialogo, ogni giorno, col Dio di Gesù Cristo che chiama ciascuno a costruire il suo Regno, già qui e ora, nella concretezza di ogni giorno».

Questo è un viaggio che però spesso arriva dopo altri viaggi, altre esperienze, altre vite. Ingegneri, professionisti, avvocati… Si è tante persone, fino a quando il desiderio di essere se stessi in modo totalizzante diventa dirompente. È il caso di Paolo Balzano, di Lanusei, Accolito da due mesi: «Sono entrato in seminario dopo una vita di lavoro e studio, una scelta singolare – dice –. Mi rendevo conto che il Signore mi chiedeva di mettermi in cammino, di cambiare tutto, di stare di più con i fratelli. Avevo tanto, ma mi mancava la vera realizzazione. Non sapevo come fare, ero cosciente della mia vocazione presbiterale fin da quando ero ragazzo, però non avevo mai acconsentito a viverla, c’era sempre stato qualcosa che mi aveva fatto rinviare. Finché non avvenne qualcos’altro. Capii questo: non potevo fare tutto da solo! Mi affidai al mio parroco, il caro Don Minuccio, e poi al vescovo Antonello, che mi propose il seminario. Rimasi perplesso all’inizio, tuttavia mi fidai del suo consiglio, che non comprendevo appieno, e oggi penso di aver fatto bene. Ho avuto molto più di quanto potessi immaginare. Ecco, Maria meditava in silenzio i fatti di Gesù, che forse non poteva comprendere, è andata avanti amando, anche sotto la croce. Il nostro cammino, il cammino che è la vita, può essere così». E per definire questo cammino, Paolo sceglie tre parole: «Gioia, dono, perseveranza».

Anche Francesco Romano di Perdasdefogu macina chilometri di discernimento, formazione e preghiera. Ora è Lettore. Una scintilla, la sua, nata nel cuore dell’Azione Cattolica: «Stando con i bambini ho capito che il Signore mi chiamava a donarmi tutto a lui in un modo particolare. In AC ho sperimentato la gioia del dare, con il tempo ho visto quanta gioia, sempre più grande, il Signore dona a chi offre tutto sé stesso. Così ho deciso di mettermi nelle sue mani per riuscire a portare a tutti, a mia volta, quell’amore con cui mi sono sentito amato e quella gioia che aveva solo iniziato a farmi gustare». La bellezza del cammino, poi, è data anche dai compagni di strada. E Francesco lo sa bene: «Non sempre è tutto semplice – aggiunge –, ma il Signore provvede anche attraverso i compagni a ricordarci che non ci lascia soli. I compagni di seminario sono come una grande famiglia, non la si sceglie ma ti capita, ed è bello ricordarsi come tutti, sebbene diversi tra noi, siamo là a condividere un percorso perché amati e chiamati, e questo anche nel piccolo della nostra realtà aiuta a sperimentare la bellezza della Chiesa, che va oltre la propria parrocchia e la propria diocesi».

C’è, insomma, chi inizia a intravedere un traguardo – ammesso e non concesso che ci si senta arrivati – chi è a metà dell’itinerario e chi si è appena mosso dai nastri di partenza.

Ivan Loi, anche lui di Perdasdefogu, si guarda intorno, guarda i ragazzi che oggi volessero fare la sua stessa scelta. Le idee sembrano chiare su cosa dire loro: «Diventare sacerdote è una bella sfida – ammette –, potersi offrire interamente al Signore e ai fratelli, in un secolo dove regna sovrano l’egoismo e la poca volontà di farsi prossimi. Interrogarsi sulla volontà di Dio per noi, chiedersi quotidianamente: “Signore, che cosa vuoi che io sia e che cosa io faccia per Te”? Ricordarsi di essere servi, per Dio, e per gli uomini. Mi è molto cara una frase che citava il Beato Giovanni Paolo I durante un’omelia che mi accompagna tutt’ora nel cammino propedeutico: “Il Sacerdote deve esser pane, deve lasciarsi mangiare interamente dalla gente, mettersi a disposizione, farsi servo per compiere a pieno la Volontà di Dio”. Dove si serve, si regna».

E Ivan che sacerdote vorrebbe essere? «Quello che il Signore riterrà più opportuno – risponde –, chiedendogli la grazia, attraverso il mio futuro servizio sacerdotale, di poter attirare i più smarriti a Gesù, vivendo appieno ciò che predicherò, assimilando totalmente la Parola, comprendendola, vivendola e diffondendola».

Chi è abituato alla bellezza – dell’arte e della cultura – e che ha voluto attingere per la sua vita a una bellezza ancora più grande è Gian Michele Ladu di Lotzorai a cui il vescovo ha riservato un’esperienza di discernimento nella Penisola, vicino Roma: «Il contesto dei mie studi e i miei interessi legati alla storia dell’arte e ai beni artistici hanno fatto da cornice alla mia vita – racconta – anche se il Signore già dall’infanzia mi aveva messo in cuore il desiderio di intraprendere la strada per il sacerdozio. Un proposito che negli ultimi tempi non si era per niente assopito, anzi sembrava aver preso ad ardere ancora più voracemente. Sono tante le esperienze e le persone che mi hanno aiutato lungo il cammino di discernimento. Ricordo con sincera stima la figura di Mons. Mario Mereu che ha accompagnato la mia adolescenza e la mia crescita umana incoraggiandomi, sostenendomi con l’esempio e la preghiera. Lo scorso settembre – continua – ho iniziato l’anno propedeutico al seminario presso la comunità di Nuovi Orizzonti a Frosinone. Sento forte l’azione dello Spirito Santo che, grazie anche al carisma dell’associazione, mi sta facendo assaporare diverse esperienze umane e spirituali molto forti».

È giovanissimo Daniele Scattu di Lanusei, ma sa bene cosa questa scelta significhi per lui: «Trovo ancora una volta la risposta quotidiana ai tanti interrogativi che mi sono posto e il desiderio di vederli orientati verso una direzione, quella della maggiore conoscenza di Dio, secondo le mie sensibilità e il sostegno spirituale che mi accompagna. A noi seminaristi è chiesto di farci cooperatori del progetto di Dio che è la Chiesa, un nuovo strumento di creazione per cui Dio scommette su noi: è il Signore che crea e agisce». E sottolinea l’importanza della famiglia e degli amici: «La famiglia svolge un ruolo fondamentale, generando al primo desiderio di fede e continuando a incarnare quel comandamento che è il totale dono di sé agli altri. I miei amici, nella loro vicinanza, continuano ad accompagnarmi, a confrontarsi con me, anche in modo critico, a testimonianza di quanto, donando il nostro tempo agli altri, riceviamo tanto».

E il ritornello di quel vecchio canto torna ancora una volta per dire che: «…la strada è tanto lunga e tanto dura, però con te nel cuore non ho paura».

Premio San Giorgio

Premio San Giorgio: i vincitori e il ricordo di Paolo Pillonca

di Anna Maria Piga.
Si è conclusa con successo, lo scorso 22 novembre nell’aula magna del seminario vescovile, la XXIX edizione del “Premio Letterario San Giorgio Vescovo”, organizzato dalla Diocesi di Lanusei tramite l’Associazione Culturale sarda Ogliastra

La buona musica eseguita dalla giovanissima pianista Gaia Piras della Scuola civica di musica ha dato avvio a una serata di grande intensità e spessore culturale.
Il ricordo di Paolo Pillonca, più volte giurato del Premio, ha preceduto la lettura degli esiti del concorso. Alla presenza dei familiari – Maria Grazia, Pier Sandro e Tonio – Giacomo Mameli e il vescovo Antonello Mura ne hanno delineato le non comuni qualità di docente, giornalista, poeta.
La Giuria del Premio, presieduta da Anna Maria Piga e composta dai giurati Alessandra Carta, Giorgio Mameli e Giacomo Mameli, ha esaminato attentamente i lavori pervenuti, esprimendo un giudizio unanime.

Nonostante il limitato numero di partecipanti, le opere pervenute sono state tutte di notevole pregio. Per la sezione Tesi di Laurea, sono state presentate tre tesi, di cui due magistrali, provenienti dal Politecnico di Torino e dall’UAV (Istituto Universitario di Architettura di Venezia) e dall’Università di Cagliari. Per la sezione Opere Edite, sono pervenute due pubblicazioni.
Il Premio Tesi di Laurea è stato assegnato, ex aequo, alle due tesi in Urbanistica degli architetti Giulia Demurtas (Iuav di Venezia) e Giacomo Lai (Politecnico di Torino).
Le loro analisi sull’aspetto urbanistico di Perdasdefogu hanno evidenziato problemi di abbandono, disordine edilizio e spopolamento, proponendo soluzioni moderne che si ispirano alla tradizione comunitaria. Un contributo di rilevante importanza per comprendere e affrontare le sfide urbane contemporanee.
Il professor Antonio De Rossi del Politecnico di Torino, autore del libro Riabitare l’Italia, in diretta streaming con la sala ha confermato l’attualità della ricerca dei due architetti premiati.

Il Premio della Giuria per le Opere Edite è stato assegnato al volume Flora d’Ogliastra. Un contributo per la sua conoscenza, di Carmine Scudu, edito da Grafiche Pilia, che ha ricevuto particolare apprezzamento per il suo valore culturale e botanico, oltre alla veste grafica di alta qualità. La professoressa Malvina Urbinati dell’Università di Sassari, autrice della prefazione, ne ha sottolineato il valore e la puntualità della ricerca.
La Giuria auspica che nella prossima edizione, la trentesima, l’interesse per l’intera Ogliastra si rinnovi, coinvolgendo soprattutto i giovani. Si sottolinea l’importanza di focalizzare l’attenzione su regioni interne della Sardegna in fase di stagnazione economica, incoraggiando la presenza di tesi apprezzate anche al di fuori della Sardegna che ampliando l’orizzonte contribuiscano a contrastare l’isolamento.

La Giuria ringrazia la Diocesi di Lanusei con il vescovo Antonello per il patrocinio e l’energia stimolante dedicata al benessere collettivo, anche attraverso questa iniziativa.

[Foto Laura Porcu]

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Chiesa tra la gente, per la gente

di Claudia Carta.

Una “Parola” con la P maiuscola. In un tempo dove le parole – dette, scritte, urlate, sprecate – scorrono a fiumi, ci vuole tempo e bravura a trovare le parole giuste. Ci vuole coraggio. Di più: occorre discernimento. E se è vero che per “imparare” a discernere non basta una vita, è altrettanto vero che fermarsi a riflettere su cosa significhi è cosa buona e giusta. Ecco, dunque, spiegato il senso di un titolo: “Una Parola per la vita”, meglio definito dal sottotitolo: “Leggere e interpretare la storia alla luce della Bibbia”.

È il tema del convegno ecclesiale della diocesi di Lanusei svoltosi sabato 21 ottobre a Tortolì presso l’Auditorium Fraternità. Tra i relatori, oltre al vescovo di Lanusei e di Nuoro, Antonello Mura, presidente della Conferenza Episcopale Sarda, il cardinale Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena e vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza e il biblista don Dionisio Candido. Davanti a loro, uno spaccato della chiesa ogliastrina: 600 tra collaboratori parrocchiali e diocesani, insegnanti di religione, sacerdoti e religiosi, catechisti e associazioni, famiglie e volontari Caritas, questi ultimi come sempre esempio virtuoso di collaborazione, servizio e dedizione, che hanno reso i momenti dell’accoglienza, del pranzo comunitario e delle pause dai lavori autentici spazi di condivisione e cordialità, curati con amore e attenzione.

Una giornata che ha annoverato tempi di ascolto e di preghiera, culminati con la celebrazione eucaristica della sera, di dialogo e confronto, illuminata dallo “spirito sapienziale” del Sinodo – e non poteva essere diversamente, vista la presenza ai lavori di Roma dello stesso vescovo Antonello per nomina pontificia – che ha provato a indicare i “criteri biblici per discernere la realtà” e conseguentemente a comprendere “qual è la Parola giusta per la realtà ecclesiale e sociale di oggi”.

A Dionisio Candido l’arduo compito di tracciare l’identikit dell’uomo che discerne, tra Antico e Nuovo Testamento fino ad arrivare alle dritte per l’uomo contemporaneo: «La persona che discerne si muove in orizzonte di fede, in rapporto stretto con Dio. È capace di comprendere la realtà, di riconoscere il volere del Signore, staccandosi dalle paure e inserendosi in una rete di relazioni e legami con la comunità. È un “sapiente” che ha ricevuto un dono, ma lo condivide, consapevole che la fede integra il mistero della Pasqua, dal Venerdì Santo alla domenica di Resurrezione. Non mortifica gli altri, qualora non abbiano gli stessi suoi carismi, non scappa dalla difficoltà, ma persegue quella gioia profonda ed eterna, valutando tutto quanto accade e verificando, volta per volta, tutto ciò che può avvicinare o allontanare da Dio».

Per fare tutto questo sono fondamentali due cose: «Mettere sempre al centro la persona umana – sottolinea il cardinale Lojudice – perché la realtà è sempre l’uomo. E poi serve ascoltare per camminare insieme. Perché non è vero che siamo pochi, è che siamo molto disorganizzati: le risorse umane ci sono, così come c’è tanto bene, solo che si vede molto poco. C’è bisogno di laici corresponsabili, capaci di valorizzare i carismi di tutti e c’è bisogno di tornare alla centralità della parrocchia, perché se manca l’atteggiamento di vicinanza, di presenza, di testimonianza nella più piccola comunità, possiamo fare mille progetti o affrontare mille temi senza andare da nessuna parte».

Da qui l’invito del vescovo Antonello alla sua chiesa locale, anche alla luce della sua esperienza sinodale che fa comprendere cosa significhi essere cattolico, dunque universale per fede, per storia, ma dove i bisogni sono diversi, come dire saper leggere e trovare l’unità nelle differenze: «Siate coraggiosi! Avanzate idee e proposte che possano aiutarci perché è l’ottica ecclesiale, universale, la cosa importante. La Chiesa respira con una grandezza che non si può rinchiudere in spazi ristretti: la grandezza, infatti, non è la mia o la tua, ma la nostra. Serve coraggio e umiltà, senza lamentele. A volte emerge un’immagine della Chiesa che è frutto di un pensiero prevenuto, di un pregiudizio; persino chi commenta oggi il Sinodo è lontano da tutto quanto davvero accade e da ciò che significa nel profondo. Come fare, dunque, ad aiutare la chiesa locale seguendo il cammino di quella universale? La profezia parte sempre dalla realtà, dal presente, immaginando un futuro possibile».

Pubblico La Caletta 2

La Chiesa che fa cultura è sempre una certezza

di Claudia Carta.

Un punto interrogativo e uno esclamativo. La domanda e l’affermazione. Fascino e desiderio. Parole e silenzi. Musica e preghiera. La Pastorale del Turismo traccia così le sue pennellate, fra le stelle cadenti di agosto e il cielo settembrino che profuma di pioggia. Lo fa con quello stile inconfondibile che le è proprio, ideato, progettato e costruito in nove anni, e che mai nulla lascia al caso e all’improvvisazione. Anzi. Più questa storia scorre, più si affina, ne cura i dettagli, ne smussa gli angoli, ne perfeziona forma e sostanza.

La forma racconta di 21 giorni di eventi ospitati all’aperto, nell’Anfiteatro Caritas di Tortolì e nell’Area Fraterna de La Caletta di Siniscola; di 24 protagonisti, personaggi noti al grande pubblico, fra radio, televisione, cinema e teatro, mondo della comunicazione, dello sport e dello spettacolo, della medicina e della scienza, altri che si sono distinti per il loro operato e la loro professionalità, per la loro fede e l’attenzione ai più fragili, per la capacità di trasmettere messaggi e contenuti positivi; di 12 comunità che hanno curato l’accoglienza: Villaputzu, Talana, Elini, Lanusei, Girasole, Perdasdefogu, per la diocesi di Lanusei; Posada, Lodè, Dorgali, Bitti, Gavoi, Nuoro (N. S. delle Grazie) per quella di Nuoro; di 1 mostra fotografica, giovane, fresca, luminosa, non solo perché incastonata tra cornici e pannelli giallo sole, ma perché luminosi sono i volti dei ragazzi che, silenziosamente, sussurrano la “terra di mezzo” che è l’adolescenza: “Dittici. I volti e il tempo” di Pietro Basoccu; di 6 cortometraggi, a disegnare nuove Camineras sotto lo sguardo attento di Vincenzo Ligios, maestro nel mettere insieme giovani videomakers e respiri di cinema: Cristiana Pesarini, Vincenza Asoni, Matteo Pedditzi, Arianna Lodeserto, Maurizio Loi, Daniele Arca, Simone Paderi, Alessandro Drudi; di 1 équipe interdiocesana guidata dal vescovo Antonello Mura, mente, cuore, adrenalina ed energia a servizio del progetto; di volontari, tecnici, maestranze, della loro professionalità e competenza, unite a una disponibilità che si fa umiltà e discrezione; di 20mila presenze totali – oltre alle quelle virtuali a cui la tecnologia digitale offre un regalo prezioso – a sottolineare come la forma si sia fatta sostanza.

Sì, perché la sostanza è racchiusa non solo il quel “Fascino del dubbio, desiderio di certezze”, leitmotiv che ha accompagnato ogni singolo appuntamento della manifestazione estiva diocesana, ma in quel mix di stupore e fraternità che abbraccia il concetto stesso di Pastorale del Turismo, che descrive – ma ormai da nove anni realizza – un’estate diversa. Non un contenitore di eventi, dunque, ma «un progetto ecclesiale con l’aspirazione di essere culturale, quindi attento a idee, temi e orizzonti che aiutino a pensare e a offrire contenuti attuali e decisivi per la nostra vita». Eccola la visione del vescovo Antonello, quanto mai aderente ai tempi, più che mai rispondente all’esigenza di essere stimolati, di non accontentarsi mai, seguendo quel «desiderio infinito di avere risposte, certezze», dinanzi a un bagaglio di esperienze – il nostro – «mai esente da dubbi».

E tutti gli ospiti della kermesse agostana e settembrina ne hanno parlato e ci hanno fatto i conti: un grande del cinema come Pupi Avati; insieme a lui un altro regista, questa volta della nostra terra, Salvatore Mereu; gli artisti nazionali di casa in teatro e alla televisione, quali Giovanni Scifoni, Neri Marcorè e Domenico Mariorenzi; e poi giganti della prossimità, del servizio agli ultimi, evangelizzatori con la vita tra le periferie esistenziali, fra i drammi causati dal dolore, dall’emarginazione, dalla violenza e dalla solitudine, senza aver mai paura di parlarne, quali don Gino Rigoldi, insignito del Premio Persona Fraterna 2023, don Fortunato Di Noto e la psicologa Chiara Griffini; senza tralasciare il messaggio che anche la musica porta con sé, cantando la vita con i suoi saliscendi, le sue rotte, le sue virate, le sue tempeste e le sue bonacce: Niccolò Fabi e Simone Cristicchi – quest’ultimo in coppia con don Luigi Verdi, anima della fraternità di Romena – ne sono stati un fulgido esempio; e ancora l’attenzione alla comunicazione, ma ancor più all’informazione corretta e scevra da bufale e imbrogli, sottolineata sia dalla presenza tutta al femminile di professioniste isolane che sono arrivate in alto grazie alla loro determinazione, la loro caparbietà, il loro studio e la loro abnegazione, a dispetto di un mondo ancora profondamente sbilanciato al maschile: Mariangela Pira di Sky News, Lucia Capuzzi de L’Avvenire, Elvira Serra de Il Corriere della Sera e Carla Frogheri del Giornale Radio Rai; sia dalla presenza di giornalisti del calibro di Nello Scavo, quest’anno affiancato da David Puente; per arrivare alle glorie dello sport – Gianfranco Zola e Andrea Lucky Lucchetta – e alla necessità di riscoprire una cultura sportiva autentica, non sopraffatta dal business e dalle dinamiche del mercato; fino a giungere agli Istentales di Gigi Sanna, a un ironico e spassoso ma quanto mai attuale Giacomo Poretti, per concludere con l’altalena tra dubbi e profondi desideri di certezze che deriva dalla scienza – oggi ancor più dall’intelligenza artificiale che rischia di ingoiare tutto e tutti – e dalla fede, guidati dalle provocazioni e dai ragionamenti di Paolo Benanti e dell’astrofisico Marco Bersanelli.

Promossa anche la novità di quest’anno: sfruttando uno strumento al quale affidiamo quotidianamente la nostra vita, il cellulare, è stato possibile interagire con gli ospiti, sottoporre loro domande, curiosità, osservazioni, trasformando l’Area Fraterna e l’Anfiteatro Caritas in un incontro familiare, dinamico e coinvolgente, nei quali realizzare quella condivisione che ci rende tutti – credenti e no – «umanità in ricerca».

Caritas

Poveri e povertà in Sardegna nel post-pandemia

di Raffaele Callia.

Dopo il significativo aumento registrato nel 2020, con l’avvento della pandemia, a livello nazionale la povertà assoluta ha continuato a mantenere livelli elevati, pur registrando una lieve flessione nel corso del 2021. Proviamo a tracciare un quadro generale.

Il numero delle famiglie in condizioni di povertà assoluta è passato da 2.007.000 del 2020 a 1.960.000 del 2021 (pari al 7,5% delle famiglie residenti), mentre, relativamente allo stesso periodo, il numero degli individui in condizioni di povertà assoluta è passato da 5.602.000 a 5.571.000.

La stabilità della povertà assoluta a livelli così elevati è dovuta principalmente alle conseguenze socio-economiche della pandemia sulle condizioni di vita delle famiglie. Una persistenza della povertà che appare come il risultato combinato, da un lato, di un livello contenuto della spesa per consumi delle famiglie meno abbienti, che ha ripreso in qualche misura a crescere una volta superata la fase acuta della pandemia; e dall’altro, dalla significativa ripresa dell’inflazione. Diversi indicatori confermano come vi sia stato un effetto di contenimento della povertà assoluta favorito dagli strumenti messi in campo a sostegno dei cittadini, fra cui il reddito di emergenza, l’estensione della Cassa integrazione e il reddito di cittadinanza; quest’ultimo destinato a una significativa revisione.

L’incidenza della povertà assoluta continua a essere più alta nel Sud e nelle Isole, dove si concentra il maggior numero dei nuclei familiari in condizioni di povertà assoluta (il 30,3% del totale a livello nazionale), soprattutto se tali famiglie sono numerose, se la persona di riferimento ha un’età compresa tra i 35 e i 44 anni, ha un titolo di studio basso (al massimo la licenza media) ed è in cerca di occupazione o svolge un impiego poco qualificato professionalmente. Peraltro, va ricordato che il territorio del Sud Italia e delle Isole – in cui vive circa un terzo degli italiani e si produce un quarto del prodotto nazionale lordo – è il territorio arretrato più esteso e più popoloso della cosiddetta eurozona.

Anche in seguito alla pandemia sono emerse profonde disuguaglianze esistenti a livello territoriale, che si sommano alle tante fragilità irrisolte del Mezzogiorno d’Italia, fra cui l’esistenza di un’economia informale o sommersa e la disparità nella capacità di risparmio, molto spesso associata alla persistenza del lavoro povero e precario (fenomeno in crescita anche in Sardegna).

Se la povertà assoluta ha registrato una lieve flessione, seppur continuando a mantenere livelli elevati, la povertà relativa ha invece ricominciato a crescere, dopo un triennio (2018-2020) di ininterrotta diminuzione.

In Sardegna, in particolare, nel 2021, con un’incidenza del 16,1%, si trovavano in condizioni di povertà relativa oltre 110mila famiglie.

Dopo il biennio 2015-2016, durante il quale il quadro è apparso in leggero miglioramento, l’incidenza della povertà relativa nel 2017 è balzata al 17,3%, per poi crescere di ben due punti percentuali nel corso del 2018 (19,3%).

Il calo di 6,5 punti percentuali registrato nel corso del 2019 ha rappresentato un’inversione di tendenza assai significativa, con un miglioramento parzialmente eroso nel 2020 proprio a causa della pandemia: l’incidenza della povertà relativa è così passata dal 12,8% del 2019 al 13,9% del 2020, con un incremento dell’1,1% che è risultato in controtendenza rispetto al dato nazionale e ai dati per ripartizione geografica, ove si è invece registrata una diminuzione.

Tra il 2020 e il 2021 l’incidenza della povertà relativa in Sardegna è cresciuta di 2,2 punti percentuali (salendo così al 16,1%): un incremento che, a eccezione del dato registrato nel Sud (20,8%), appare superiore sia al dato nazionale sia a quello del Centro e del Nord Italia.

Oltre agli effetti sul piano sanitario, la pandemia ha prodotto anche nell’Isola importanti conseguenze sotto il profilo economico e sociale, per quanto attenuate in qualche misura dall’adozione di specifici strumenti istituzionali di sostegno a famiglie e aziende.

Gli effetti della pandemia hanno continuato a produrre diverse problematiche anche nel corso del 2021 e del 2022, con conseguenze sulle condizioni di vita delle famiglie sarde, le quali si sono trovate ad affrontare un periodo mai sperimentato nei decenni precedenti. Alla stregua di quanto avvenuto con la crisi economico-finanziaria scoppiata nel 2007-2008, anche nel caso della pandemia ci si è trovati di fronte all’insorgere di un difficile periodo di prova che è diventato terreno fertile per la nascita di nuove forme di fragilità economica e sociale.

La pandemia ha inciso anche sul benessere psicosociale, in particolare degli adolescenti, costituendo un vero e proprio campanello d’allarme: sono cresciute diverse forme di fragilità psichica e sono aumentati gli episodi di autoesclusione relazionale, con il moltiplicarsi di preoccupanti episodi di autolesionismo. Temi critici già esistenti sul piano educativo, come la dispersione scolastica esplicita e implicita, con la pandemia hanno subito una crescita significativa.

Superato il periodo più critico, l’economia ha cominciato a registrare segnali nuovamente positivi. Tuttavia, il crescere dell’inflazione in quest’ultimo anno ha sostanzialmente annullato la lieve ripresa delle condizioni economiche, con importanti conseguenze sulle famiglie. Sono ben conosciuti dai consumatori i rincari dei costi energetici ed è altrettanto noto come proprio il costo dell’energia stia incidendo in misura significativa sul sistema economico nel suo complesso, fino a produrre aumenti rilevanti nei prezzi dei beni di prima necessità. Proprio l’elevato costo energetico sta compromettendo la sopravvivenza di diverse realtà produttive, non solo di piccole e medie dimensioni.

È evidente come gli effetti socio-economici di questa nuova crisi continuino a ripercuotersi soprattutto nel tessuto più fragile della Sardegna, accrescendo il divario già esistente fra le famiglie più povere e quelle più abbienti.

Villaputzu

Il quarto cantiere in Diocesi: l’esperienza di Villaputzu

Ogni Chiesa locale ha la possibilità di individuare un quarto cantiere, valorizzando una priorità risultante dalla propria sintesi diocesana o dal Sinodo che sta celebrando o ha concluso da poco. La diocesi di Lanusei ha scelto la sperimentazione di un nuovo percorso di pastorale familiare a Villaputzu. Ne abbiamo parlato con il parroco don Franco Serrau e con le Suore Adoratrici del Sangue di Cristo.

Durante un ritiro spirituale del clero, nel 2016, il vescovo Antonello ha presentato il suo sogno pastorale di introdurre in Diocesi un percorso nuovo, da affiancare a quello tradizionale, di preparazione ai sacramenti della Cresima e della Comunione, che coinvolgesse l’intera famiglia. Io ne rimasi conquistato e diedi la disponibilità. Il vescovo scelse Villaputzu come parrocchia nella quale far partire la sperimentazione e ne fui felice. Ci volle un anno di preparazione. Una volta al mese, il vescovo incontrava dieci coppie scelte tra quelle che partecipavano alla messa domenicale, disponibili a seguire il corso di preparazione in vista della sperimentazione. Presentava loro il progetto accogliendo riflessioni e considerazioni, talvolta invitando animatori di percorsi già adottati in altre diocesi.

La speranza era che almeno qualcuna delle coppie avrebbe potuto dare, alla fine dell’anno di preparazione, la propria disponibilità per collaborare nella sperimentazione. Una sola coppia ha dato la disponibilità ed è diventata un punto fisso del cammino.

Poi la Provvidenza ha voluto, a Villaputzu, la prima comunità in Sardegna delle suore Adoratrici del Sangue di Cristo con suor Maria, suor Luisa e suor Lirie. Grazie alla loro collaborazione, dal 2018, il progetto è andato avanti sviluppandosi anno dopo anno. Cinque anni entusiasmanti, ma non sono mancate le difficoltà.

Primo ciclo completato da parte del primo gruppo composto da sei famiglie con bambini/e che all’inizio del percorso avevano sei anni. Il prossimo 15 maggio, i bambini riceveranno, nella stessa celebrazione, il sacramento della Cresima e l’Eucarestia per la prima volta. Ci si auspica che le famiglie, anche dopo i Sacramenti ricevuti dai figli, continuino a frequentare la parrocchia e la Messa festiva e domenicale e almeno qualcuna diventi collaboratrice e animatrice per i corsi successivi. La sfida grande è la formazione di un’adeguata equipe, composta anche da famiglie e da coppie. Solo così l’esperienza delle persone coinvolte sarà davvero forte. Don Franco Serrau

 

L’accompagnamento delle famiglie nel percorso di iniziazione cristiana dei propri figli è una delle sfide più belle che, noi Adoratrici del Sangue di Cristo, stiamo vivendo in questi anni a Villaputzu. Ci siamo affiancate a don Franco e a una coppia animatrice con entusiasmo, disponibilità e in continuo ascolto dello Spirito. Proviamo a descrivere con alcune parole lo stile della nostra équipe:

Ascolto e dialogo. Sono presupposto di ogni tipo di accompagnamento. Mettersi in ascolto vero e attento è il primo impegno nei confronti delle famiglie che hanno accolto la proposta di questo cammino.
Relazioni. È fondamentale tessere e coltivare le relazioni. Solo all’interno di una conoscenza reciproca e in un clima di dialogo diventa possibile un’evangelizzazione efficace.
Evangelizzazione. Far percepire la bellezza e la forza della Buona Notizia che entra nell’oggi. Gli incontri sono occasioni di riscoperta della fede, che ha a che fare con la vita quotidiana e aiuta a restare con speranza davanti alle difficoltà.
Consapevolezza del reale. È necessario guardare la realtà delle famiglie senza idealizzare troppo, ma avendo molta fiducia in loro e nell’azione dello Spirito Santo. Davanti a noi ci sono famiglie concrete, con storie, ferite e fragilità, bellezza, difficoltà e con la loro unicità. È in questa concretezza che il Signore si fa presente, e noi accompagnatori siamo piccolissimi strumenti nelle Sue mani. Comunità ASC